Redazione Calciomercato
Sabatini a CM: 'Il caso Fagioli riporta a galla il problema scommesse. Ci mangiano tutti e perde solo chi gioca'
Premesso - e anche questo è bene scriverlo subito - che secondo le prime indiscrezioni Fagioli non avrebbe giocato neanche un euro sulle partite di calcio italiano, altrimenti sarebbe indifendibile, proviamo a chiederci che cosa sono state e che cosa saranno le scommesse? Da sempre e per sempre: un affare per tutti, meno gli scommettitori. Il banco vince, la punta perde. Alla lunga, va soltanto così. Non potrebbe essere altrimenti.
Fateci caso: la vincita da scommessa è l’unica plusvalenza non tassata, perchè l’incentivo “no tax” viene ampiamente compensato dalle entrate “a monte” dello Stato. Qualsiasi Stato, non solo l’Italia: il gioco d’azzardo e le lotterie, in tutte le modalità più o meno pubblicizzate, portano introiti notevoli alle economie mondiali. E anche alle ipocrisie mondiali. Scommettere è un vizio, pericolosissimo se diventa malattia, ludopatia. Ma viene considerato un vizio non grave. Cioè: non una virtù, però poco ci manca se “Nevio lo stirato”, personaggio scoperto da quel genio di Giuseppe Cruciani, diventa simbolo di divertimento per i giovani e modello da assecondare anziché da scansare.
L’Italia si è pulita la coscienza mettendo al bando la pubblicità delle aziende better, che a loro volta si sono lavate la coscienza trasformandosi in aziende apparentemente di news. Cambiando appena la desinenza da “com” in “news” oppure “info”, le multinazionali delle scommesse sono ancora ben presenti ovunque. Tutte le società di calcio hanno infatti almeno uno sponsor riconducibile alle scommesse.
Guadagnano i better. Guadagna il calcio (e lo sport in genere). Incassa lo Stato (non solo l’Italia). E non ci vuole un Nobel in Economia per intuire che dove c’è chi guadagna, c’è anche chi perde: gli scommettitori.
Senza ipocrisia: se va bene a tutti che sia così, è inevitabile (perfino giusto) che sia così. E chi è senza peccato, scagli la prima schedina. In molti, qualcuno anche fra noi giornalisti/creator/influencer troviamo ricompense più o meno dirette dalle scommesse sportive. Tutti inzuppano nella torta, che però è dolce per pochi e amara per gli scommettitori, che pure accettano quasi “godendo” di perdere soldi. È il segnale del vizio. La malattia. Ludopatia.
Meglio riscriverlo anche alla fine: se Nicolò Fagioli ha sbagliato è giusto che paghi. Ma che la sua punizione sia “esemplare” nel senso di esempio, non di severità giustizialista e populista. Perchè è improprio chiamarlo gioco, seppure con l’aggiunta “d’azzardo”. La scommessa quotidiana non è un gioco, né un divertimento. È dipendenza patologica. Che qualsiasi Stato dovrebbe in qualche modo curare, o almeno tenere sotto controllo. Perchè non basta scriverlo in corpo 0,5 in fondo ai siti oppure pronunciarlo a mille all’ora negli spot televisivi. Ci sono tanti modi di giocare, nello sport, dove almeno uno vince, alla fine. Ci sono tanti modi di scommettere, attorno agli sport, ma nessuno vince, alla fine. Anzi, c’è chi, come purtroppo Fagioli potrebbe perdere se sarà colpevole anche qualche mese di sport, di calcio, di Juventus. Forse di nazionale. E sicuramente di vita sua.