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    Sampmania: nasini all'insù

    Sampmania: nasini all'insù

    • Lorenzo Montaldo
    Scusate. So di risultare polemico, a qualcuno magari sgradito. So di infilarmi in un vespaio, e so di scrivere qualcosa che probabilmente andrà contro i dettami del tifoso Doc, che incita e non fischia, che non è pessimista e trova il positivo in tutto ma io, alla fine di Sampdoria-Ascoli, ero tutto tranne che entusiasta e esaltato. So anche che ci è stata richiesta unità di intenti, di ‘remare tutti dalla stessa parte’ e quant’altro. E’ una locuzione che non sopporto, quasi alla pari della famosa frase di quelli che salgono sul carro. Non sono d’accordo, non penso che la stampa debba ‘remare’. Né a favore né, tantomeno, contro. La stampa non rema. Credo debba invece disegnare la realtà e, al massimo, fornire opinioni personali se richieste in editoriali e pezzi appositi. 

    Quindi, fatto tale doveroso preambolo, perdonatemi ma io proprio non sono in grado di festeggiare senza freni per la vittoria ai rigori con l’Ascoli. Non ci riesco, è più forte di me. Sarà che non mi riconosco nel mainstream ma io, nel battere una squadra di Serie B al 22esimo rigore, non ci trovo nulla di epico. E non credo che il giudizio su una prestazione corale possa essere ribaltato o modificato da come sono stati tirati dei rigori in un clima da Birra Moretti. Posso tornare a casa un po’ più felice perché la Samp ha vinto, quello sì. Anche se faccio parte della stampa, è inevitabile. Ma di certo non mi reputo tranquillo, rilassato, ottimista. Magari poi mi prenderò delle botte di menagramo o, novità degli ultimi giorni, di uno che ci sballa a ‘rumesciare merda con un bacchetto’. Che meraviglia. 

    Posso comprendere la speranza di alcuni. C’è chi si augura che una vittoria abbia un effetto catartico, rinvigorente per una squadra a tratti apparsa davvero terrorizzata e poco in sintonia. Concordo, ma è l’unico aspetto positivo. Al netto del fatto che non sono così sicuro del peso psicologico, per un calciatore di Serie A, dei sedicesimi di finale di Coppa Italia. Leggo e sento di ‘esserci tolti la puzza sotto al naso’, di ‘nasini all’insù’, come se avessimo assistito ad un trascinante spettacolo di furore agonistico e tenacia calcistica. La Sampdoria ieri ha offerto, per 120 minuti, una prestazione tremenda, pari per cifra tecnica a quella vista con il Monza. La differenza l’ha fatta l’avversaria, una squadra di Serie B e non di Serie A. 

    I blucerchiati hanno disputato un’ora di gioco con quasi tutti i titolari in campo. Dal secondo tempo in poi, era una squadra (sulla carta) infarcita di giocatori offensivi, eppure la sterilità offensiva è rimasta evidente, così come le difficoltà in fase difensiva. Il Doria è stato spesso infilato dalle scorribande bianconere. La prima rete è esemplare in questo senso: venti metri di avanzata indisturbata da parte del centrale ospite, filtrante lento e leggibile a tagliare fuori i centrocampisti in ritardo, con Sabiri che non stringe in contrasto, e errore di posizionamento dei centrali e di Murru. Da quel momento in poi, l’Ascoli ha avuto altre tre, limpide palle gol: colpo di testa di Gondo da due passi, azione personale dello stesso Gondo chiusa da provvidenziale uscita di Contini, e per finire tentativo a botta sicura di Bidaoui già ai supplementari. Il massimo comun denominatore è sempre quello della fragilità del pacchetto arretrato, dei tanti errori individuali, sublimati nella rete dell’1-2, con Donati lasciato solo in area di rigore dopo una sequenza impressionante di inciampi dei singoli. La lotteria dei rigori, poi, ha sorriso alla Samp. Meglio. Ma ciò non può cambiare il giudizio sulla partita.

    Tra l’altro, paradossalmente, vincere dopo un’estenuante sfida ai rigori è lo scenario peggiore possibile. Giochi centoventi minuti sudando e proponendo lo stesso sforzo che avresti speso per una partita e mezza, e non è che la condizione della Samp sia eccezionale dal punto di vista fisico. Strappi un altro turno infrasettimanale, e sprechi una marea di energie, anche nervose. Non è un discorso da tifoso, lo so, è una riflessione asettica. Ma va fatta.

    Evidenziare questi aspetti non significa avere ‘il naso all’insù’. Vuol dire mantenere l’oggettività. Anzi, una volta erano i dirimpettai ad essere tacciati di facile esaltazione e retorica pure nelle situazioni più banali o inopportune. Vi dico di più: non concepisco neppure chi ‘firmerebbe per un pareggio a Cremona’. Alla undicesima giornata, con tre punti in classifica e ancora nessuna vittoria all’attivo in stagione, in casa della penultima, pretendo di vincere. O di provarci. Ecco, gioirei per un successo allo Zini, potrei persino entusiasmarmi. Sempre con moderazione però, perché è quello che mi aspetto dalla Samp a Cremona, è quello che si aspettano i sostenitori doriani e, soprattutto, è quello che questa squadra deve ai suoi tifosi, dopo due mesi da incubo, in cambio di un sostegno incondizionato, inconcepibile e impensabile in altre piazze.

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