San Siro non può accettare i fischi a Donnarumma: la civiltà deve battere il tifo becero
Milano è una delle poche città metropolitane in cui la Nazionale faccia quasi sempre registrare il tutto esaurito. Martedì, contro l’Ucraina, gli spettatori sono stati 58.386 per un incasso di oltre un milione e centomila euro. E da chi era composto questo pubblico? Quasi tutto da famiglie e ragazzi, arrivati con metropolitane, mezzi pubblici, biciclette e motorini non solo dalla città, ma soprattutto dalle periferie e dall’hinterland. Insomma una bella comunità gioiosa che va allo stadio per sostenere la propria Nazionale e rispettare l’avversario. Questo almeno in teoria. Perché l’Ucraina è stata certamente rispettata (applausi di tutto San Siro all’esecuzione dell’inno), chi invece è stato fischiato, poco nel primo tempo e moltissimo nella ripresa, è stato Gianluigi Donnarumma, portiere e capitano degli azzurri che, sotto la curva sud, quella del tifo milanista, è stato bersagliato per l’intero secondo tempo.
Viene da chiedersi: Milano, che ama ritenersi capitale d’Europa, è ancora il posto giusto e sicuro per la Nazionale? O, fino a quando ci sarà Donnarumma in porta, scadrà dalla partigianeria becera e rancorosa all’inciviltà, fino a deturpare anche il santuario della tradizione italiana, ovvero il Meazza?
Frequento San Siro dal 1982 e non mi era mai capitato di dover commentare un dissenso tanto palese e irragionevole. Per fortuna che Donnarumma è un professionista serio e strutturato. La marea di disapprovazione si è abbattuta su di lui come mare in burrasca contro la roccia. Tuttavia, alla fine, a dimostrazione che anche i duri hanno un cuore, i compagni di squadra sono corsi tutti ad abbracciarlo per consolarlo di tanta ingiustizia e ringraziarlo della buona prestazione. Ma per l’Italia, con un portiere perennemente sotto attacco, il rischio corso è stato enorme.
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