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Sampmania: l'ultima di Palombo, il capitano che ha portato un bambino di 13 anni in Serie A
Angelo Palombo è arrivato a Genova appena ventunenne, fresco di svincolo dalla Fiorentina e fortemente voluto dall'allora ds blucerchiato Beppe Marotta. Probabilmente non avrebbe mai immaginato che sarebbero trascorsi quindici anni da quel momento e che si sarebbe ritrovato ancora qui, oggi, a due giorni da quella che potrebbe essere la sua ultima partita in maglia doriana. Sempre a Genova, in quella che è diventata la sua città, con i colori di quella che è e rimarrà la sua squadra del cuore. Ci sono tanti che si interrogano sul suo futuro, e che si chiedono se sarà davvero Sampdoria-Napoli la sua ultima partita in blucerchiato. Si tratta ancora di ipotesi, sia chiaro, ma l'eventualità c'è, e sono convinto che il pubblico della Samp vorrebbe conoscere la decisione del centrocampista, così da tributargli il giusto riconoscimento. In estate Palombo parlava di un 'paio d'anni ancora', ma si poneva anche obiettivi ambiziosi in termini d'impiego per questa stagione. Un impiego che non c'è stato, sebbene Giampaolo abbia tenuto in gran considerazione la sua figura, vero collante dello spogliatoio e ottimo tramite tra squadra e società. Potrebbe essere il suo futuro professionale più o meno immediato, chissà. Comunicazioni ufficiali da parte del capitano della Samp non ce ne sono ancora state, ma l'evenienza di dover salutare per sempre il Palombo giocatore va presa in considerazione.
Si può dire in maniera serena e senza nessuna accezione critica che da qualche anno ormai Palombo non è più Palombo. O meglio, non è più lo splendido centrocampista arrivato nel giro della nazionale e seguito dalle squadre più importanti della Serie A. Anche perchè le primavere a settembre saranno 36, e hai voglia a fare vita da professionista senza saltare mai - mai - un allenamento. Una carriera di questo livello, giocata così, sempre 'lì nel mezzo' come Oriali, dando tutto ogni volta beh, ti logora e ti prosciuga. Le partite sono diventate sempre meno, 7 nello scorso campionato, 3 in quello che si chiuderà domenica (per 194 minuti complessivi). E in molti forse hanno negli occhi l'immagine di questo Palombo, onesto centrocampista ma non più il mastino che nell'annata della Champions sapeva pure impostare e dettare i tempi ad una squadra in cui tutto girava per il meglio.
La figura del numero 17 doriano divide, come ogni personaggio di spessore deve fare. Ci sarà sicuramente chi rimprovererà a Palombo alcuni atteggiamenti, o chi gli imputerà i sei mesi di Inter nella stagione della B. Alcuni avevano tirato fuori pure illazioni infondate nei suoi confronti negli scorsi campionati, accusandolo di scarso impegno e poca professionalità. Io sono uno di quelli che a livello umano resterà per sempre legato a quel ragazzo arrivato dalla Fiorentina, diventato poi giovane uomo capace di prendere in mano il centrocampo della Samp durante una delle sue ere più importanti e complesse. Per quelli come me, la generazione dei venti-trentenni nati a cavallo tra gli anni '80 e '90, Palombo ha rappresentato uno dei pochissimi esempi di calciatori rimasti ad indossare e a onorare una maglia. Sì, so che i tifosi blucerchiati con più esperienza ne citeranno altri, ma per quelli che non hanno vissuto determinate epopee, Palombo è e resterà una bandiera. Che decida di smettere o meno.
Si è fatto benvolere anche non giocando, comportandosi da professionista perfetto in ogni circostanza. Senza mai una parola fuori posto, un capriccio. Per questo domenica lo 'saluterò' in maniera emozionata, che sia un addio o un arrivederci, anche se da qualche anno ormai come già detto Palombo non è più Palombo. Perchè con un addio di Palombo si chiuderebbe anche un pezzettino della mia vita, quella di un bambino di tredici anni che nel 2002 sognava la Sampdoria in Serie A. Ed è anche grazie al capitano che ci ha condotto per mano sino alla Champions, e che ha pianto davanti alla Sud come tanti altri nel giorno più buio, se questo sogno è diventato realtà.
@MontaldoLorenzo