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    Sampmania: Gabbiadini (e tutti gli altri) non sono Superman, sono Bruce Wayne

    Sampmania: Gabbiadini (e tutti gli altri) non sono Superman, sono Bruce Wayne

    • Lorenzo Montaldo
    Che bello, oggi c’è la partita e il Sampmania si scrive praticamente da solo… Ah, no. Siate comprensivi con noi poveretti, che tentiamo (da casa) di continuare a fare il nostro lavoro, magari regalandovi dieci minuti di svago. Dopo un mese di partite rinviate, partite annullate, Coronavirus e campionati sospesi, capite bene che gli argomenti iniziano a scarseggiare. ‘Fortuna’ che ho tanto tempo per pensarci, e per tirare giù qualche riga di pensieri personali. Il Sampmania di oggi, quindi, non sarà prettamente incentrato sul calcio, o sul calciomercato, e nemmeno sulle vicende societarie della Sampdoria - vi giuro che non le ho dimenticate, ma credo che ora ci sia qualcosa di più importante su cui concentrarsi. Sarà piuttosto una riflessione generale su questa brutta, brutta vicenda, che onestamente pensavo potesse esistere soltanto nei film fantascientifici. 

    Incredibilmente, dopo il ‘paziente zero’ della Serie A, ossia Rugani, la Sampdoria è improvvisamente balzata agli onori (si fa per dire) delle cronache come la società più tartassata dal Coronavirus. Solito culo, direbbe Baudelaire. Almeno sette casi accertati di calciatori, più il medico sociale Baldari, non possono essere una coincidenza. Piuttosto si tratta dell’evidente dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che domenica scorsa Parma e Spal non dovevano scendere in campo, come peraltro chiedeva praticamente qualunque tifoso dotato di un minimo di raziocinio. Trovo che però sia interessante concentrarsi su un aspetto in particolare, ossia l’impatto emotivo che ha avuto questa vicenda sul mondo del pallone. 

    E’ scontato - qualcuno dirà triste - notare che quando un contagio o una malattia toccano ad un personaggio noto, la cassa di risonanza si amplifica in maniera esponenziale.  Specialmente se ciò riguarda i calciatori. Non è un’osservazione particolarmente originale, lo so. Perchè rimaniamo così colpiti, quando ad ammalarsi sono i vari Gabbiadini, Rugani e compagnia? Credo dipenda dalla concezione che abbiamo dei giocatori. Più o meno inconsciamente li vediamo come superuomini al massimo delle loro forze vitali e delle loro possibilità, controllatissimi dal punto di vista sanitario, iperallenati, superalimentati, e praticamente impermeabili ad ogni insulto e offesa vomitata loro addosso tra stadio e social. Ormai, nel calcio del 2020, i giocatori sono diventati supereroi indistruttibili e inarrestabili, semidei irraggiungibili che vivono in un iperuranio fatato e artefatto. L’associazione mentale che scatta penso sia piuttosto semplice: “Se si ammalano loro, figurarsi io”. 

    Recentemente, documentandomi su questo argomento, ho scoperto alcune cose interessanti. Ad esempio secondo alcuni professionisti del settore gli sportivi di alto livello sono maggiormente a rischio contagio della persona comune in buona salute. Questo a causa della “momentanea depressione immunitaria conseguente a uno sforzo fisico intenso” ma anche perchè il loro habitat naturale, ossia lo spogliatoio con il suo caldo umido ambientale, “favorisce la persistenza delle goccioline di tosse o starnuti nell’aria e nell’ambiente”. Lo dice la direttrice di Microbiologia Clinica, Virologia e Bio-emergenze del Sacco di Milano, mica il sottoscritto che, lo ricordo, ha una conoscenza di batteri limitata ai due bulli seduti sulla panchina che in ‘Esploriamo il Corpo Umano’ servivano per spiegare i virus ai bambini. Si tratta di una considerazione che ho trovato molto interessante.

    In pratica, anche i nostri Superman hanno la loro criptonite. In questo caso, si tratta di esserini microscopici in grado di indebolire i nostri semidei, trasformando i supereroi in semplici Clark Kent da Smallville. Paradossalmente ciò li avvicina a noi, li umanizza, li rende persino più accessibili e, perchè no, simpatici. Empatizzi con loro. Credo ne avrebbero fatto volentieri a meno, ma tanto vale prendere il buono da ogni situazione. Che poi, il paragone con Superman non è del tutto esatto. Perchè? Perchè la vicenda del Covid-19 nel mondo del calcio ha avuto se mai un altro effetto, ossia insegnarci una lezione. 

    La spiegazione la mutuo da Kill Bill volume 2. Nella scena clou, Bill fa questa riflessione a Beatrix. “L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi, è che abbiamo un supereroe e il suo alter ego. Batman è di fatto Bruce Wayne; l’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker. Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker: deve mettersi un costume per diventare l’Uomo Ragno. Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere. Superman non diventa Superman. Superman è nato Superman. Quando Superman si sveglia al mattino è Superman. Il suo alter ego è Clark Kent”.

    Ecco perchè i calciatori non sono dei Superman. Non sono nati così, non hanno dei superpoteri. In realtà, i calciatori sono dei Bruce Wayne. Sono belli, giovani famosi e miliardari, certo, proprio come l’uomo pipistrello, e possono avere qualunque cosa desiderino, ma ogni giorno indossano un costume per fare il loro lavoro, e diventano Batman. Sotto la maschera, però, restano Bruce Wayne, un essere umano con le sue forze, ma anche le relative debolezze. Chissà se, quando tutta questa follia sarà finita e potremo tornare allo stadio, ce lo ricorderemo ancora prima di vomitare loro addosso un “Negro” o un “Devi morire”.

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