Sabatini: Juve e Milan su Conte, Allegri e Mihajlovic sulla panchina elettrica
Berlusconi va a salutare l’Atalanta pronunciando una frase che è un complimento per gli avversari e una coltellata per sé: “Sembravate il Milan di Sacchi”. Cioè: non un Milan qualunque, bensì quella che viene ancora ricordata come la squadra più bella del Secolo scorso. Peraltro non è lontanissima l’ultima volta che l’ex Premier aveva confessato la stessa ammirazione: è storia di qualche mese fa, Milan-Empoli, la domenica dell’innamoramento per Sarri. Batticuore di pochi giorni, perché poi si scoprì che il tecnico empolese portava la barba di due giorni, preferiva una tuta sbrindellata all’abito su misura e fumava un paio di pacchetti di sigarette al giorno. Tre vizi in un colpo solo: insopportabili per Berlusconi. Quando Galliani portò tre candidature (Mihajlovic, Unai Emery e Sarri appunto), ad Arcore si andò per esclusione. Lo straniero no. Il tosco-napoletano nemmeno. Restava Sinisa che – va detto – ha avuto un trattamento di calciomercato in passato riservato solo a Capello nel Milan degli anni d’oro. Ottanta milioni e carta bianca: roba che i suoi predecessori si sarebbero incatenati al cancello di Villa San Martino, pur di strappare anche la metà di quel budget. Mihajlovic li ha spesi bene ma non benissimo. Qualcosa ha corretto in corsa (Rodrigo Ely titolare…), qualcos’altro ha abbozzato (De Jong e Mexes), qualcosa ha inventato (Donnarumma e Calabria) o re-inventato (Cerci). Insomma, seppure tra clamorosi autogol di comunicazione e comportamento, qualcosa ha fatto. Ma senza terzo posto, non basterà. Come è giusto che sia?
Una domanda tira l’altra: se la Juve non arriverà almeno terza, di chi sarà la colpa? Marotta non l’ha detto esplicitamente, ma l’ha fatto capire: Allegri. Che sarebbe anche normale, in fondo. Ma ha sorpreso la tempistica: dopo due vittorie consecutive, nessuno alla Juve sentiva il bisogno di quest’uscita. O forse sì, perché dalla nazionale sono arrivate anche le parole dei Bonucci paladini di Conte. Se non fosse che Marotta quest’anno s’è concesso qualche distrazione e auto-distruzione di troppo (leggendario “Hernanes non è un campione”), sembrerebbe una comunicazione studiata. La Juventus dà incoraggianti segni di risveglio, ma la sosta del campionato non deve servire per risollevare la figura dell’allenatore. Strategia. Perché a fine anno si cambia. C’è Conte che dà segni e segnali di nostalgia. E la stagione in corso, se alla fine negativa, verrà salvata con nome “colpa_di_Allegri”. Come è giusto che sia?
Milan e Juve sono unite dall’identica domanda e dallo stesso allenatore nel mirino. Perché proprio nei giorni in cui rimprovera Insigne e Berardi per aver pensato ai propri club, Antonio Conte fa trapelare il suo addio azzurro a fine Europei. Questione di voglia e abitudini, adrenalina e quotidianità, progetti e rivincite. Tutto legittimo e professionale, per un grande allenatore qual è. Ma se lo spazio critico non è già occupato dagli adulatori che schiacciano sui tasti dei pc e sul pulsante dell’applausometro, a Conte si può fare anche un appunto. Un ct che chiede ai giocatori di indossare la maglia azzurra come una seconda pelle, metterà la nazionale in secondo piano per tornare ad allenare una squadra di club. Chiamiamola “contraddizione”: come è giusto che sia.
Sandro Sabatini (giornalista Mediaset Premium)
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