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    Sampmania: come quelli che scrivono ai rapper su Instagram

    Sampmania: come quelli che scrivono ai rapper su Instagram

    • Lorenzo Montaldo
    Io sono innamorato di Claudio Ranieri. Lo ero già anni fa, prima dell’esperienza al Leicester. So che sembro uno di quelli che scrivono su Instagram ai rapper ‘sei un grande, ti seguo da quando spaccavi nei locali’, ma è proprio così. L’ho sempre considerato per modi e stile un perfetto allenatore ‘da Sampdoria’, uno di quelli che, gira che ti rigira, alla fine a Bogliasco ci arrivano davvero. Ranieri è un signore, elegante eppure scanzonato, caratterizzato dall’ironia velata ma mai caciarona tanto gradita ai tifosi blucerchiati. Sembra uno di quei nonni - non se la prenda, mister, è in senso affettuoso - ancora giovanili e divertenti. Insomma, tutto bellissimo. 

    Anche dal versante più tecnico, Ranieri non mi dispiace affatto. Analizzare le sue statistiche, in una carriera che è cominciata al Cagliari quando c’era ancora Pulga e in Serie A la Sampdoria spadroneggiava con Mancini e - sigh - Vialli, ha poco senso, perchè c’è di tutto. Ci trovi campionati esaltanti, con una media di oltre 2 punti a partita (Chelsea nel 2003-2004, Roma l’anno dello scudetto sfiorato, il biennio al Monaco e il capolavoro di Leicester) e avventure decisamente più sfortunate. La peggiore in termini statistici è quella al Fulham, iniziata lo scorso novembre e conclusasi a febbraio dopo 16 partite, 3 vittorie 3 pareggi e 10 sconfitte, media punti 0.75 a partita, seguita a ruota dalla seconda Premier con il Leicester (25 panchine, 5 successi 6 ‘X’ e 21 k.o., media 0.84). A bilancio, però, sono decisamente maggiori i successi che le parentesi da dimenticare. 

    Tutto questo per spiegare che il buon Claudio ha un profilo che apprezzo. Peccato che sia arrivato soltanto martedì, potendo contare su cinque giorni di prove con la squadra. Mi sarei sentito decisamente più tranquillo se avesse lavorato due settimane per preparare Samp-Roma. Con altrettanta onestà devo ammettere che Ranieri era il terzo nella scala di preferenze tra gli allenatori che mi sarebbe piaciuto vedere sulla panchina della Samp. Il primo era Giampaolo - ma non si poteva, mi manchi Giampy - mentre se avessi potuto pescare liberamente dal mazzo dei candidati plausibili lo avrei scelto subito dopo Gattuso, il mio preferito tra i tecnici trattati dal Doria. Tutto sommato poi però ripenso al fatto che abbiamo anche corso il rischio di un Cavasin 2.0, e mi dico che è andata di lusso così.

    Per Ranieri ho già sentito mille definizioni diverse. Quella che trovo più insopportabile di tutte, però, è ‘normalizzatore’. Il termine se lo tira dietro da anni, e ancora adesso non ne capisco il senso. Non esiste nessuno al mondo che non voglia essere eccezionale, unico e speciale. Figurarsi uno che allena in Serie A, e che ha vinto lo scudetto con il Leicester. Men che meno ‘normalizzare’ significa collocare ogni calciatore nel ruolo ritenuto più congeniale alle sue caratteristiche. Al limite, quello è buonsenso.

    Se per ‘normalizzatore’ invece intendiamo ‘uno che mette ordine’ allora sì, è tutto un altro paio di maniche. Nei giorni scorsi a Genova si è scatenata la caccia all’assetto tattico di Ranieri: 4-4-2 e passa la paura, quindi? Non è detto. “Sceglierò undici persone che hanno voglia di lottare. Modulo e sistema sono figli del campo, l’importante è avere calciatori che si impegnano alla morte per aiutare i compagni e far sì che i tifosi siano orgogliosi di loro” ha detto presentandosi al suo nuovo pubblico il mister. Ha centrato perfettamente il punto. “Come determinazione non ci deve battere nessuno. Darò il massimo alla squadra e chi mi darà il massimo giocherà, gli altri dovranno aspettare” ha aggiunto poi. Il compito più difficile però sarà rendere respirabile l’aria inquinata che avvolge il Mugnaini, resa irrespirabile dagli strascichi della vicenda relativa alla cessione della società e dalle sparate di Ferrero tra 'amo il Palermo', 'amo la Roma', 'cazzo di città' e chi più ne ha più ne metta. Per un compito del genere non serve un 'normalizzatore', se mai c’è bisogno di un’impresa. Buona fortuna, mister.

    P.S. Adesso non vale più dire ‘il mio preferito era Ranieri’. Vi vedo, voi là dietro, che commentavate dicendo "mi piacerebbe Oronzo Canà". Dai, dite la verità. Non fate come quelli che scrivono ai rapper su Instagram.

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