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    Salernitanamania: gli effetti della multiproprietà, le colpe sono da dividere

    Salernitanamania: gli effetti della multiproprietà, le colpe sono da dividere

    • Oreste Tretola
    Ancora sei giorni e si saprà il futuro della Salernitana. Entro venerdì prossimo si dovrà avere un’offerta accettata per far scattare la proroga di 45 giorni. In corsa la cordata Cerruti, uno studio legale di Roma e il gruppo svizzero di costruzioni Implenia. C’è, infine, la possibile scialuppa di salvataggio rappresentata dall’avvocato Michele Tedesco e dal notaio Roberto Orlando: i due professionisti salernitani formulerebbero una proposta in extremis per evitare il peggio.

    Una situazione praticamente disperata che tutti avrebbero scongiurato, ma alla quale si è arrivati per colpe attribuibili a più parti. In particolare alla Federazione e ai due co patron. Il peccato originale della FIGC è stato commesso nove anni fa. Dopo il fallimento della Salernitana Calcio 1919 di Antonio Lombardi, Lotito e Mezzaroma rilanciarono il calcio a Salerno ripartendo dalla Serie D. All’epoca la multiproprietà (essendo Lotito già presidente della Lazio) era vietata nei campionati professionistici, ma dopo la promozione dell’allora Salerno Calcio in C2 fu concessa la deroga per permettere ai due proprietari di tenere la Salernitana almeno fino alla Serie B. La multiproprietà sarebbe stata vietata solo nel momento in cui Salernitana e Lazio si sarebbero trovate nel medesimo campionato. L’articolo 16 bis delle Noif non permetteva neanche a Marco Mezzaroma (cognato di Lotito) di tenere la Salernitana, essendoci un limite di parentela fino al quarto grado. E qui entrano in gioco i due comproprietari. Una volta raggiunta la serie cadetta, come accaduto nel 2015/16, sia Lotito che Mezzaroma si sarebbero dovuti preoccupare di trovare un “salvagente” in caso di promozione del cavalluccio in Serie A. Cosa che hanno fatto soltanto nel maggio scorso, dopo l’ufficiale promozione in A della Salernitana. A distanza di sette mesi ci si ritrova però con una società che rischia di sparire (ancora una volta) dal calcio che conta. Una situazione gestita male anche dalla Federcalcio che, dopo la deroga, ha deciso di concedere alla Salernitana l’iscrizione al campionato lo scorso luglio dopo l’ok al trust, nonostante la norma prevedesse un tempo di 30 giorni per cedere la società dopo il raggiungimento della massima serie. Gravina non ha immaginato (ma era facile farlo) che a fine anno ci si sarebbe ritrovati con una società ancora invenduta. E adesso lanciare ultimatum sulla cessione risulta abbastanza anacronistico.

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