Scommesse, Ferrari: 'Innocente dopo 7 mesi d'inferno. Tifosi del Verona, grazie'
Questa è la storia di Nicola Ferrari, nato a Tione di Trento il 15 luglio 1983, detto Nick Dinamite e Iron Man, attaccante del Verona dopo avere giocato per Lumezzane, Crotone, Salò, Albinoleffe e Pergocrema.
E' una storia di ordinaria ingiustizia sportiva, è la storia di un giocatore innocente, tirato dentro lo scandalo delle scommesse da uno dei grandi pentiti, Carlo Gervasoni e, per questo, condannato in primo e in secondo grado a tre anni di squalifica.
Ma, il 30 gennaio scorso, il Tnas, Tribunale Nazionale dell'Arbitrato Sportivo, assodata l'infondatezza delle contestazioni mosse al gialloblù, ha accolto il ricorso di Ferrari, derubricando l'accusa in omessa denuncia. E sancendo, curiosamente, improvvisamente, che la squalifica finisse il giorno stesso. Come a dire che, se l'arbitrato si fosse tenuto due, tre o quattro mesi prima, Ferrari sarebbe tornato a disposizione di Mandorlini due, tre o quattro mesi prima. O no?
Ecco il testo della sentenza: "Il TNAS, in relazione alla controversia N.Ferrari/FIGC, comunica che il Collegio Arbitrale (Avv. Marcello de Luca Tamaio (Presidente), Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini e Avv. Enrico De Giovanni), in riforma del provvedimento impugnato ed in parziale accoglimento dell'istanza arbitrale, in relazione all'art. 7, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva, applica a Ferrari la sanzione della squalifica sino alla data odierna, cioè sino al 30 gennaio 2013".
In attesa di leggere le motivazioni, negli ambienti romani si dice che l'ultimo verdetto su Ferrari, rifugiandosi nel corner della derubricazione, abbia voluto evitare di infliggere un'altra legnata alla credibilità del sistema giudicante, dopo le caporetto dei casi Conte, Fontana, Napoli.
E' la conferma che lo stesso sistema non funziona; che, non appena si arriva davanti agli Arbitri del Tnas, molti impianti accusatori della giustizia Figc vengono demoliti o rasi al suolo perchè gli incolpati e gli avvocati possono far valere le loro ragioni, inchiodando le controparti con il contraddittorio. Lo stesso che, invece, non viene ammesso dall'organizzazione presieduta da Abete nella quale vige ancora il medievale principio in base al quale deve essere l'imputato a dimostrare la propria innocenza.
Al riguardo, risulta particolarmente istruttiva la lettura delle motivazioni che hanno portato al proscioglimento di Alberto Maria Fontana, ex portiere di Toro, Novara e Palermo, squalificato in primo e secondo grado a 3 anni e mezzo, poi assolto.
Oppure, quelle relative al caso Napoli, Cannavaro e Grava che hanno visto riconosciute le proprie ragioni addirittura in secondo grado: i giudici della Corte Federale hanno definito Gianello "non credibile", dandogli praticamente del bugiardo: "...Va poi posto in essenziale rilievo che nel corpo delle fumose e sfuggenti dichiarazioni, Gianello non ha mai indicato il prezzo dell'illecito che sarebbe stao conseguito dai calciatori del Napoli... Il punto più grottesco della posizione di Gianello è che l'unico riferimento meno etereo al tema del compenso per illecito viene compiuto con riguardo alla persona poi scagionata, cioè Quagliarella".
Incontro Nicola Ferrari insieme con Stefano Bosio, giovane e brillante avvocato del Foro di Bergamo, un autentico martello pneumatico, al quale l'attaccante del Verona deve il ritorno alla vita professionale e, soprattutto, alla vita.
A mettere in contatto Ferrari con Bosio è stato Sergio Lancini, agente, ma prima ancora amico dell'attaccante gialloblù: come Bosio, Lancini è stato al fianco di Ferrari durante tutte le sue traversie e non l'ha mai lasciato solo.
Racconta Nicola: "Ho vissuto sette mesi d'inferno, sono sopravvissuto grazie ai tifosi del Verona. Sono stati semplicemente straordinari. Non hanno mai dubitato di me, non hanno fatto altro che rincuorarmi, sostenermi, incitarmi anche quando la speranza che la mia estraneità ai fatti venisse riconosciuta. Non lo dimenticherò mai. Perchè, se c'è una cosa che ho imparato da tutta questa storia è che, quando sei dentro questo meccanismo, non conti una virgola. Inaccettabile".
"Non conti una virgola". Ferrari l'ha capito a sue spese sin dall'inizio. Gervasoni lo tira in ballo per Rimini-Albinoleffe 1-1, dicembre 2008, la prima partita a proposito della quale, ai giudici di Cremona e poi agli uomini di Palazzi, sostiene di avere molte cose da dire. Chiama in causa anche Carobbio, Poloni, Garlini e Ruopolo. Di quella gara, Ferrari giocò gli ultimi dieci minuti. Annota l'avvocato Bosio: "Ruopolo sostiene una versione opposta a quella di Gervasoni e collima con le dichiarazioni di Ferrari: non c'entro nulla. Gli investigatori della federazione ascoltano Gervasoni, Ferrari e Ruopolo. Carobbio no, Garlini no, Poloni no". Prima stranezza: come mai? Seconda stranezza: se la partita doveva essere combinata, perchè il pentito non indica quale somma avrebbe fruttato a chi l'avesse taroccata?
Bosio riparte: "Nonostante non ci fosse una prova provata della colpevolezza di Ferrari che rifiuta di patteggiare, lo stesso viene condannato a 3 anni di squalifica. Gli altri, invece, patteggiano, ma la loro situazione è ben diversa da quella del mio assistito". Non è finita.
Terza stranezza: "Prima del giudizio di secondo grado, Filippo Carobbio, un altro dei grandi pentiti di Scommessopoli, spedisce un sms a Ferrari: "Spero ti venga fatta giustizia". L'avvocato Bosio informa i giudici del messaggio, ma, naturalmente, Carobbio non viene manco ascoltato e la Corte di Giustizia Federale conferma i 3 anni di squalifica.
Siamo in agosto. Prima che il Tnas si pronunci, passano altri cinque mesi. Potete immaginare come li abbia vissuti Ferrari, il giocatore che con i suoi gol decisivi aveva riportato il Verona in B. "Se non ci fossero stati mia moglie, Vanessa e Viola, la mia primogenita, nata proprio alla vigilia di un'udienza romana penso che sarei impazzito. A colpirmi è stato l'atteggiamento dei tifosi dell'Hellas. Sin dal primo momento in cui è scoppiata questa storia, si sono schierati dalla mia parte. Hanno creduto in me, alla mia onestà. Per questo, pur avendo ricevuto in gennaio alcune proposte per lasciare Verona, le ho rifiutate. Davanti a me ci sono Cacia e Coco ed io rispetto le gerarchie di Mandorlini. Ora voglio soltanto rendermi utile alla squadra. Sabato c'è il derby con il Vicenza: mi basterebbe un minuto, un minuto solo per capire che l'incubo è finito davvero. Voglio conquistare la serie A con l'Hellas e ripagare la gente gialloblù di tutto ciò che mi ha dato. Soprattutto di avere creduto in me".
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com