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    Sabatini: Mancini oscura Mourinho

    Sabatini: Mancini oscura Mourinho

    Non è più immacolato neanche Josè Mourinho. Basta una “googlata” al mattino, per scoprire che le prese in giro stanno prendendo il sopravvento sul Mito. E’ la dura legge del web, del gol e dello sport. Dicevano gli allenatori di una volta: “Se vinci sei un campione, se perdi diventi un coglione”. In tempi passati, attenti al turpiloquio, pure quello blando, si usava pronunciare e mettere i puntini sulle parolacce. C’erano pudore e imbarazzo, anche nel pronunciarsi con frasi ad effetto. Proprio Mourinho ha contribuito a cambiare le abitudini. Dal famoso “I am the Special One” con il quale si presentò la prima volta al Chelsea, all’altrettanto celebre “Io non sono pirla” esibito il primo giorno di Inter. Ecco la sua strategia dialettica: una frase da consegnare alla cronaca, per intitolare un nuovo capitolo di storia. Geniale e furbo. I giocatori lo adoravano. Li convinceva a botte di messaggi. Raffica di sms, come fosse l’acronimo di Short Mourinho Signal. Nel suo momento d’oro, non c’erano ancora Whatsapp né le chat. Oggi sì. E visti i nemici che si sta creando tra i giocatori più famosi, oggi si può maliziosamente immaginare qualche gruppo creato da CR7 al Real Madrid o Diego Costa al Chelsea.

    Brutto segno quando su un personaggio si inizia a parlare e scrivere al passato. Significa che è passato di moda. E che oggi di speciale non c’è più lui, ma una domenica che consente agli interisti finalmente di non piagnucolare per “Josè”, come lo chiamavano con affetto smisurato. 5 dicembre 2015: il Chelsea perde con il Bournemouth e precipita, l’Inter batte il Genoa e vola capolista. La data diventa storica: Mancio è tornato e Mourinho è passato, il popolo non lo rimpiange più. Umore dei tifosi e poi motivazioni tattiche. Qui ci starebbe bene un esame approfondito del suo “calcinho”, che non funziona più come una volta. La spiegazione è sbrigativa. Il suo è sempre stato un calcio furbo e smaliziato. Di puro opportunismo e di apparente controsenso. Il “calcinho” è umilmente presuntuoso, controsenso che significa urlare al mondo “siamo più forti” ma sottovoce impostare ogni partita con un’ accorta “prudenza dei deboli”. Con tanta bravura e un po’ di fortuna, gli è andata bene fino al Real Madrid. Ha allenato squadre fortissime, le migliori dei propri campionati. Ma dal 2010 in poi, ha smesso di vincere sempre. Anzi. Ha vinto il minimo indispensabile. Quindi, non abbastanza per farsi rimpiangere.

    Ecco, la novità è proprio questa. Per la prima volta, Mourinho non viene rimpianto dai suoi ex tifosi. All’Inter hanno Mancini, al Real sospirano con nostalgia per Ancelotti, al Chelsea la Champions la portò un certo Di Matteo… Così cambia la storia, per l’uomo che faceva la pubblicità dell’American Express e quando usciva di casa senza ombrello, miracolosamente smetteva di piovere. Un mago. Così vuole apparire anche nello spot della Sambuca Molinari, in cui è voce narrante. Con tono inconfondibile, dice: “Vuoi essere più carismatico di tutti? Lavora su te stesso e prima o poi ci riuscirai”. Mica facile, però proviamoci. Poi prosegue: “Vuoi essere il più preparato di tutti? Studia tutti i giorni e prima o poi ci riuscirai”. Ok, in teoria, è proprio così. Poi conclude: “Vuoi essere il più vincente di tutti? Siediti e rilassati: il primo posto è già preso”. Ecco: mica vero! Mourinho seduto non ci sta e rilassato nemmeno. Il primo posto è lontano: in Premier League, in Champions League e nella classifica degli allenatori più bravi.

    Adesso il destino, sotto forma di calendario, si diverte a rendere tutto più drammatico. In Europa, il cammino dipende dalla partita con il Porto, sua prima grande squadra. In Inghilterra, il prossimo turno offre la sfida con il Leicester capolista di Ranieri, che proprio Mou aveva tentato (quasi riuscendoci) di mandare in pensione anticipata definendolo “vecchietto”. Sarà una settimana ad altissima tensione. Da vivere con l’emozione di chi può assistere, in diretta, a un fatto storico: la fine del mito. Pochi hanno il coraggio di dirlo e perfino pensarlo. Tantomeno di scriverlo. Solo il web si prende questa libertà, spalleggiata dall’ironia. La verità è che sta finendo l’era di un personaggio mitico, un allenatore che ha fatto la storia di tutti gli allenatori. Forse è superato, chissà se in spogliatoio viene ancora ascoltato, gli avversari l’hanno capito. O magari sta pagando in soluzione unica tutto il conto lasciato in sospeso con piccole puntate di fortuna. Sarà la storia a raccontare con distacco e moderazione questi appunti di cronaca. Ma va detto e scritto, anche se fa impressione leggerlo: Mourinho è finito.

     
    Sandro Sabatini (giornalista Mediaset Premium Sport)

    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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