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Sampmania: numeri, linguaggio del corpo e narrazione
La dimostrazione l’ho avuta da come la Fiorentina ha affrontato la squadra doriana. Non come una compagine al suo livello, da temere e rispettare, ma alla stregua di uno sparring partner, senza sentire mai realmente in discussione la partita. La sensazione, netta, è stata quella di un formazione in controllo, più brillante sul piano atletico, superiore dal punto di vista tecnico, consapevole di essere più forte, più muscolare, e con i piedi più buoni. Se il primo tempo ha lasciato intravedere, quantomeno agli inguaribili ottimisti, rari sprazzi di luce, la ripresa ha dato l’impressione di una partita pienamente nelle mani dei viola. Quarantacinque minuti senza appello, senza reazione e, oltretutto, senza il famoso carattere tanto invocato, quella grinta che Stankovic avrebbe dovuto magicamente infondere in una squadra che, ricordiamolo, era stata ampiamente contestata a seguito di una partita giocata senza spina dorsale. Mi riferisco a Sampdoria-Monza.
A proposito del mister, ho dato fiducia a Giampaolo e penso la meriti pure lui. Però, ho avuto la chiara percezione che anche l’allenatore, in queste ultime uscite, abbia aumentato la confusione della squadra. E purtroppo devo sottolinearlo. La cura Stankovic, per il momento, stenta ad ingranare, prova ne sono i quattro moduli cambiati in cinque partite. Logicamente, c’è un motivo se l’ex Stella Rossa ha variato così tante volte l’assetto durante la sua gestione: Stankovic è alla ricerca di una quadra, del modo migliore per mettere in campo i suoi giocatori. Ieri, però, ha sbagliato pure lui. La linea a tre con Amione, Colley e Ferrari è troppo fragile e male assortita, in mezzo il terzetto Leris-Villar-Djuricic è parso leggero e poco adatto alla Serie A, e Rincon fuori é una scelta incomprensibile.
I numeri, poi, sono impietosi. Citarli sembra quasi pleonastico, ma credo sia giusto farlo per ridimensionare e restituire a tutti il quadro reale della situazione. La Sampdoria ha il peggior attacco, con 6 reti in 13 gare, meno di 0,5 a partita, e la quarta peggior difesa con 23 gol al passivo (quasi due ogni 90 minuti). I blucerchiati sono penultimi per tiri fatti, e corrono poco e male. Per darvi un’idea, la Samp è quindicesima nella speciale classifica della distanza media percorsa, statistica che, va da sé, è ribaltata. In graduatoria, tolta la sorprendente Lazio, dominano i gruppi costretti a lottare ogni domenica per la vita o la morte: Empoli, Monza, Salernitana, Spezia, Cremonese e Lecce occupano sei delle prime sette posizioni. La Samp, invece, non si sente tale. Viceversa, la Samp rientra nelle prime otto per distanza camminata, mentre è quart’ultima per quanto riguarda la percentuale corsa. Molto banalmente, i blucerchiati più che scattare, camminano. Non si tratta propriamente delle cifre di una squadra che deve vendere la pelle con il sangue agli occhi, come tentano di farsi passare i blucerchiati ad ogni conferenza stampa pre partita.
Come per Giampaolo, però, anche per Stankovic valgono le attenuanti. Vanno citate, altrimenti, saremmo faziosi. Ieri per esempio ho fatto caso ad un aspetto, ossia il linguaggio del corpo dei calciatori. Ho avuto la netta impressione che le movenze e gli atteggiamenti della squadra blucerchiata trasmettessero poca fiducia e diffusa rassegnazione, tra braccia aperte, mani al cielo, occhi roteati in panchina, scazzi e fastidi vari. No, francamente non lo reputo un bello spettacolo. E qui vengo ad un altro punto delicato, e chiedo la vostra opinione perché non so cosa pensare. Dico sul serio. La linea del ‘sosteniamo a prescindere’, ‘incitiamo per novanta minuti’, condita di applausi (non troppi, questa volta, si è sentito pure qualche fischio) al triplice fischio è la strada giusta? Leviamoci per un attimo dalla narrazione di quanto sia bello e sano il tifo blucerchiato. Nessuno lo può negare ed è già stata fatta sufficiente letteratura (a volte persino banalotta e spicciola) sull’argomento. E’ evidente che sia eroico l’attaccamento della marea doriana di Milano, o del pienone di Cremona. Ma a volte, non può essere sana anche una bella assunzione di responsabilità? Se non scrivo un pezzo, l’editore mi sgrida. Se il mio amico commercialista sbaglia i calcoli, il capo lo cazzia. Se l’elettricista mi taglia i cavi, mica lo sommergo di applausi e gli canto ‘Ti voglio così’, ma gli chiedo i danni. Il calcio è un mondo a sé, naturalmente, dove si intersecano spettacolo e fisicità. Ma qualche dubbio sul sostegno ad oltranza, personalmente ce l’ho. Spero e mi auguro di sbagliarmi.
@lorenzomontaldo
@MontaldoLorenzo