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     Sabatini: basta ipocrisie e bugie, per il Milan c’è un’altra verità

    Sabatini: basta ipocrisie e bugie, per il Milan c’è un’altra verità

    “Si nasce incendiari, si muore pompieri”: qualche tempo fa me lo raccontava – e me lo raccomandava - anche Mario Sconcerti. Che ha guizzi giornalistici di talento limpido e senza età. In più, è colto e saggio. Due qualità indiscutibili, che però a volte ama mettere in discussione. Per esempio l’altro giorno sul “Corrierone”, quando ha candidato Del Piero ct, per la successione a Conte. E va bene tutto, ma Del Piero no. Per mille motivi. Il primo: non è un allenatore. L’ultimo: è un’icona di se stesso, non del calcio italiano. E poi ha sempre portato sulle spalle il numero 10, che è la targa del talento personalizzato, non collettivo. Con il 10 come codice genetico, si pensa sempre a se stessi e non si diventa mai allenatori. Una delle rare eccezioni è Mancini, che però gia trent’anni fa alla Sampdoria faceva anche l’allenatore e il presidente. Scusate il gioco di parole: mentre giocava, si allenava ad allenare. Si sapeva come e dove sarebbe arrivato, il Mancio. Di tutti si sa qual è la traiettoria giusta.

    Questa lunga premessa, attorcigliata come un dribbling insistito, serve per arrivare all’ipocrisia che negli ultimi tempi accompagna il Milan in generale e Mihajlovic in particolare. Perché è ipocrita fingere di scoprire cose inedite, quando non c’è nulla di nuovo ed era tutto facilmente prevedibile. Giorno per giorno e punto per punto. Facciamone 10, come i punti in classifica.

    1. Berlusconi si lamenta. Quando i risultati non arrivano, è normale: per qualsiasi presidente. Non lamentarsi, sarebbe menefreghismo puro.

    2. Mihajlovic dice che fa lui la formazione. E anche questo è normale. Perché potrà anche non piacere, ma è comunque un allenatore che ha fatto tanta gavetta, oltrechè un uomo di tantissima personalità.

    3. Galliani ha sbagliato il mercato. Vero, in parte. Ma è comunque il colmo rimproverarlo d’aver speso troppo, dopo anni in cui gli è stato detto spendeva poco. Troppi milioni per Romagnoli (25) e Bertolacci (20): giusto, ma li voleva Mihajlovic a tutti i costi. Infatti sono arrivati “a tutti i costi”.

    4. Colpa di Montolivo. Questo è uno dei casi più clamorosi. Tutti i caproni della social-critica danno addosso a lui. Fa figo scriver male di Montolivo, e il gregge dei commenti segue la moda. Per conquistare un like o un retweet in più, durante le partite si scatena un’orgia di battute al primo passaggio imperfetto. Sul web, tra Hernanes e Montolivo, a fine agosto i tifosi juventini preferivano il brasiliano. No comment...

    5. Bonaventura in nazionale. Pochi lo hanno detto, pochissimi hanno criticato, nessuno s’è indignato: non era tra i 27 convocati iniziali di Conte. Poi è stato chiamato per le defezioni di Berardi e Insigne. E va bene che questo ct è intoccabile per definizione, ma occorre un avviso ai naviganti azzurri: se Bonaventura non sarà fra i 23 di Euro 2016, la nazionale perderà l’opportunità di avere l’unico jolly centrocampo-attacco del calcio italiano. Unico per utilità e disponibilità. E con un talentino per nulla da disprezzare.

    6. Balotelli. Scusate, se oso violare la privacy ma… Che cos’ha Mario? Da tre settimane ciondola, lui e i suoi ciondoli dorati al collo, per i viottoli di Milanello. Un po’ appare, un po’ scompare: sembra il prestigiatore di se stesso. Cambia cresta ma non cambia marcia. E nessuno che dica: Mario Balotelli ha l’infortunio X, rientrerà tra X giorni. Però attenzione, perché senza chiarezza si rovina ancora di più (se possibile) un giocatore già abbastanza rovinato di suo.

    7. Diego Lopez, che succede? Dopo aver visto e rivisto un altro gol preso sul proprio palo, non si capisce cosa gli stia accadendo. Ma sicuramente Pepe Reina è meglio. E forse anche Abbiati.

    8. Berlusconi vuole più tattica. Come dire: tornate al punto 1, senza passare dal via. Premesso che non esiste, nel calcio italiano e mondiale, un “capo” che non si informi su tutto e di più, l’ipocrisia sta nella contrapposizione maliziosa tra presidente e allenatore. Più applicazione tattica: certo, e che male c’è? Anche perché Berlusconi sogna Guardiola da una vita: questa, semmai, è la verità.

    9 e 10 sono i numeri di maglia che avevano Inzaghi e Seedorf. Due ex giocatori che Berlusconi ha cercato di inventare allenatori. Esperimenti falliti, con rimpianti assortiti sia tecnici sia umani. Mihajlovic è diverso, Sarri lo sarebbe stato di più. Ma Higuain centravanti sarebbe stato ancora – molto - di più.

    Perché si nasce incendiari e si muore pompieri, come insegna il caro Mario Sconcerti, ma ogni tanto ci vuole un po’ di benzina sul fuoco: se la squadra è forte, l’allenatore conta il giusto. E Ancelotti - qui lo dico e qui non lo nego - ha vinto perfino poco rispetto al grande Milan che ha avuto l’opportunità di allenare.

    Sandro Sabatini (giornalista Mediaset Premium)

    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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