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    Sampmania: con la contestazione a Garrone sbagliamo obiettivo

    Sampmania: con la contestazione a Garrone sbagliamo obiettivo

    • Lorenzo Montaldo
    Due piccole premesse. La prima: ci addentriamo nella questione forse più spinosa, controversa e dibattuta tra quelle riguardanti la Sampdoria. Ognuno avrà la sua idea, e non voglio convincere nessuno. Anzi, probabilmente sono io quello che sbaglia, perchè la maggioranza sembra pensarla in maniera diversa. Secondo punto saliente di cui tenere conto: per sviscerare l’argomento servirebbe un libro, io devo condensare tutto in una trentina di righe altrimenti il lettore torna a concentrarsi sugli ingredienti della confezione di cereali mentre fa colazione. 

    Fatto questo doveroso preambolo, partiamo con un tema leggero leggero ed estremamente digeribile, un po’ come le polpette con fonduta di pecorino di mia madre: la contestazione a Edoardo Garrone. La maggioranza di un’assemblea pubblica dei tifosi della Sampdoria, aperta a tutti e quindi estremamente democratica, ha votato per un’immediata protesta nei confronti del numero uno di Erg, riassumibile sotto il sicuramente efficace slogan riferito a Ferrero ‘Tu ce lo hai messo, tu ce lo togli’. Innanzitutto, chiariamo che non si è trattato di ‘follia ultras’, ma di una contestazione molto pacifica. Sicuramente non piacevole da ricevere, questo è scontato, ma assolutamente non sopra le righe. Al netto di tutto ciò, c’è la sostanza della vicenda: ed è una sostanza che non mi trova assolutamente d’accordo.

    Quasi cinque anni fa è andata in scena una delle vicende più incredibili e credo uniche del panorama calcistico italiano: una società di medio-alta Serie A forte, conosciuta e di proprietà di una delle famiglie imprenditoriali di maggior successo nel Belpaese, regalata dal giorno alla notte ad un imprenditore dal dubbio curriculum e dalle discutibili risorse economiche. Lo scrivo perchè è un’ammissione del diretto interessato, che scrollava le tasche al momento della presentazione del 12 giugno 2014. 

    A mio modo di vedere, Garrone quel giorno commise due errori madornali di comunicazione. Il primo fu quello della celebre frase dei ‘filtri’, affermazione che tutt’oggi non ha trovato ancora una spiegazione convincente. “Ferrero mi ha convinto che farà bene. Ha superato tutti i filtri che avevo messo per avere le garanzie che la società sarebbe finita nelle mani giuste. Una volta dissi pubblicamente che se qualcuno di veramente affidabile avesse bussato alla porta lo avrei ascoltato. Ferrero lo ha fatto qualche tempo fa con tutta la discrezione che piace alla mia famiglia”. La domanda è spontanea: perchè dichiarare una  cosa del genere? E’ un autogol clamoroso, e non posso credere che un imprenditore come Garrone non ci abbia pensato.  L’ex presidente però si è dato la zappa sui piedi un’altra volta. Forse per troppa signorilità, forse perchè impossibilitato a farlo, non ha mai sottolineato a dovere quante e quali pressioni avesse ricevuto dalla famiglia per cedere la Samp. Ad oggi, non lo sappiamo ancora. 

    Legittimo quindi che una parte dei tifosi possa chiedere conto a Garrone di un’uscita del genere. Ritengo però interessante soffermarsi su questo spunto di riflessione: perchè Edoardo Garrone, dopo cinque anni, non si è defilato dal mondo mediatico e della Sampdoria? Volendo avrebbe potuto farlo in due minuti. Eppure a distanza di anni siamo ancora qui, ad ascoltare le sue dichiarazioni come se fossero scolpite nella roccia. Siate sinceri, sino a pochi giorni fa le sue affermazioni tutti (o quasi) le prendevamo come oro colato. Attribuendogli anzi più valore rispetto a quelle del presidente in carica. E lasciamo perdere le leggende metropolitane sul suo ruolo effettivo nella Samp.

    Sino ad ora però non ho ancora spiegato come mai non concordo con la contestazione nei suoi confronti. Lasciamo perdere i motivi di ‘cuore’ (credo che lui, per quanto diffiicle per un imprenditore nella sua carica, sia realmente un tifoso), e facciamone una questione meramente  legata al becero opportunismo. Garrone rappresenta la nostra assicurazione sulla vita, credo che su questo aspetto ci siano pochi dubbi. Di per sé, lo reputo un un motivo più che sufficiente per non ‘stuzzicarlo’. Ho poi come il sospetto che probabilmente il suo lavoro di mediazione tra Ferrero e il gruppo Vialli fosse sì legato ad interessi economici (non credo che il prestito di 20 milioni fosse esente da interessi e vincoli) ma dettato pure dalla sensazione di poter finalmente lavare quelle due ‘frasi infelici’ – diciamo così – di 5 anni fa. 

    C’è poi anche un altro particolare, legato alla parola ‘riconoscenza’. E’ un termine poco applicabile al calcio di oggi, sono d’accordo, ma nessuno mi leverà dalla testa che la famiglia Garrone abbia salvato la Sampdoria due volte, portandola tra l’altro a vivere l’era migliore della sua storia dopo l’inarrivabile epopea Mantovani. Lo dicono i numeri, non io. Ed è vero che a Edoardo Garrone dobbiamo la tremenda notte della B, ma se attribuiamo a lui le colpe del giorno più buio, ugualmente gli spettano anche i meriti per l’ultimo, vero momento esaltante di sport degli ultimi anni, ossia la serata di Varese.

    Non voglio dire che Garrone sia l’essere umano perfetto, sia chiaro: ha commesso errori, come tutti. Ma se devo dare la mia interpretazione della figura di Edoardo, prendo in prestito la definizione che un ottimo collega (Matteo Rovere) mi ha dato l’altra sera in una trasmissione a cui partecipavamo entrambi. Garrone è un uomo solo. E, aggiungo io, Garrone è solo un uomo. Solo contro la contestazione, solo contro chi lo contesta, lasciato solo anche da chi a suo tempo lo aveva supportato nell’ambito della cessione. E’ solo persino contro la sua famiglia. E vedere Vialli prendere le sue difese, me lo ha confermato. 

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