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    Sampmania: niente scuse

    Sampmania: niente scuse

    • Lorenzo Montaldo
    Ve lo garantisco: venti giorni senza partite, calciomercato e relativi annessi e connessi hanno messo a dura prova chiunque, compresi i giornalisti sportivi costretti a inventarsi di tutto. Fortuna che siamo arrivati al dunque, seppur in un clima surreale. Domenica si torna in campo, con un’atmosfera strana e probabilmente ovattata. Sarà la mia prima volta a porte chiuse, vi farò sapere le mie sensazioni. Come per il sottoscritto, sarà la prima volta per tanti giocatori, e credo che si tratti di un aspetto cruciale, da non sottovalutare, specialmente per i calciatori più giovani, o per quelli con meno personalità, che hanno bisogno di essere spinti da uno stadio per rendere al meglio. Fortuna che alla Sampdoria c’è Ranieri, uno dei pochi allenatori in Serie A in possesso dell’esperienza necessaria per fronteggiare uno scenario del genere. Ci rimettiamo - come abbiamo fatto tante volte in questa stagione - alle esperte mani di Sir Claudio. Pensaci tu, mister, ne abbiamo un bisogno disperato.

    Le porte chiuse, però, non possono trasformarsi in un alibi. Niente scuse o attenuanti varie. La Samp non può permettersi un passo falso, non ora, non in queste circostanze, non con questa classifica. Il Doria non può sbagliare la partita con il Verona, anche se in tribuna non ci saranno 17mila persone, ma soltanto 70 giornalisti spaesati tanto quanto i giocatori. Leggere l’inattività forzata durata quasi un mese come una ‘vacanza’, uno stacco dai problemi e dalla realtà, sarebbe un peccato mortale. Ci siamo salutati a inizio febbraio dopo una sconfitta stordente, che ci ha lasciati intontiti e svuotati. Nessuno si aspettava di rivedersi a inizio marzo, cristallizzati e incapaci di raccapezzarsi, pazienza, così è. Riprendiamo in mano il nostro destino. avendo però ben presente il punto di partenza, quel tremendo 1-5 che ci ha rifilato Beppe Iachini. Scordarsi il passato non è sempre cosa buona e giusta, in certi casi aver ben presente da dove si arriva è la prima pietra su cui costruire un certo tipo di futuro.

    In venti giorni succedono tante cose: parecchi giocatori li hai recuperati, altri hanno potuto lavorare sulle proprie debolezze e incertezze, alcuni magari hanno persino ritrovato fiducia e condizione fisica, assimilando quelle che sono le richieste di Ranieri. Se c’è una squadra che può e deve giovare del doppio rinvio, è la Sampdoria. Di nuovo, torniamo al punto di prima: non ci sono scuse che tengano, Sampdoria-Verona è una finale. La prima di quattordici gare da dentro o fuori, vero, ma è pur sempre una finale. E come tale va affrontata, senza rete di sicurezza. Se sbagli, cadi. E’ lo sport, baby, azzoppato e monco, certo, martoriato da una situazione unica e straordinaria che evidentemente noi (inteso come genere umano) non eravamo preparati ad affrontare, ma è lo sport. 

    Solitamente cerco, con la modestia dei miei mezzi, di evitare retorica e frasi fatte. Credo però che, dopo venti giorni di astinenza forzata da pallone, ci sia ben poco da aggiungere. Qualcuno mi ha detto che forse ci siamo un po' disintossicati e in effetti è vero. Se vogliamo trovare un lato positivo in questa vicenda ai limiti del paradossale, e che c'entra poco con il calcio, è proprio questo: magari, dopo venti giorni senza partite, siamo riusciti ad espellere le ultime tossine dal corpo di una Samp debole e a rischio ricaduta. Speriamo sia così, anche perché io non ho altro da aggiungere. Ben tornata, Serie A, senza tifosi e senza casino non sei per niente la stessa cosa, non so quanto durerai e come andrai finire. L'unica cosa che so è che Sampdoria-Verona è una partita da vincere. Anche davanti a 70 giornalisti. Al momento di scendere in campo, però, date un'occhiata alla Sud deserta. E battetevi per quei 10mila seggiolini vuoti. 

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