Sarri, un comunista in casa Lazio. Il no di Berlusconi, il sì di Lotito: eroe fino a quando?
Di strada, nelle relazioni col potere, questa stella anomala entro l’universo milionario del pallone, ne ha fatta parecchia. Dopo De Laurentiis, Abramovic e Andrea Agnelli, Lotito non dovrebbe spaventarlo, ma l’indole del presidentissimo laziale (giustamente si vanta d’un lungo regno con un ottimo rapporto - diciamo - prezzo/qualità nei risultati) è imprevedibile. E più che le divergenti simpatie politiche potrebbe giocare un ruolo determinante una piazza orientata, per dirla all’ingrosso, “a destra”. In caso di successo, la questione non si pone; già da ora Sarri è stato accolto da trionfatore, molto probabilmente perché i tifosi laziali si aspettavano una seconda scelta. Ma siccome il bel calcio di Sarri non risulta d’immediata assimilazione e la pazienza è una virtù sempre più raminga, cosa potrebbe accadere, alle prime difficoltà di classifica, di fronte a scene come quelle di Anna Frank? Da un diplomatico con la faccia da ragazzo, mai uscito dai ranghi del “calcistico” come Inzaghi, al “comunista” ombroso, il salto è piuttosto grosso.
E’ vero, come si diceva, che l’idea d’un Sarri zapatista, difensore delle istanze egualitarie, oggi è assai sbiadita, ma gli azzardi per uno come lui, nel cielo dell’aquila che vola non sono pochi. Forse nemmeno per l’aquila.