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Sampmania: come gli struzzi
Il mosaico di cui il 13 rosso - non è un civico - rappresenta soltanto una tessera è molto più complesso. Citiamo soltanto alcune delle sue variegate componenti. Sul campo una squadra sedicesima in classifica, in evidente difficoltà tecnica e fisica prima della sosta, composta da giocatori poco attraenti sul mercato, costretti a lottare per il mantenimento della categoria. Dietro alle scrivanie una società senza impianto di proprietà ma anzi, con la magagna del Ferraris da ristrutturare e rendere agibile, e un centro sportivo che è un cantiere (fermo) a cielo aperto. Un bilancio in perdita, giunto al termine di sei anni di tagli e compravendita forsennata di giocatori. Un presidente obbligato a fronteggiare due diverse istanze di fallimento per sue attività imprenditoriali, impossibilitato peraltro a ripianare eventuali disavanzi con risorse proprie. Un proprietario impegnato sul fronte del possibile rinvio a giudizio su cui, non va dimenticato, tra meno di un mese dovrà esprimersi il Tribunale di Roma per distrazione fondi, riciclaggio e fatture false ai danni della sua stessa squadra. All’orizzonte, poi, ci sono un decremento degli incassi provenienti da diritti tv e botteghino (il merchandising nemmeno lo nominiamo), e la svalutazione post Covid delle quotazioni dei cartellini dei calciatori. Attenzione: tutte quelle citate sino a questo punto non sono opinioni, sono dati oggettivi, messi nero su bianco da atti formali. E sono la logica conseguenza dell’utopistica convinzione che si possa fare calcio senza risorse, solo con ‘la fantasia’, per citare la Sampdoria stessa. Sui dati non è ammesso il dibattito, vanno soltanto constatati. Questo giusto per prevenire le insinuazioni sulla ‘stampa locale avversa’, sulla ‘negatività dei soliti personaggi’ o, come mi sono sentito dire spesso, sul mio presunto ‘catastrofismo’. Pensate, nella vita di tutti i giorni io sono pure un inguaribile ottimista.
Sapete qual è la cosa peggiore? E’ che non sono minimamente compiaciuto di notare come ciò che scrivo da oltre un anno si sia avverato, nonostante le botte di menagramo dei più agguerriti ‘struzzi’. Anzi, ne sono profondamente avvilito. Non starò qua a ricordarvi che, per una piccola ma agguerrita fetta dell’establishment, la cordata di due miliardari guidata da Luca Vialli rappresentava il male assoluto. La possibilità di una nuova proprietà veniva descritta come una sorta di armata Brancaleone, composta da personaggi loschi e incapaci persino di tirare fuori ‘due spicci’ per confezionare un secondo, gigantesco regalo nei confronti dell’uomo probabilmente più fortunato dell’intero panorama calcistico. Non vi chiederò di cosa staremmo parlando oggi, se Ferrero avesse accettato una proposta nel miglior momento possibile per vendere, invece che tentare l’all-in sul colore sbagliato. Il Viperetta in questo senso mi ricorda terribilmente quei poveri diavoli che prima del 2008 hanno rifiutato offerte corpose per i loro immobili. Piuttosto, preferisco porvi una semplice domanda: quanto vale oggi la Sampdoria, rispetto all’estate 2019?
Dei miei studi classici ricordo veramente poco. Però in chiusura vi beccate un bel pippotto pseudo-filosofico. Una frase mi è rimasta bella ancorata nella mente dagli approfondimenti sugli autori fatti al Liceo Mazzini. E’ un estratto da Nietzsche, e recita così: “Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te”. E’ una sentenza magneticamente affascinante, che si offre decine di interpretazioni. Traslare al calcio un pensiero così profondo lo reputo quasi uno spreco, ma nella sua accezione più superficiale fornisce uno spunto interessante di riflessione.
Ritengo che la Sampdoria sia attualmente sull’orlo dell’abisso. Mi riferisco all’abisso in senso metafisico, come una crepa nel terreno buia e senza fondo. Ecco, noi in quella spaccatura ci stiamo realmente guardando dentro. E’ una voragine fatta di annullamento dell’identità, di depersonalizzazione e di fratture interne apparentemente insanabili. Si tratta, temo, di fare una scelta. Si può continuare a tenere il collo appoggiato al terreno, autoconvincendosi che tutto andrà per il meglio, oppure si può alzare la testa e fissare dritto lo sprofondo. Forse, e dico forse, soltanto così l’abisso, restituendo lo sguardo, non si vedrà riflesso. Anche se temo che ormai sia troppo tardi.
@lorenzomontaldo
@MontaldoLorenzo