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Sampmania: propongo di intitolare una via a Sant'Emilio
San’Emilio da Mataram è un santo un po’ particolare. Intanto, si materializza quando i suoi colleghi, i Santi intendo, piovono copiosi dal cielo a causa dei tifosi doriani. C’è da dire che Sant’Emilio i miracoli li fa soprattutto nei momenti di maggior difficoltà degli altri suoi soci, quelli in braghette e pantaloncini che stanno con lui sul prato. Di solito, le sue apparizioni coincidono con i momenti più bui della favola. Da buon eroe come si deve, compare quando tutto sembra perduto, ad un passo - a undici metri, meglio - dal baratro. Sant’Emilio è nato in Indonesia, ma fortunatamente si è trasferito in Italia ad un anno di età, è cresciuto a Torino, ha gironzolato un po’ per il Nord Italia e alla fine ha trovato la sua Terra Promessa a Genova. Sant’Emilio è santo non tanto per il rigore di ieri. A quella specialità ci ha abituati, ed è stato forse, passatemi l’assurdo, l’intervento più semplice della sua serata. Sant’Emilio, o Emil a voler essere corretti, ha messo le manone in almeno tre interventi eccezionali, e ha di fatto resuscitato la Sampdoria. Probabilmente ha voluto emulare il Grande Capo, che in quanto a resurrezioni mantiene il primato e l’esclusiva. Credo quindi che almeno una piazzetta a suo nome se la sia guadagnata di diritto.
Anche perché diciamoci la verità, non voglio pensare a come si sarebbe incanalata questa partita senza le zampate di Audero e con un po’ di sfortuna in più. Temo saremmo crollati, liquefatti da un 1-0 dopo tre minuti. La Sampdoria vista a Cremona non è assolutamente guarita, anzi, è ancora malata grave. Per oltre un’ora di gioco i blucerchiati sono stati tremendi, uguali a quelli visti con Monza e Ascoli, tanto per citare un paio di esempi. La formazione del primo tempo, evidentemente troppo sbilanciata e slegata, ha offerto praterie agli avversari. La squadra di Alvini ha preso d’infilata costantemente il centrocampo doriano, approfittando delle voragini che si formavano tra le tre mezze punte e i due centrocampisti. Verre, corpo estraneo della squadra di Stankovic, vagava per il campo spaesato, spesso pestando i piedi a Rincon, mentre i trequartisti puri galleggiavano a venti metri dai due incontristi genovesi. Risultato? Ripartenze grigiorosse, e uomini di Alvini in porta con tre tocchi.
Il giro palla dei padroni di casa, volto a tagliare fuori la mediana fragile e smarrita della Samp, ha rischiato di fare malissimo ai blucerchiati. E qui ci ha messo una pezza Sant’Emilio. Stankovic, da uomo intelligente, si è accorto dello sbando, ha ammesso l’errore ed ha corretto in corsa. Dentro Villar per uno spaesato Verre, poi in campo Yepes, ispiratissimo, per far rifiatare Rincon. Con l’ingresso di Leris, al posto dello spento Pussetto, ‘Deki’ ha restituito muscolarità e corsa in una zona di campo in cui la Samp aveva sofferto tremendamente le sgroppate ospiti. E così, pian piano, con il nuovo centrocampo più coperto, magari meno fantasioso ma maggiormente applicato e ordinato, tutti i tasselli sono andati a posto uno di seguito all’altro. La Samp, dopo un’ora di disastro, ha iniziato a riprendere campo e coraggio, pure grazie a questa specie di 4-3-1-2 fluido (alle volte diventava una sorta di 4-4-2, o di 5-4–1 nelle convulse fasi finali), con due attaccanti finalmente vicini ed in grado di impensierire una retroguardia oggettivamente modesta.
Stankovic adesso ha un punto da cui ripartire. Il mister potrà ricominciare a lavorare basandosi sul secondo tempo dello Zini, sulla squadra abbottonata e ordinata della ripresa, e i blucerchiati riusciranno a darsi slancio facendo leva sulla zampata di Colley. Tenendo ben presente, ovviamente, che la gara di ieri era stata atroce per oltre un tempo e mezzo e che l’avversaria era probabilmente l’unica squadra di Serie A con problemi, andamento e classifica assimilabili ai nostri. Però, è un inizio.
Certo, poi partite del genere devi anche vincerle. E lì subentrano altri aspetti, tra cui quella roba di cui ci eravamo completamente scordati, dai, quella cosa lì, come si chiama più? Ah sì, fortuna. Ma d’altro canto, ‘Non può piovere per sempre’, dice Brandon Lee nel Corvo. O se preferite una citazione più musicale, ‘Nothin' lasts forever, even cold November - ma forse dovremmo dire October, in questo caso - rain’.
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