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    Giampaolo: 'San Siro, Milan e Inter sono il calcio italiano; se capirò di non poter più migliorare...'

    Giampaolo: 'San Siro, Milan e Inter sono il calcio italiano; se capirò di non poter più migliorare...'

    • Lorenzo Montaldo
    Con Marco Giampaolo si parla di stadi. Reali, intesi come strutture adatte ad ospitare il calcio, ma anche figurati, intesi come condizione emotiva e mentale. Una situazione che per la sua Sampdoria è decisamente favorevole, almeno in questo momento. "Il mio primo stadio è stato il campetto rionale di Giulianova. Poi per me c'è stato un solo stadio di calcio, San Siro" ha raccontato il tecnico blucerchiato a Il Secolo XIX. "Ho avuto la fortuna di vincere a San Siro. L'ho fatto anche due volte nella stessa stagione, con la Sampdoria. E vi garantisco che è un'emozione unica. La 'scala del calcio'. Il tempio. Ti trasmette una sensazione straordinaria che non avevo mai provato. Perciò non sono d'accordo se qualcuno mi dice 'vai a San Siro a giocartela intanto non hai niente da perdere'. Perché la mia squadra deve vivere ogni partita con la consapevolezza di potercela fare, con l'ambizione di poter fare il risultato. In fondo poi quelle di San Siro sono partite che hanno un fascino particolare, che ti sollecitano un altro livello di attenzione, che ti danno una visibilità diversa. Questo vale per un allenatore, ma anche per i giocatori. Soprattutto per gli stranieri, la prima volta che scendono in campo a San Siro restano quasi impietriti, intimiditi". 

    Giampaolo in carriera ha visto tanti stadi. Al Meazza gli spogliatoi sono "Piccoli, un buco. Ci si tocca con i gomiti". Mentre quelli dello Stadium sono "grandi, dispersivi. Appositamente dispersivi". Ma in passato ha calcato anche campi meno prestigiosi, come ad esempio quello di Torre del Greco, "In discesa". Non indimenticabile il Camp Nou ("Non mi ha entusiasmato"). Il sogno è scendere in campo alla Bombonera di Buenos Aires, che il tecnico doriano definisce "Una pagina di letteratura". Anche se poi Giampaolo afferma di essere rimasto legato solo a quelli delle squadre che ha allenato, "Dal Del Duca di Ascoli, a quello di Catania. Al Ferraris, anche se il rapporto è nato male. Lì - spiega il mister blucerchiato - sono retrocesso con l'Adria nel mio unico campionato di B. Non mi sono mai ripreso, di testa ho smesso proprio quel giorno di essere calciatore".

    Si passa poi all'attualità, e ad altri tipi di 'stadio': "A che stadio è questo Sampdoria? Non lo so. Però, so che cos'è. Una squadra seria. Significa che si allena e gioca con serietà. Che ha comportamenti maturi. Però il lavoro non è finito, in 3 anni ho costruito e superato tanti step. E me ne pongo di nuovi ogni giorno. Anche guardando altre partite. Gli step sono nella mia testa, se aprite la calotta li trovate lì, nel cervello. Lavoro 12 ore al giorno e lo stesso fanno i miei collaboratori, perché in meno tempo non si riesce a costruire niente di serio. Nelle mie squadre, in questa Sampdoria, si deve respirare l'ordine, la puntigliosità. Non si possono saltare step di organizzazione. Così anche i nuovi calciatori che arrivano devono capire subito dove sono capitati. E se non gli va bene possono cambiare squadra. Io i giocatori li annuso subito, soprattutto comprendo subito al loro livello di attitudine al lavoro. Anticipo la domanda, ma nei due anni scorsi come funzionava? È una goccia cinese che continua a cadere dal primo giorno che sono alla Samp. Goccia dopo goccia, giorno dopo giorno. E se e quando capirò che non ci sono più i margini per migliorare, dovrò prendere una decisione. A meno che la società non abbia deciso per me e mi abbia già esonerato prima... "

    Ora però il primo obiettivo è battere il Milan: "Violare San Siro è un risultato che brilla, luminoso. Perché poi il calcio italiano è il Milan, è l'Inter. Per La Samp sarà l'ennesima prova. Perché per giocare in stadi come San Siro, devi avere il carattere e il vissuto per sostenere certe pulsioni. Il nostro pubblico ci ha fatto vincere tante partite. Ma per coinvolgerlo, dobbiamo sempre tenerlo dalla nostra parte. Attraverso il gioco, il carattere, la determinazione, l'orgoglio, il senso di appartenenza. Anche in trasferta, anche a San Siro".

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