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    Sabatini a CM: 'Milano c'è, Napoli ci sarà. Italians do it better, con cuore, cervello e un po' di c...'

    Sabatini a CM: 'Milano c'è, Napoli ci sarà. Italians do it better, con cuore, cervello e un po' di c...'

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    Nun te preoccupa’ guaglio’. Non vi preoccupate, ragazzi di Napoli: la superstizione è tradizione, ma stavolta l’Italia è più forte pure di Francoforte. Quindi: Milano c’è, Napoli ci sarà. Agli storici punti cardinali del calcio italiano, mancano Torino e Roma. Però - non per caso - Juventus (finalista 2015 e 2017) e Roma (semifinalista 2018) erano le squadre che avevano riempito il decennio passato. Segno che siamo messi male, ma non malissimo.

    Tre squadre italiane dunque nel G8 del calcio, auspicando che grazie a Europa più Conference il terzetto tricolore diventi un poker o una cinquina o un sestetto o addirittura un settebello. Concluse le metafore da boomer dei titoli, torna in mente un altro slogan anni 80: Italians do it better. Si usava in altri contesti, per sorridere. Adattato poi al calcio, sintetizzava gli anni d’oro in Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa Uefa (così si italianizzavano le etichette delle tre competizioni internazionali).

    Andiamo avanti, insomma, e poi vediamo se davvero siamo tornati indietro agli anni più belli, canticchiando “e che ne sanno i Duemila”. Ci sarà magari da spiegare perché e per come il calcio italiano sia tornato così protagonista in Europa ma, fateci caso, nessuno per ora si è azzardato. Perché in mezzo tra un’eliminazione mondiale e l’altra, il titolo Europeo ha tolto logicità a molti commenti. Così, furbescamente, gli influencer acchiappalike hanno continuato a puntare sul commento usato sicuro: la serie A campionato più brutto d’Europa; gioco noioso e speculativo; “gli altri corrono e noi no”; i campioni ormai preferiscono la Premier; basta con simulatori seriali e rigori inventati; che schifo stadi vecchi e campi spelacchiati; come si fa a competere con i russi, i cinesi, gli emiri, gli sceicchi, i fondi americani e ci mancavano solo i “petrodollari”, come si diceva una volta.

    Poi sfidi il Tottenham e passi grazie al gol di Brahim Diaz, il ragazzino scartato dal Real Madrid. Poi giochi col Porto e vai avanti grazie alla rete di Lukaku, il giocatore più deludente dell’anno, in rapporto alle aspettative. Poi, poi… Si può proseguire con le parate di Maignan e Onana, doppio appuntamento con il miracolo dell’ultimo minuto. E ce ne sono altri mille, di esempi o ragionamenti. Tutti opinabili, certo. Tutti validi, se ben argomentati. Ma alla fine non esiste un’unica verità e nessuno sa rispondere con precisione: perché siamo tornati grandi protagonisti nelle coppe europee?

    Ai tempi del Milan, che pure era il suo capolavoro tecnico-tattico, Arrigo Sacchi diceva che servivano “Occhio, pazienza e fortuna”. (In verità pronunciava la fortuna in dialetto romagnolo: bus de cul’). A distanza di più di trent’anni, Luciano Spalletti ha cambiato tripletta in “Cuore, cervello e un po’ di culo”. (Aspirando appena l’ultima c, come sanno fare i toscani di Certaldo). Quindi. Occhio, pazienza e... Cuore, cervello e... Campionati, coppe e… Italia, Europa e… Sì, ci vuole: in tutte le partite del mondo.

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