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Sabatini: Arcore non si comanda
“Un piccola decisione per Mihajlovic, un grande balzo per il Milan”: in giorni di ricordi dello sbarco sulla luna (ogni 20 luglio riecheggiano le parole dell’astronauta Neil Armstrong), il nuovo allenatore rossonero ha sfiorato la frase storica. Sfiorato e basta.
Berlusconi ha “suggerito” il rinnovo contrattuale di Mexes. Miha lo ha prima sconsigliato, poi accettato. A patto di cedere almeno Alex (destinato al Santos, un bel risparmio sull’ingaggio) e di continuare ad inseguire Romagnoli. In politica, l’avrebbero definita una “larga intesa”. Ed è così, perché nessuno può immaginare già un contrasto, una frizione, un bisticcio (chiamatelo come volete, anche sbrigativamente “scazzo”) tra presidente e allenatore dopo pochi giorni.
I trent’anni di Milan berlusconiano celebrano precedenti illustri e vincenti, di allenatori che hanno – seppur raramente – contrapposto le scelte tecniche di Milanello a quelle globali di Arcore. E’ ormai quasi da preistoria Sacchi che rifiutò Borghi perché voleva Rijkaard: ma l’argentino era un blando giocoliere nato stanco, l’olandese un centrocampista gigantesco di testa e di piede. Insomma, due tipi diversi. Presidente e storia del Milan consegnarono la ragione (e le vittorie) all’allenatore.
Più recente il caso Ronaldinho, altro giocoliere. Allegri ne era innamorato tecnicamente, ma non sopportava di vederlo sempre nel giardino personale sul centrosinistra. Eppure Berlusconi stravedeva, perché in campagna elettorale gli avevano chiesto “di prendere Ronaldinho e sconfiggere i comunisti”. Dopo qualche mese di sottile insistenza del livornese Allegri, il Milan rispedì a casa il brasiliano. E più che i comunisti, Berlusconi sconfisse gli avversari calcistici andando a vincere l’ultimo scudetto della storia rossonera.
Oggi non diamo a Mihajlovic l’etichetta del Signorsì. Sarebbe ingiusto. Il serbo è tutt’altro: per intuirlo basta un attimo. Però non è un burbero vanitoso o un arrogante prepotente: è un allenatore che ha senso di appartenenza nei confronti della sua società. In pubblico ha appoggiato Pulvirenti e Ferrero, figuriamoci se non può farlo con Berlusconi. In privato si è confrontato con Moratti e Della Valle, tifosi e calciofili quanto il suo attuale presidente. Ne è uscito sempre bene. Succederà anche stavolta e anche agli occhi dei tifosi.
Se resta Mexes (a stipendio dimezzato) e parte Alex (che a bilancio costa di più), tecnicamente non cambia nulla. Anzi. Se arriva Romagnoli, il Milan fa un investimento di eccezionale prospettiva: è il giovane difensore più bravo, insieme con Rugani. E se poi l’ok per Mexes serve per ottenere fiducia e spalancare altre operazioni (Ibra, Witsel?), l’allenatore ha davvero fatto benissimo.
Infine c’è un altro “se” che va elencato, perché rappresenta la novità di quest’estate. “Se” Berlusconi - come sembra - torna ad investire, i tifosi possono tranquillamente concedergli qualche sfizio dettato dalla sua passione per il Milan. Perché al cuore non si comanda. E ad Arcore nemmeno. Ma se la squadra è forte, agli allenatori va bene così.
Sandro Sabatini
Twitter: @Sabatini – Facebook: SandroSabatiniOfficial
Berlusconi ha “suggerito” il rinnovo contrattuale di Mexes. Miha lo ha prima sconsigliato, poi accettato. A patto di cedere almeno Alex (destinato al Santos, un bel risparmio sull’ingaggio) e di continuare ad inseguire Romagnoli. In politica, l’avrebbero definita una “larga intesa”. Ed è così, perché nessuno può immaginare già un contrasto, una frizione, un bisticcio (chiamatelo come volete, anche sbrigativamente “scazzo”) tra presidente e allenatore dopo pochi giorni.
I trent’anni di Milan berlusconiano celebrano precedenti illustri e vincenti, di allenatori che hanno – seppur raramente – contrapposto le scelte tecniche di Milanello a quelle globali di Arcore. E’ ormai quasi da preistoria Sacchi che rifiutò Borghi perché voleva Rijkaard: ma l’argentino era un blando giocoliere nato stanco, l’olandese un centrocampista gigantesco di testa e di piede. Insomma, due tipi diversi. Presidente e storia del Milan consegnarono la ragione (e le vittorie) all’allenatore.
Più recente il caso Ronaldinho, altro giocoliere. Allegri ne era innamorato tecnicamente, ma non sopportava di vederlo sempre nel giardino personale sul centrosinistra. Eppure Berlusconi stravedeva, perché in campagna elettorale gli avevano chiesto “di prendere Ronaldinho e sconfiggere i comunisti”. Dopo qualche mese di sottile insistenza del livornese Allegri, il Milan rispedì a casa il brasiliano. E più che i comunisti, Berlusconi sconfisse gli avversari calcistici andando a vincere l’ultimo scudetto della storia rossonera.
Oggi non diamo a Mihajlovic l’etichetta del Signorsì. Sarebbe ingiusto. Il serbo è tutt’altro: per intuirlo basta un attimo. Però non è un burbero vanitoso o un arrogante prepotente: è un allenatore che ha senso di appartenenza nei confronti della sua società. In pubblico ha appoggiato Pulvirenti e Ferrero, figuriamoci se non può farlo con Berlusconi. In privato si è confrontato con Moratti e Della Valle, tifosi e calciofili quanto il suo attuale presidente. Ne è uscito sempre bene. Succederà anche stavolta e anche agli occhi dei tifosi.
Se resta Mexes (a stipendio dimezzato) e parte Alex (che a bilancio costa di più), tecnicamente non cambia nulla. Anzi. Se arriva Romagnoli, il Milan fa un investimento di eccezionale prospettiva: è il giovane difensore più bravo, insieme con Rugani. E se poi l’ok per Mexes serve per ottenere fiducia e spalancare altre operazioni (Ibra, Witsel?), l’allenatore ha davvero fatto benissimo.
Infine c’è un altro “se” che va elencato, perché rappresenta la novità di quest’estate. “Se” Berlusconi - come sembra - torna ad investire, i tifosi possono tranquillamente concedergli qualche sfizio dettato dalla sua passione per il Milan. Perché al cuore non si comanda. E ad Arcore nemmeno. Ma se la squadra è forte, agli allenatori va bene così.
Sandro Sabatini
Twitter: @Sabatini – Facebook: SandroSabatiniOfficial