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Sciopero: giocatori, dirigenti e presidenti sul Titanic
di Xavier Jacobelli
direttore quotidano.net
Come sempre, l'esempio viene dall'alto, perchè è fuori di dubbio che, con questi chiari di luna del calcio italiano, i tifosi stiano lassù, nell'empireo mentre i milionari strapagati e i dirigenti inetti al loro confronto sono piccoli piccoli. I segnali arrivati durante il week end senza serie A sono stati eloquenti. I fischi e gli striscioni dei sostenitori atalantini ai loro giocatori in campo a Zingonia; l'ira dei genoani, per i quali "e' difficile sopportare l'idea che un gruppo di giovanotti miliardari, con le loro luccicanti Ferrari e le mutande di Dolce e Gabbana abbiano avuto l'alzata d'ingegno d'indire uno sciopero"; la protesta dei Boys Parma ("Quando si arriverà al punto di non ritorno, allora sarà davvero il momento di "scioperare" noi"); il lenzuolo sui cancelli dello stadio Franchi di Firenze ("Smettiamo di tifare per c.....coi milioni").
Mentre giocatori e presidenti cercano una foglia di fico dietro la quale nascondere le loro vergogne (lo chiamano accordo ponte o lodo Galliani: congelare tutto per una stagione facendo finta che non sia successo nulla) il Sistema Calcio Italiano continua a non capire che questo sciopero è stato inutile, ridicolo, dannoso. Uno sciopero che non può essere chiamato tale, visto e considerato che la giornata verrà recuperata (magari l'11 gennaio alle 20.30 sui campi ghiacciati). Una serrata antistorica e senza giustificazioni degne di questo nome.
Sul Titanic pieno di palloni gonfiati, giocatori e dirigenti non capiscono che i tifosi ne hanno le tasche piene dei loro privilegi e delle loro panzane, dei minuetti mediatici che sono soltanto fumo negli occhi, dei fiumi di parole spese per non dire nulla.
La verità è che davanti a questo sfascio, il Coni dovrebbe commissariare la Federcalcio e la Lega Calcio, radere al suolo una nomenklatura vecchia e incapace di qualunque reazione che non sia la solita minestra riscaldata. Il guaio è che il Coni il coraggio di fare la rivoluzione non ce l'ha. E se uno il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare. Per questo, lo sciopero dei tifosi è una buona strada per raddrizzare un baraccone che fa acqua da tutte le parti. Aspettando che le tv dalle quali i club mungono milioni senza sosta, si stanchino di pagare per un prodotto calcio sempre meno interessante e sempre più in crisi. Il giorno in cui chiuderanno i rubinetti, sarà l'inizio della fine di un sistema tutto da rifare. E sarà un bel giorno.