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    Sampmania: Di Francesco è l’uomo giusto al momento sbagliato

    Sampmania: Di Francesco è l’uomo giusto al momento sbagliato

    • Lorenzo Montaldo
    La 'vedova di Giampaolo' – parlo di me stesso – continua a piangere. Anche ora che al Milan balbetta, e che mezza Italia lo sfotte. Persino adesso che il mister è diventato la base di un ‘meme’, mentre si asciuga il sudore durante un’intervista. Sono fermamente convinto che al Milan servirebbe prima di tutto una radicale trasformazione a livello societario, poi di organico, prima di poter soppesare con equità il lavoro del tecnico di turno in panchina. Con la situazione attuale, soltanto un allenatore alla Conte avrebbe potuto rivoltare l’ambiente rossonero. Di certo, non un personaggio alla Giampaolo.

    In effetti, la situazione del Milan vista così sembra davvero molto simile alla nostra. Solo che a noi sono servite 6 partite con 5 sconfitte e 14 reti subite per renderci conto che forse forse quell’allenatore tanto vituperato, che ti portava al nono posto in tutta tranquillità ma così ‘noioso e monotono’, non era poi niente male. Penso (ma questa è un’opinione del tutto personale, non ho la riprova e siete liberissimi di smentirmi) che Giampaolo permettesse ai calciatori di rendere un 25% in più di quanto avrebbero fatto con gran parte degli altri tecnici. Anzi, raddoppio il carico. Credo che il mio amato Giampy avesse capito una cosa molto importante. Con calciatori medio-modesti, disperatamente bisognosi di certezze e conferme, la strategia vincente è  la semplicità. Inutile ficcare in testa 200 idee diverse, e 100 movimenti da imparare a memoria. Pochi concetti, sempre quelli e fatti bene: la ricetta è servita. Giampaolo iniziava dal ritiro a martellare e a costruire l’impalcatura della squadra su alcune pietre angolari, e continuava per tutto l’anno. Ripetendo alla nausea uno schema, un piazzamento o un concetto, sbagliare alla domenica diventava piuttosto difficile.  Meno errori = autosuggestione = autostima = punti. L’equazione è (era) semplice.

     Ecco, sono convinto che un Giampaolo quest’anno sarebbe stato oro colato per la Sampdoria. Eppure mi pare ci sia una sorta di accanimento smodato nei confronti di mister Di Francesco. Credo che l’ex tecnico della Roma sia l’uomo giusto, nel posto giusto, ma al momento decisamente sbagliato. Con il senno di poi, alla Samp sarebbe servito come il pane un Gattuso, un allenatore che prima di tutto è un gestore del gruppo, scafato ad ogni sorta di avversità ambientale e capace di isolare il gruppo persino nel bel mezzo dell’Apocalisse. Probabilmente, a cambio societario avvenuto, con Di Francesco spinto dall’entusiasmo e accontentato da un mercato in linea con le richieste, il passaggio dal triennio di monocorde - sigh - tranquillità ad un nuovo ciclo sarebbe risultato quasi indolore. La tempistica però è evidentemente sballata, Di Francesco è arrivato a Genova nel peggior periodo possibile, e uscirne temo che sia particolarmente difficile. Anche vincendo a Verona. Ho paura che un successo abbia la stessa utilità della tachipirina per combattere un’infezione: magari ti abbassa momentaneamente la febbre, ma per uscirne serve l’antibiotico. Altrimenti è solo un tamponare momentaneo.

    Io però non mi sento di scaricare le colpe della crisi della Samp sul mister. Non sono uno di quelli che ha scordato tutte le critiche post mercato, quando Di Francesco veniva dipinto come un martire poichè non era stato accontentato né per quelle che erano le sue esplicite linee guida, né sulle promesse fatte per convincerlo ad accettare la proposta della Samp. Le possibilità sono limitate: o Di Francesco non era una vittima prima, oppure non è il principale e unico colpevole oggi di una squadra evidentemente modesta e di poca personalità. Delle due, l’una. Vi dico di più, vado controcorrente. La mia convinzione è che esonerarlo sarebbe un errore. A prescindere dal risultato. C’è chi legittimamente sottolinea la necessità di dare uno scossone a livello ambientale, e probabilmente è vero, ma ripartire da zero in un momento così delicato, cancellando il lavoro fatto sino ad oggi – che c’è, e si vede – mi spaventa non poco. Specialmente affidandosi ad un catenacciaro, al classico ‘allenatore da salvezza’.

    La strada giusta Di Francesco l’aveva intrapresa cambiando l’assetto della Samp, sistemandola di fatto con cinque difensori (tre centrali e due esterni che in realtà sono terzini). Contro l’Inter sono rimasto colpito in negativo dai tanti moduli adottati in corso d’opera, alla ricerca di una quadra che però ancora non esiste. Cambiare formazione in maniera compulsiva di solito è il primo sintomo di confusione, e l’immagine che tali scelte ci restituiscono è quella di un allenatore spiazzato da una squadra che fatica a capire, e che fatica a mettere in pratica quello che chiede l’uomo seduto in panchina. Sta ai calciatori, a questo punto, non abbandonare il loro mister.  Perchè in fin dei conti sono loro a scendere in campo. Un buon allenatore riesce a farli rendere tutti sino all’80-100% delle loro possibilità, un grande tecnico arriva al 125%. Far pagare Di Francesco per colpe che partono dai vertici societari e scendono giù, fino ai giocatori passando anche per un calendario complicato, sarebbe scorretto. E’ come il tizio che indica la pagliuzza, senza curarsi della trave. Per Difra ci vorrebbe una sliding door, un golletto al 95’ di Bruno Fernandes, tanto per citare un esempio. Lì la storia aveva preso una piega favorevole, auguriamoci che la congiuntura si ripeta a Verona. E incrociamo le dita. 

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