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    Sampmania: le 'buffe' dichiarazioni di Giampaolo

    Sampmania: le 'buffe' dichiarazioni di Giampaolo

    • Lorenzo Montaldo
    Avviluppati e contorti. Possiamo dirlo ufficialmente, la Sampdoria si è arrotolata su sé stessa. Sbrogliare la matassa, ora, diventa molto difficile. Il gioco dato ai blucerchiati dal tecnico Giampaolo, spumeggiante e divertente ad inizio stagione, è diventato lento e impacciato. 'Troppo prevedibile', è la definizione più gettonata nei confronti della Samp in queste ore. Perfetta per descrivere i bizantinismi eccessivi e la scarsa incisività di una squadra che ha grosse lacune in fase offensiva. Piove pure qualche fischio, dagli spalti di Marassi al temine dei novanta minuti. Non succedeva ormai dalla scorsa stagione, ed è un segno che forse è davvero il caso di cambiare qualcosa negli equilibri della formazione genovese.

    Questa volta, a differenza delle scorse partite, non è piaciuto neppure l'atteggiamento del mister blucerchiato. Troppo attento, nel post partita, a difendere e a spiegare alcune scelte in maniera francamente poco comprensibile. Giusto proteggere i propri giocatori, per carità, giusto evidenziare quello che di buono ha fatto questa squadra. Ma altrettanto giusto, o meglio, intellettualmente onesto, sarebbe stato dichiarare pubblicamente qualcosa del genere: "Oggi la squadra non ha giocato bene, più in generale veniamo da un periodo di partite - fatta salva qualche parentesi come quella di Napoli - giocate male, con il 'freno a mano' tirato. Forse la sensazione di falsa sicurezza, di salvezza già acquisita a novembre ha fatto male a questa squadra giovane, e a cui possiamo concedere qualche calo di tensione. Lavorerò su questo con i miei ragazzi". E invece, abbiamo sentito tutt'altro. Giampaolo ci ha descritto una "gara tirata", un Alvarez che "porta sempre a casa la pagnotta, puntuale nel fare le chiusure in fase di non possesso, sulle palle inattive", ha espresso "soddisfazione per la prestazione della squadra" definendo la gara con l'Empoli "una bella partita". Ancor peggio, ha ribaltato la considerazione che gli veniva fatta relativamente ai soli due punti ottenuti nelle ultime tre partite evidenziando che in realtà "sono cinque nelle ultime sei". Un esercizio stilistico francamente evitabile e antipatico. Così come è antipatico far notare che la Samp "è andata in gol in ben 17 partite sulle 20 giocate". 22 reti sono un bottino estremamente misero, considerando che l'attacco blucerchiato è il quattordicesimo della Serie A, pari merito con quello del Genoa.

    Una passo falso di un allenatore che a mio avviso resta una risorsa preziosa per questa squadra, e per il suo processo di crescita. L' evoluzione però deve passare anche da gare di questo tipo. La sensazione, piuttosto netta nell'ultimo periodo, è che la Samp una volta raggiunto il traguardo minimo stagionale, ossia la salvezza (che non è in discussione a meno di clamorosi suicidi sportivi) abbia decisamente tirato i remi in barca. Con la complicità del mercato, e di procuratori troppo lesti nel battere cassa con Corte Lambruschini.

    Ora bisogna riavvolgere i fili, smettere di specchiarsi nel riflesso di una squadra giovane e simpatica, riportare i piedi per terra e stringersi tutti attorno ad una parola semplice, inflazionata ma mai così attuale: umiltà. Umiltà nel lavoro, umiltà nelle dichiarazioni, umiltà nelle giocate, umiltà nell'approccio alle partite. Non bastano 15 partite in Serie A per ritenersi campioni affermati: il calcio è un gioco semplice, lineare. Il barocco e le evoluzioni stilistiche lasciamole pure ad altri.

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