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Sampmania: questa volta, l'impresa serve a noi. Come nel 2013
"Ma vuoi mettere se questi domenica allo Stadium ci arrivano dopo un'eliminazione dalla Coppa? Saranno infuriati, con il sangue agli occhi". Questo ho pensato ieri sera. Molto meglio affrontarli a pancia piena, dopo un' impresa eroica e titanica, dopo 120 minuti ad altissima intensità fisica ed emotiva. È andata ancora peggio di quanto pensassi. La compagine di Allegri ha giocato un quarto di finale perfetto, caratterizzata da brillantezza fisica e spensieratezza mentale. Poi, all'improvviso, la beffa atroce a due passi dal sogno che sfuma per un soffio. Peggio di così non si poteva fare. Real-Juve è una di quelle gare che ti caricano a molla, 90 minuti che a una squadra di cannibali fanno venire una fame spaventosa. Se prima della Champions alla Samp serviva la prestazione perfetta, ora c'è bisogno dell'impresa.
Non è un termine casuale, 'impresa'. L'ultima volta che i blucerchiati hanno sbancato Torino era il 2013. Quella sì, fu davvero un'epopea. Ricordo quella giornata come fosse ieri. Undici blucerchiati, poi diventati dieci dopo l'espulsione di Gaetano Berardi, contro il terrificante muro bianconero. Fu letteralmente memorabile. Tanti lo hanno scolpito nella mente come il match che consegnò al firmamento del calcio la stella di Mauro Icardi. Per me fu soprattutto la partita della 'garra' sudamericana, termine tanto abusato oggi eppure perfetto per descrivere quei sessanta minuti in dieci contro uno stadio intero. Fu la partita di Romero e Estigarribia, di Eder e ovviamente di Icardi, ma anche del blocco italiano in difesa (Gastaldello, Palombo e Costa, oltre a Poli a centrocampo). Di quella Samp domenica non resta nessuno. L'unico blucerchiato che era in campo quel 6 gennaio 2013 e che giocherà di nuovo Juve-Samp sarà Fabio Quagliarella, che però all'epoca vestiva la maglia opposta. Ad accompagnare Viviano e compagni comunque ci penserà Palombo, ed è lui che il Doria dovrà rivolgersi per chiedere: "Ma come si vince in uno stadio così?"
Le premesse non sono delle migliori. Andare a Torino senza i terzini titolari suona realmente come una resa anticipata, anche perché è sulle corsie che i blucerchiati soffrono maggiormente, e di fronte la squadra di Giampaolo si ritrova giocatori come Douglas Costa (non lo prendi neppure con il motorino), Cuadrado, Mandzukic e Dybala. Oltretutto il derby ha restituito un Doria un po' appannato fisicamente, con qualche acciacco di troppo, e di sicuro non brillante come quello che aveva sconfitto 3 a 2 proprio la formazione di Allegri. Non ci sono speranze, quindi? Poche, pochissime. Il che è comunque sempre meglio di niente. Il principale appiglio in questo momento a mio modo di vedere è rappresentato da Marco Giampaolo. L'allenatore di Giulianova ha il guizzo, la capacità giusta per tirare fuori dal cilindro la mossa tattica vincente. Quella genialata in grado di inceppare la macchina del collega Allegri, il colpo a sorpresa che ti permette di spiazzare la Juve. Non servono invenzioni trascendentali, né me le aspetto. Probabilmente sarebbe sufficiente un'indicazione particolare ai centrocampisti, o un posizionamento leggermente corretto del trequartista.
Quale può essere lo spunto dell'allenatore non lo so, altrimenti sarei io a sedermi sulla panchina della Samp. Ma so che Giampaolo ha la spregiudicatezza necessaria per inventare calcio. E so anche che non basterà una pensata del mister: servirà la partita perfetta da parte di tutti, e magari non guasterebbe neppure una giornata di difficoltà della Juve. Questa volta, l'impresa serve a noi. Come nel 2013. In una settimana di rimonte pazze e scontri epici, sognare non costa nulla.