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    Sampmania: le domande senza risposta della Coppa dei rimpianti

    Sampmania: le domande senza risposta della Coppa dei rimpianti

    • Lorenzo Montaldo
    Dite che sarei poco originale se scrivessi che la Sampdoria, in questa Coppa Italia (o TIM Cup, come dobbiamo chiamarla ora) ha buttato via l'opportunità di onorare una stagione sprofondata nella melassa dell'anonimato? Poco importa, perchè la realtà dei fatti è questa. Basta fare un giro sui principali social network, il concetto gridato a gran voce dalla piazza all'unanimità è lo stesso ovunque. Inutile spiegare con complicati arabeschi architettonici, o con termini da studiosi del calcio, quella che è una semplice ed evidente realtà. La squadra di Giampaolo non solo non ha rispettato l'impegno ma, sprezzante di un pubblico che anela a sussulti ed emozioni nel grigiore della periferia calcistica in cui è precipitato, ha gettato alle ortiche la possibilità di svoltare dall'oblio in cui si sta inoltrando. E le promesse del tiepido autunno si sono lentamente trasformate così in un gelido e letargico inverno, fatto di noia e torpore.

    I dati sono impietosi. La chiave di volta del match, ossia l'occasione divorata da Budimir per il potenziale 2-1, non nasconde la sofferenza di una squadra impacciata e infarcita di riserve e di giocatori quasi mai impiegati in stagione: in sostanza, le temute 'seconde linee'. I 18 tiri complessivi della Roma, 14 nello specchio e altrettante azioni da gol, contro le sole 3 blucerchiate parlano da soli. Emerge anche un altro dato significativo, dai freddi numeri della serata romana: la Samp ha corso più della Roma, percorrendo complessivamente circa 3 km in più dei giallorossi; in un 4-0, significa girare a vuoto. E se si analizzano le posizioni medie tenute dai calciatori delle due squadre in fase di possesso palla, è ancor più lampante quello che già era sotto gli occhi di tutti: ossia che la Samp ad ammassarsi attorno al cerchio di centrocampo provando complesse triangolazioni mentre ad esempio la squadra di Spalletti, occupando per intero la sezione trasversale del terreno di gioco, allargava le maglie doriane creando continui spazi per gli inserimenti. In sostanza, gli uomini di Giampaolo si affannavano per vie centrali mentre i giallorossi, pazienti, scherzavano con una difesa leggera e poco rodata.

    Potremmo snocciolare per ore esempi a sostegno di questa tesi. L'analisi tattica lasciamola a chi mastica meglio l'argomento. I dati però ci invitano a porre le domande che tutti si sono fatti: che senso aveva presentarsi all'Olimpico senza Pereira, Skriniar, Torreira, Praet, Quagliarella e Schick? Perchè insistere con Dodò, quando è chiara a tutti la bocciatura del terzino su ogni fronte da parte dell'allenatore? Perchè non far rifiatare un Muriel tornato preoccupantemente simile al giocatore abulico e fumoso delle scorse stagioni? Quale traguardo più ambizioso di un'eventuale quarto di finale con il Cesena può porsi questa squadra che non è in grado di vincere da sei partite consecutive, considerando Serie A e Coppa? Quale importante obiettivo ha una squadra che ha segnato 3 gol in 540 minuti (due con Schick, partito peraltro dalla panchina, e uno su autorete di Hysaj) ma che nega di avere un problema in fase realizzativa? A che pro dichiarare che la Samp si sarebbe giocata la partia con "la miglior formazione possibile" salvo poi rimediare una figuraccia da prima serata?

    Sono questi gli interrogativi che ci frullano nella testa, e che non ci lasceranno tanto facilmente. A questo punto è lecito aspettarsi l'impresa a Bergamo, vista la sgambata di Roma. Il rammarico, però, quello resterà a lungo. D'altro canto, è una sensazione a cui non siamo nuovi. Altro che Coppa Italia, o TIM Cup: è il trofeo dei rimpianti. Qui si che siamo dei campioni.

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