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    Sampmania: così parlò Walter Sabatini

    Sampmania: così parlò Walter Sabatini

    • Lorenzo Montaldo
    Camicia bianca aperta, completo blu notte, aria da duro da film americano. Uno di quelli che un po’ di anni fa interpretava Clint Eastwood, per dire. A completare il look, poi, c’è anche la sigaretta accesa in bocca (ebbene sì, ha fumato anche durante la conferenza stampa di presentazione). Lo aspettavamo tutti, lo attendevamo al varco, e il primo impatto dell’uragano Sabatini sulla Sampdoria non ha tradito le aspettative. Io ho avuto bisogno di prendermi 48 ore per riflettere, per poter commentare le prime parole da eminenza grigia della Sampdoria di Walter Sabatini.

    Mai banale, mai scontato, mai noioso: non si può certo dire che il nuovo responsabile dell’Area Tecnica blucerchiata sia un personaggio stereotipato, di quelli che parlano per frasi fatte. Il primo Sabatini sampdoriano non si è accontentato di due concetti posticci, appiccicati lì con un paio di banalità usate da collante. Quella del dirigente doriano non è stata una conferenza stampa, bensì l’esposizione di un manifesto programmatico ben preciso. Rispettarlo poi sarà un altro paio di maniche, ma l’inizio è sicuramente incoraggiante. E stuzzicante. Ah, piccolo inciso: il protagonista dell’articolo neppure sa della mia esistenza. Non dovrebbe esserci bisogno di specificarlo, ma uno dei passatempi preferiti nei confronti dei giornalisti ultimamente è accusarli di essere ‘pro’ o ‘contro’ questo o quell’altro dirigente. Spesso neppure ci conoscono, figurarsi se ci pagano.

    Ma torniamo a Sabatini. Il fatto che trasudi carisma è decisamente evidente. Legittimo aspettarselo, da uno che è rimasto così tanti anni ai vertici del calcio italiano. Sin dall’inizio dell’incontro con la stampa ha parlato della Sampdoria come della ‘sua utopia’. E ciò è tranquillizzante. Il timore era quello che un dirigente di tale calibro, in arrivo da una realtà mediaticamente superiore come quella dell’Inter, potesse avere poche motivazioni. Dubbio spazzato via in pochi secondi: “Bisogna sfidare le grandi come se fossimo grandi pure noi. La mia utopia calcistica è essere più piccoli ma sentirsi grandi”. Questo perché “se si lavora in un’azienda supponentemente inferiore alle altre, io coltivo l’illusione di essere come il Milan o la Juve”. Anche io credo che gran parte del nocciolo della questione vada ricercato qui. 

    Al di là dei fatturati, del discorso delle plusvalenze e delle tante cessioni, c’è la questione mentale. Quella che spesso abbiamo trattato anche nei Sampmania. I tifosi hanno diritto a sognare in grande. In maniera lucida e razionale, certo, ma sono chiamati a farlo. Gli appassionati hanno il dovere di essere ambiziosi, di non ridursi come freddi ragionieri con calcolatrice e penna, accettando passivamente tutto ciò che gli viene imposto. E’ il calcio stesso che lo chiede, perché in caso contrario la poesia del pallone sparisce. E parlando con tanti tifosi della Samp mi sono accorto che obbligare il pubblico ad un certo tipo di visione sterile alla lunga fa calare il trasporto emotivo. E se diminuisce il trasporto emotivo, anche il contorno perde peso. Sabatini lo spiega meglio di tutti, evidenziando quello che secondo me è un passaggio chiave: “Uno dei motivi del calo di rendimento della scorsa stagione è una sorta di appagamento. Tutte le squadre – ha spiegato il dirigente – hanno il loro target e finiscono per adeguarsi ad esso. I target però non li fanno le squadre o i giocatori ma la critica, i giornalisti. Se ad inizio stagione si stima che la Samp sia da decimo posto, questo può finire per frenare. Non deve succedere, non è legittimo credere al valore che ci attribuiscono gli altri. Bisogna avere l’ambizione di stupire senza paura”.

    I tifosi, insomma, devono fare “Pensieri sublimi”. E l’unico pensiero sublime nel calcio “è l’Europa". Quale Europa? "A Palermo la Champions me l’avete soffiata proprio voi. Ora voglio riprendermela”.  Sbam, Sabatini ha sganciato la bomba. Abbiamo parlato spesso della necessità di alzare l’asticella, e del bisogno di avere in dirigenza una figura in grado di assolvere questo compito. Se questo non è alzare il tiro… Il nuovo responsabile dell’Area Tecnica blucerchiata comunque ha detto tante altre cose importanti: ha definito Giampaolo “il demiurgo” della Sampdoria, lo ha catalogato come uno degli allenatori “migliori in Europa”, tanto da spingersi addirittura oltre: “E’ vicino alla perfezione". E’ un’investitura importante, perché legittima un allenatore non scelto direttamente eppure molto stimato da tempo.

    Sabatini si è soffermato anche sul mercato, e su quelle che possono essere le trattative della Samp, ma il concetto più importante rimane quello del nuovo target a cui questa Sampdoria deve aspirare. Se un personaggio così scafato si espone in tal modo, ci legittima ad ambire a qualcosa di più di un decimo posto. Anzi, ci incentiva a farlo, perché lancia un messaggio chiaro: siamo noi che ci attribuiamo il nostro valore. Non spetta a nessun altro questo compito. Così parlò Walter Sabatini. E come inizio, non è male.

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