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    Sampmania: 'pensate a tifare, i tifosi facciano i tifosi'

    Sampmania: 'pensate a tifare, i tifosi facciano i tifosi'

    • Lorenzo Montaldo
    Attualmente, nella classifica delle cose che mi infastidiscono maggiormente, i menestrelli del ‘pensate a tifare’ occupano il secondo posto. Ma solo perchè esistono le Autostrade, che si sono saldamente aggiudicate il primo gradino del podio. Se invece rimaniamo esclusivamente sugli argomenti futili allora no, non c’è gara. Stravincono quelli del partito ‘i tifosi facciano i tifosi’.

    Non capirò mai per quale motivo un tifoso dovrebbe limitarsi a incitare e sostenere, senza il minimo spirito critico o la più piccola parvenza di curiosità, non occupandosi di tematiche che esulino anche solo vagamente dal ‘bevo e canto per il Doria’. Qualcuno, leggermente più bravo del sottoscritto nell'arte della scrittura, tanti anni fa sosteneva che non siamo fatti per vivere come bruti, ma per inseguire la virtù e la conoscenza. La curiosità e lo spirito critico sono le due caratteristiche evolutive che ci differenziano dalle bestie. Nel corso della storia ci hanno premiato, hanno consentito all’uomo di elevarsi a specie dominante sul pianeta (ancora per poco, continuando così) e non vedo perché dovremmo consapevolmente abbandonarle. Neppure quando si parla di calcio.

    Dietro alla semplicistica affermazione ‘i tifosi facciano i tifosi’ si possono nascondere tutte le brutture possibili e immaginabili. Una frase simile può essere usata ad esempio come giustificazione. E’ un’arma terribile in mano a chi non vuole che vengano chiesti, sognati, persino pretesi risultati sportivi apprezzabili. E’ il primo passo sulla strada per banalizzare un club di calcio, trasformandolo in una catena di montaggio fabbrica-plusvalenze, trincerandosi dietro a slogan vuoti e all’auto-promozione. Non dimentichiamocelo mai, una squadra come la Sampdoria è più che un’azienda, e ciò che la differenzia da una normale impresa è il capitale emotivo investito dai suoi azionisti, i tifosi. In una squadra non spendi solo risorse economiche, ci metti dentro anche le speranze, le storie di generazioni collegate da un unico fil rouge. Un’industria del genere, per funzionare, non deve restituire solo dividendi monetari, ma anche dividendi emotivi. E si è legittimati a chiederli.

    Tifare ‘indipendentemente dal risultato’ lo ritengo un assurdo logico. Se io ‘tifo’, per definizione sto sperando in qualcosa. ‘Tifo’, appunto, augurandomi che la Sampdoria ottenga un esito positivo. Che poi uno resti tifoso ‘al di là del risultato’, è tutto un altro discorso. Ma essere tifoso ‘al di là del risultato’ non vuol dire automaticamente metterlo in secondo o in terzo piano. Il desiderio di raggiungere determinati traguardi migliorativi è insito nell’animo umano. Se vogliamo per certi versi è l’istinto di sopravvivenza 2.0, lo spirito di conservazione della specie. Anzi, io rivendico il mio diritto a possedere ambizioni: violentarsi per non averne, specialmente nel calcio, una delle poche vie di fuga dalla realtà che ci rimangono, lo ritengo innaturale.

    Questo commento dei tifosi chiamati ‘a fare i tifosi’ l’ho letto spessissimo ultimamente,usato spesso come unica replica possibile ai vari interrogativi che molti si pongono in merito alle vicende del presidente Ferrero. Ora, lo so che parecchi di voi non hanno più voglia di sentir parlare di magagne relative alla massima carica della Sampdoria, e che l’argomento vi crea attacchi di prurito pari solo a quelli generati dalle allerte meteo, ma ritengo sia il caso di approfondire. Non è vero che le questioni legate alle difficoltà economiche (vere o presunte, senza entrare nel merito) di attività facenti parte della cosiddetta ‘galassia Ferrero’ devono risultare indifferenti ai tifosi duri e puri, quelli che scrivono il manuale del tifo. Non è vero che eventuali difficoltà in altre imprese ‘non ci devono interessare’, perchè dobbiamo pensare ‘ad andare allo stadio alla domenica’. Ci riguardano eccome. Non è vero che dobbiamo curarci soltanto della parte relativa alla gestione dei conti di Corte Lambruschini, delle palazzine, di questa o quella plusvalenza, magari salmodiando le lodi per il santo di turno, ignorando ciecamente tutto quello che ci avviene attorno. Specialmente quando le vicende in questione riguardano il gestore ultimo e unico del bene più prezioso per centinaia di migliaia di persone, ossia la Sampdoria. Non si tratta di ‘problemi suoi e delle sue altre aziende’. I problemi ‘suoi’ sono diventati (anche) problemi dei tifosi blucerchiati da quando ha varcato i cancelli di Bogliasco il 12 giugno 2014, perchè riguardano il proprietario del Doria. 

    Certo, si può sempre continuare a pensare che tutto ciò che succede alla Sampdoria invece dipenda non da chi è chiamato ad amministrarla, e risulta quasi continuamente coinvolto in vicende come minimo poco chiare e talvolta sgradevoli, bensì da chi sottolinea alcune evidenti incongruenze. Siano essi tifosi, giornalisti, semplici osservatori esterni, magari tutti quanti facenti parte di un unico, grande complotto volto a danneggiare, chissà perchè, il secondo miglior presidente della storia. E chi se ne importa se la solidità patrimoniale delle industrie del presidente della Sampdoria continua a far parlare di sé. D’altro canto, l’importante è ‘pensare a tifare’, no? 

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