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    Russia, fallimento Europeo: le lezioni inutili di Spalletti e Capello

    Russia, fallimento Europeo: le lezioni inutili di Spalletti e Capello

    • Marco Bernardini
    Se ne sono andati di mattina presto dopo una notte in bianco trascorsa perlopiù a tentare di rendere meno dolorose le ferite riportate nel corso di una battaglia che, sportivamente e con le dovute misure, verrà ricordata negli annali del calcio come l’equivalente di quella di Stalingrado con un finale capovolto. Nel ’43 toccò alle truppe nazi-fasciste, cioè a ciò che di loro rimaneva, tornarsene a casa ricacciate dai sovietici. Oggi sono i russi del pallone a dover abbandonare la grande manifestazione europea nella quale hanno rimediato una figura penosa.

    Tutti i mali non vengono per nuocere, si dice. In questo caso il proverbio è quanto mai pertinente. Insieme con i giocatori e l’intero staff lasceranno la Francia quelle migliaia di delinquenti travestiti da tifosi che, fin dal giorno dell’esordio a Marsiglia, stavano tenendo in scacco polizia e forze dell’ordine assortite minacciando di trasformare la festa sportiva in un inferno da cronaca nera. Che contenerli e annullarli fosse quasi impossibile è dimostrato da ciò che era accaduto un paio di giorni fa quando un capo ufficiale dei “battaglione della morte russi”, tra l’altro amico intimo del presidente Putin, era stato arrestato a Parigi e poi rilasciato con l’obbligo di rimpatrio immediato. Ebbene, non si sa come, il losco figuro è ricomparso ventiquattro ore dopo a Tolosa dove guidava un gruppo di “squadristi” diretti allo stadio. Sotto questo aspetto non resta che ringraziare il Galles per l’opera di bonifica attuata.

    Intanto Leonid Slutsky, il cittì della sgangherata nazionale russa, ha già presentato le sue dimissioni insieme con le scuse all’intera nazione, sono parole sue, per “la figura penosa rimediata in Francia”. Un gesto che ha anticipato soltanto di poche ore ciò che sarebbe accaduto una volta arrivati in patria. Una nazione che, pur avendo cambiato radicalmente sistema di governo, certe vecchie abitudini le ha scolpite nel suo dna. Tempo addietro al malcapitato Slutsky sarebbe stata riservata una “vacanza” meditativa in qualche dacia della steppa. E non soltanto a lui, visto che in campo sono andati baldi giovanotti incaricati di tenere alto il buon nome della “Grande Madre Russia”. Alla base del clamoroso flop agonistico tutta una serie di errori strategici e strutturali che, spalmati nel corso degli ultimi anni, avevano già lasciato intendere che la spedizione russa all’Europeo si sarebbe risolta in un disastro annunciato.

    La lesta e irrimediabile uscita di Fabio Capello dall’orbita della nazionale che, pur di poterlo convincere a restare era pronta allo svenamento economico federale, era stato il segnale di allarme rosso. Una delle prime richieste fatte dal tecnico friulano ai responsabili del calcio russo non appena sbarcato a Mosca era stata quella di cambiare radicalmente l’indirizzo di estremismo esterofilo che ingigantiva la forza dei club ma che impoveriva sempre di più la nazionale. Un invito ignorato fino a un anno e mezzo fa con una retromarcia tanto tardiva quanto inutile. Capello, come Paganini, non ripeteva la sua lezione e, giustamente, mollava tutto.

    La stessa cosa che ha fatto Luciano Spalletti. Anche lui impegnato, con una grande squadra come lo Zenit di San Pietroburgo, nella ricerca di un calcio che non fosse soltanto finalizzato al successo interno, immediatro e sostenuto da elementi mercenari. Semmai la comprensione di una filosofia sicuramente meno prepotente sul piano dell’immagine, ma assai più utile e produttiva a tempi ragionevolmente medio-lunghi. Ma è noto come, anche sotto il profilo dell’indotto come il calcio, l’immagine e il comportamento di una nazione sia speculare a quelli di chi la governa. Il gigantismo, spesso arrogante, di Putin non ha mai ammesso mezze misure o atteggiamenti di sana e consapevole modestia. Sicchè anche la lezione di Spalletti è andata a vuoto.

    I guai per la Russia calcistica, comunque, arrivano proprio adesso dopo il disastro europeo e alla vigilia di un Mondiale da organizzare e da giocare in casa tra due anni. Solitamente accade che la nazione ospitante possieda una squadra all’altezza della manifestazione planetaria. Di enorme, invece, al momento la Russia può vantare lo scandalo del doping per il quale è stata allontanata dai prossimi giochi di Rio de Janeiro. All’orizzonte calcistico è buio pesto. Forte è la nostalgia del colonnello Lobanovsky e della sua “Urss” che andava in giro per il mondo magari non a fare sfracelli ma certamente per mettere paura a tutti. Era la squadra dei gioielli fatti in casa e alcuni campioni autentici come Blochin. Ma per rimettere in piedi quel sogno due anni sono pochi. Troppo pochi. Anche volendo impegnare tutto il gas e il petrolio disponibile per ingaggiare e pagare mago-Mourinho.
     
     

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