Calciomercato.com

  • Getty Images
    Sabatini: Pirlo e il mistero di un'amichevole 'fantasma'

    Sabatini: Pirlo e il mistero di un'amichevole 'fantasma'

    Aveva diciassette anni. 17, scritto anche in numeri, per intendersi meglio. Era del Brescia. Fece un provino con l’Inter a campionato in corso. Stagione 1996/97. Non un provino qualsiasi: addirittura un’amichevole internazionale, con il Psv Eindhoven, di un mercoledì dedicato alle nazionali. Ma scrivere “addirittura” è sinceramente esagerato. Senza nazionali sparpagliati per il mondo, sembrava solo una scocciatura di metà settimana. Infatti c’erano zero tv e forse un solo giornale al seguito (la Gazzetta dello Sport). E aggregato alla squadra, da mimetizzare con altri giovani della Primavera, un ragazzino taciturno. Un certo Pirlo. Andrea Pirlo: boh…

    Al Brescia l’aveva chiesto Mazzola, direttore sportivo dell’epoca all’Inter: provino e poi si vedrà. Non era la prassi, anzi. Forse non si poteva. Comunque un’eccezione, che verrà dimenticata dalla storia. Infatti nessuno ricorda quel provino in cui l’uomo che oggi intimorisce con la barba, aveva appena un po’ di peluria sul volto. Un’amichevole scomparsa dalla storia e dagli archivi. E’ una partita fantasma che si tramanda con i racconti. Pirlo entrò in campo verso mezz’ora dalla fine. Il primo pallone glielo passarono in una situazione complicata: limite dell’area, in difesa. Stop, finta sull’avversario in pressing e passaggio “no look” a un compagno smarcato. Aveva diciassette anni…

    Era tutto scritto, anzi no. L’Inter acquistò poi Pirlo giovanissimo. In estate l’allenatore Simoni disse che era il “nuovo Rivera”, ma si sa poi come andò a finire. Qualche anno dopo, finì al Milan in uno di quegli scambi a base di plusvalenze che andavano tanto di moda perché abbellivano i bilanci societari. In rossonero stava per essere liquidato: raddrizzò la carriera chiedendo lui ad Ancelotti di cambiare ruolo. Poi la Juve perché al Milan erano convinti che fosse finito e che non valesse il prezzo dell’ingaggio (obiettivamente elevato). Juve, Juve, Juve: tre campionati e tre stelle. E adesso sembrava un’altra volta finito. Ammettiamolo: le ultime prestazioni erano state da “6 di stima”, come si scriveva una volta nelle pagelle. Invece il file va riaperto e corretto: il gol all’Atalanta è una “maledetta” in movimento, aggiornamento della sua specialità su punizione. Andrea Pirlo non finisce mai, finiscono semmai i superlativi.

    A proposito di superlativi, una volta un vicepresidente dell’Inter (non faccio il nome per rispetto dell’età) nel corridoio dello spogliatoio aspettò i giocatori. Li voleva incoraggiare prima di una partita. Per ognuno un superlativo. Passa Pagliuca: “vai Pagliucone!”. Poi Fabio Galante: “forza Fabione!”. Ecco lo zio Bergomi: “Super Zione!”. E Pirlo? “Grande… Pirlone!”. Eh sì, ridono soprattutto i milanesi, ma non è una barzelletta. E’ successo. Giuro. Incredibile ma vero, come tante storie della carriera di Andrea Pirlo. Grande e basta.
     
    Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)
    Web: sandrosabatini.com  -  Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

    Altre Notizie