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Sabatini a CM: 'Milano c'è, Napoli ci sarà. Italians do it better, con cuore, cervello e un po' di c...'
Tre squadre italiane dunque nel G8 del calcio, auspicando che grazie a Europa più Conference il terzetto tricolore diventi un poker o una cinquina o un sestetto o addirittura un settebello. Concluse le metafore da boomer dei titoli, torna in mente un altro slogan anni 80: Italians do it better. Si usava in altri contesti, per sorridere. Adattato poi al calcio, sintetizzava gli anni d’oro in Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa (così si italianizzavano le etichette delle tre competizioni internazionali).
Andiamo avanti, insomma, e poi vediamo se davvero siamo tornati indietro agli anni più belli, canticchiando “e che ne sanno i Duemila”. Ci sarà magari da spiegare perché e per come il calcio italiano sia tornato così protagonista in Europa ma, fateci caso, nessuno per ora si è azzardato. Perché in mezzo tra un’eliminazione mondiale e l’altra, il titolo Europeo ha tolto logicità a molti commenti. Così, furbescamente, gli influencer acchiappalike hanno continuato a puntare sul commento usato sicuro: la serie A campionato più brutto d’Europa; gioco noioso e speculativo; “gli altri corrono e noi no”; i campioni ormai preferiscono la Premier; basta con simulatori seriali e rigori inventati; che schifo stadi vecchi e campi spelacchiati; come si fa a competere con i russi, i cinesi, gli emiri, gli sceicchi, i fondi americani e ci mancavano solo i “petrodollari”, come si diceva una volta.
Poi sfidi il Tottenham e passi grazie al gol di Brahim Diaz, il ragazzino scartato dal Real Madrid. Poi giochi col Porto e vai avanti grazie alla rete di Lukaku, il giocatore più deludente dell’anno, in rapporto alle aspettative. Poi, poi… Si può proseguire con le parate di Maignan e Onana, doppio appuntamento con il miracolo dell’ultimo minuto. E ce ne sono altri mille, di esempi o ragionamenti. Tutti opinabili, certo. Tutti validi, se ben argomentati. Ma alla fine non esiste un’unica verità e nessuno sa rispondere con precisione: perché siamo tornati grandi protagonisti nelle coppe europee?
Ai tempi del Milan, che pure era il suo capolavoro tecnico-tattico, Arrigo Sacchi diceva che servivano “Occhio, pazienza e fortuna”. (In verità pronunciava la fortuna in dialetto romagnolo: bus de cul’). A distanza di più di trent’anni, Luciano Spalletti ha cambiato tripletta in “Cuore, cervello e un po’ di culo”. (Aspirando appena l’ultima c, come sanno fare i toscani di Certaldo). Quindi. Occhio, pazienza e... Cuore, cervello e... Campionati, coppe e… Italia, Europa e… Sì, ci vuole: in tutte le partite del mondo.