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    Scamacca: 'Non avete ancora visto il mio 100%. Mercato? Mi serve il posto giusto. Roma, l'infortunio e la paura...'

    Scamacca: 'Non avete ancora visto il mio 100%. Mercato? Mi serve il posto giusto. Roma, l'infortunio e la paura...'

    L'attaccante del West Ham e obiettivo di mercato di Roma, Milan Juve e Inter, Gianluca Scamacca, ha concesso un'intervista a Cronache di Spogliatoio in cui ha parlato dell'esperienza in Premier, della Nazionale Italiana e del suo futuro.

    GLI INFORTUNI - "In Premier League, dove il fisico è una componente rilevante, se non sei al 100% ti spazzano via. Quando sono stato bene, in un mese ho segnato 5 reti. Poi i problemi: prima il ginocchio sinistro che faceva male, poi il destro. A dicembre è venuto fuori che avevo una lesione al menisco esterno che non mi permetteva di performare. Avevo un edema intrarotuleo che si era creato dal menisco: quando mi sono operato, mi hanno tolto un pezzettino di corpo".

    L'OPERAZIONE - "È andata bene, ma è stato uno schiaffo perché era il primo infortunio della mia vita. Non potevo muovermi, vivevo con le stampelle. Me pareva de annà lento, più lento degli altri. Però chi va più lento, ha maggior possibilità di osservare. Mi sentivo come se mi avessero tagliato una gamba. Ho sempre saputo di avere delle doti non comuni, così come di aver percorso una strada più difficile rispetto agli altri. Ora ero fermo, in un letto, frustrato. Non riuscivo ad accettare l’infortunio"

    NON VOLEVO FERMARMI - "Avevo paura di non tornare più forte come prima. Mi convincevo nella mia testa che non era niente. Mi allenavo sopra al dolore, prendevo i medicinali per non sentire male. Perché mi uccideva correre e sentire che il ginocchio che non c’era. Letteralmente. A ogni cambio di direzione, era come ricevere un pugno forte a metà gamba. Ho rischiato tanto, non resistevo perché se mi togli il calcio, mi togli tutto. Non trovo alibi, perché non li ho mai cercati. Da fuori le persone non lo potevano sapere. Dici ‘cazzo, questo ha fatto solo 8 gol’, ma c’è un sottobosco di verità che nessuno riesce a vedere".

    ALLENAMENTI - "Ho sempre cercato il successo. Quest’estate sono andato in Sardegna per sfuggire al caldo di Roma. Ho visto il mare due volte, quando il preparatore mi concedeva il pomeriggio libero. Altrimenti colazione, palestra, pranzo, riposo, poi in campo. E poi morto a letto. Non volevo più sentire nessun fastidio. Voglio solo tornare a giocare a calcio".

    PROSPETTIVE - "La sicurezza e la fiducia che ripongo in me stesso mi hanno permesso di arrivare dove sono. Fin da quando ero ragazzo, la gente parla di me. Ma se tutti parlassero soltanto bene di me, sarebbe un problema. Sono stato giudicato per i tatuaggi o per i capelli biondi. Ma questo non mi ha penalizzato: se mi avesse penalizzato, non stavo qui! Dai ragazzi… ho tre passioni: il calcio, i videogiochi e i tatuaggi, me ne sono fatti fin sopra la testa. Non mi drogo, non fumo, non mi ubriaco tutte le sere… che devo fare! Conta quando vai in campo e se sputi sangue".

    NON HO ANCORA DATO IL 100% - "Sappiatelo: non ho ancora mostrato al 100% le mie potenzialità. Sono due anni che il mio Instagram continua a essere tempestato di post di calciomercato in cui vengo taggato. Per tanti sono un talento inespresso: io so di avere delle qualità ancora nascoste, ma sono stra-sicuro al 100% che chi mi prende fa un affare. Penso che mi manchi solo stare nel posto giusto al momento giusto. Quale sarà? Lo scopriremo soltanto vivendo.

    ROMA - "Nella mia testa mi pongo sempre due tipologie di obiettivi: uno a breve termine, l’altro a lungo. Anche se nella prossima stagione dovessi segnare 20 gol, al ventesimo punterei a farne 22. Sono molto duro con me stesso, molto pretenzioso. Fin da quando giocavo per strada nel mio quartiere di Roma. Sono uno di strada, nato nella strada e cresciuto per strada. Proprio per questo ascolto Rondo, Shiva e Capo Plaza. Mi rivedo nei loro racconti, quando dopo gli allenamenti mi fermavo sotto casa con i miei amici a provare le nuove skill"

    OLANDA - "Quando ho lasciato la mia città da ragazzo per andare in Olanda, è stata una mazzata. Volevo provare questa esperienza che mi affascinava e farmi una cultura: non mi pento di niente, i Paesi Bassi sono una scuola di calcio. Ma ho iniziato a sentire la mancanza e sono tornato. Forse non avrei dovuto farlo. Ero piccolo, mi ero stufato. Quando sono partito, le squadre italiane non investivano sui giovani. E puntavano sul collettivo: in Olanda, invece, vogliono l’evoluzione del singolo. Al mio ritorno, la filosofia era cambiata".

    LA SERIE A - "Sono tornato a casa tra un prestito e l’altro. Sentivo la lontananza. Ne è valsa la pena: pochi anni dopo ho esordito in Serie A, al Maradona, contro il Napoli. In quei 15 minuti non ho capito niente, ho ricordato le prime volte in cui andavo all’Olimpico. Mi è tornato in mente quando dalle giovanili della Lazio passai a quelle della Roma: al cuore non si comanda. Guardavo Totti mentre facevo il raccattapalle e non gli staccavo gli occhi di dosso".

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