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    Sabatini a CM: 'Ferrieri Caputi regge il confronto tecnico e atletico con gli uomini?'

    Sabatini a CM: 'Ferrieri Caputi regge il confronto tecnico e atletico con gli uomini?'

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    L’argomento è contemporaneo, ampio, sensibile e perfino più scivoloso del campo fradicio di ieri a Napoli. Ma può essere lo spunto per un dibattito, con espressioni libere affidate ai vostri messaggi.

    L’argomento è composto come il nome (Maria Sole) e articolato come il cognome (Ferrieri Caputi). L’arbitro di Napoli-Cremonese è stata bocciata nelle pagelle di tutti i giornali, per la direzione contraddittoria in Coppa Italia. “Giudicatemi come arbitro, non come donna”, aveva chiesto la giovane livornese, nei giorni dell’esordio e della finora unica presenza in campionato. A richiesta precisa, risposta decisa. Ferrieri Caputi, male male. Errori di qua e di là. Un arbitraggio nel quale “lasciar correre” sembrava “non saper decidere”, così alcune situazioni in apparenza semplici diventavano errori. Applicazione del regolamento e prontezza decisionale: serataccia per Maria Sole. Comprensibile. Nessuno è perfetto, nemmeno Pairetto (la rima serve per alleggerire con un sorriso).

    Meno comprensibile che non sia mai stata accennata una valutazione su presenza in campo e vicinanza all’azione. Cioè sulla prestazione atletica. In assenza di dati oggettivi, una sensazione. Nient’altro che una sensazione, tutta da verificare ma non per questo da nascondere: dal punto di vista atletico, Ferrieri Caputi non sembra all’altezza dei suoi colleghi uomini. E qui si apre un tema che mette il calcio al centro del dibattito. Per un arbitro quanto contano le abilità tecniche e quanto le capacità fisiche?

    Negli sport singoli e di squadra, la distinzione di genere esiste per chi “gioca” ma non per chi “arbitra”. Nel tennis e nel volley l’arbitro siede su un seggiolone, nel nuoto e nell’atletica i controlli avvengono da postazioni fisse, nel ciclismo la direzione di gara è in auto. Nel basket il raggio d’azione è molto limitato. Nel calcio, invece, l’arbitro si deve muovere con prontezza e rapidità lungo un terreno di oltre 100 metri per 70. Per paragonare la differente prestazione atletica di un uomo e una donna, si consideri qualsiasi gara di atletica: dagli sprint agli ostacoli, dal salto in alto ai 3000 siepi, dal getto del peso al lancio del giavellotto. La divisione tra gare maschili e femminili viene confermata da tempi e misure. E così è in tutti gli sport. La distinzione di genere nell’arbitraggio è stata superata - giustamente - da decenni. La distinzione agonistica, no.

    Ecco dunque l’interrogativo che prescinde dalla direzione di Napoli-Cremonese. Qui si mette in discussione tutto l’orientamento decisionale della Fifa. Quanto conta il fisico, per arbitrare in campo? E la specifica “in campo” serve per aggiungere un’ovvietà: al Var non c’è differenza tra uomo e donna.

    Sicuri che la prestazione arbitrale nel calcio non sia anche una prestazione fisicamente agonista?

    Se la risposta è “sì” (la Fifa è sicurissima, ci sono i test cronometrici, eccetera) scusate la figuraccia per quanto scritto fin qui.

    Ma se la risposta fosse “no” o anche più modestamente “ni”, provate serenamente a riflettere su quante volte la decisione di un arbitro viene valutata in rapporto alla vicinanza all’azione: la prestazione tecnica è facilitata da quella atletica, si dice così.

    Nei 100 metri, la lunghezza di un campo di calcio, il record del mondo del giamaicano Usain Bolt è 9”58, mentre il record della statunitense Florence Griffith-Joyner è 10”49. Ripetiamo la domanda: sicuri che la prestazione arbitrale nel calcio non dipenda anche dalla prestazione fisico-atletica?

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