Scelte divisive e qualche fischio, ma ora è davvero il Milan di Fonseca
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DAI FISCHI AGLI APPLAUSI- Mai come ieri per il Milan contava solo vincere dopo due sconfitte. I primi 20 minuti del Diavolo contro il Bruges, però, erano stati un disastro assoluto: disordine tattico, pressing praticamente nullo e le note amnesie difensive. Solo un grande Maignan aveva negato la gioia del gol al greco Tziolis. Il gol del vantaggio, fortunoso, di Pulisic aveva dato una prima spallata ma non definitiva perché i belgi avevano rimontato sull’1-1 nonostante l’inferiorità numerica. Da quel momento l’ha vinta Fonseca con le sue scelte a sorpresa sottolineate con dei fischi da buona parte dello stadio: fuori Leao e Loftus-Cheek, dentro Okafor e Chukwueze per dare forza e intensità alle corsie laterali. Risultato? Due assist decisivi arrivati proprio dai subentrati. E senza il Var staremo qui a parlare della genialata di mettere Camarda nel momento giusto per il suo primo e storico gol in Champions League.
LA BENEDIZIONE DI IBRAHIMOVIC - Fonseca sta piano piano conquistando tutti, anche i più strenui detrattori. Al tecnico portoghese vengono riconosciuti tanti meriti: una comunicazione sempre esaustiva, diretta e leale in primo piano. Le idee di un calcio propositivo, ambizioso che sembra essere in linea con la qualità offensiva della squadra. Ma su un punto sta vincendo su tutta la linea: il coraggio di portare avanti le proprie idee contro tutto e tutti. Ibrahimovic questo lo ha notato e non è un caso che abbia parlato così nel pre partita di ieri contro il Bruges: “Fonseca sia se stesso, l'allenatore è lui. Sto vedendo la squadra che sta migliorando tanto. C'è più equilibrio, serve più stabilità ma è un lavoro che stanno cercando e stanno facendo di tutto per averlo. Degli errori fatti abbiamo pagato tanto”.
AVANTI PER LA SUA STRADA- Che piaccia o meno questo è il Milan di Fonseca. Con tanta strada da fare per arrivare a un livello tale da diventare competitivo soprattutto per lo scudetto, obiettivo dichiarato dal tecnico portoghese. E se pensiamo al caos generato dalla sconfitta di Firenze il risultato è già significativo. Con buona pace di Leão che deve seguire l’esempio dato da Reijnders nel post-partita di ieri: si può essere leader in tanti modi senza però venire meno al concetto di gruppo.