Roma: Rudi Garcia, gol e chitarra
'I giocatori devono sentirsi bene, basta un gesto. Io educo come alleno, non dirigo ma discuto, correggo, accompagno'. Sentendo o leggendo queste parole, forse, Walter Sabatini avrà pensato: Rudi Garcia è l’uomo giusto per me, fatto apposta per me. Perché la Roma è ancora alla ricerca di calcio arrogante, diverso, fresco, vivace. Nonostante due anni di bastonate.Garcia è noto in Francia per quel modo di approcciarsi ai giovani, per la sua filosofia. Per un calcio che – da queste parti – deve essere per forza un affresco, difficile, sognatore. Riecco, appunto, l’utopia. Garcia è più spagnolo che non francese. Lo dice il nome, lo dice la sua storia, a molti sconosciuta. Spagnolo come Luis Enrique Garcia. Il suo nome completo: Rudi José Garcia.
Rudi Garcia in Francia c’è nato: il 20 febbraio del 1964 a Nemours, un centro a un’ottantina di chilometri da Parigi. La Spagna è la terra degli avi, è il suo sangue, la sua essenza, lì ha ancora una casa, a Garrucha, un centro di mare in Andalusia. Il mare, lo ama, il suo simbolo marino, il delfino. Tre dei suoi nonni fuggirono in Francia dall’Andalusia durante la dittatura franchista. E da lì i Garçia si sono trasformati in Garcià. Il papà, José, è stato un calciatore e poi appassionato di sport, ha scelto il nome del ciclista tedesco Rudi Altig per il proprio figlio. Anche Rudi è stato calciatore (ha smesso a 28 anni per un infortunio al ginocchio), poi giornalista, preparatore atletico e vice allenatore al Sant Etienne (prima di diventare il primo nel 2001). Ha la passione per la chitarra: sta spopolando su internet il video in cui si esibisce cantando El Porompompero all’interno di uno spogliatoio. Ama il cinema (ecco perché è comparso a Cannes), il suo attore simbolo è Morgan Freeman, è anche appassionato di cartoni animati, il suo top è Tintin. Adora il rosso, colore della Spagna e numero di riferimento il 7, lo portava da giocatore, la figlia piccola (ne ha tre) è nata il 7, quella grande a luglio, settimo mese dell’anno.
Si dice abbia un bel caratterino. Non docile, pronto sì al dialogo, ma le cose devono andare come dice lui. Durante l’esperienza nel Lille, il 2 giugno 2009 si è dimesso a sorpresa per divergenze con il ds Thuilot Xavier (non ama intromissioni sul suo lavoro), sedici giorni dopo, il presidente del club Michel Seydoux lo ha convinto a tornare. E da lì è nato il gioiellino chiamato Lille. Con la squadra francese, che è stata poi la sua migliore esperienza da allenatore, ha giocato 204 partite, vincendone 106, pareggiandone 59, perdendone 39, con il 51,96% di successi. La squadra era un mix di talenti giovani e esperti, tra gli altri Landreau, Debuchy, Rozehnal, Rami, Cabaye, Obraniak, Rio Mavuba, Sow, Gervinho, Chedjou e soprattutto Eden Hazard, ora al Chelsea. Si ispirava al calcio del Barcellona (ci risiamo…), anche se è simpatizzante del Real Madrid e ha studiato attentamente (grazie ad Angloma, Rafa Benitez).
Il suo Lille giocava con un 4-3-3 (ha anche usato il 4-2-3-1 ma con meno insistenza). I terzini erano due ali e il mediano Mavuba arretrava fino al cuore della difesa quando la squadra si distendeva in fase di possesso (al pari di Busquets). Ha vinto sia il campionato francese sia la coppa di Francia nel 2011. Ed è stato nominato miglior allenatore della Ligue 1 in quell’anno. Diversa e meno entusiasmante la doppia esperienza in Champions: nel 2011/12 ha una figura pessima, arrivando ultimo nel girone con Inter, Cska Mosca e Trabzonspor. L’anno successivo figuraccia bis: ancora ultimo nel girone con Bayern Monaco, Valencia e Bate Borisov. Ovvio, la rosa campione di Francia si è sgretolata nel tempo. Di gol le sue squadre ne hanno sempre fatti tanti, pur subendone abbastanza. Ecco i sui numeri del quinquennio a Lille: nel 2008/09 è arrivato 5°, 51 gol fatti, 39 gol subiti; nel 2009/10 4°, con 72 fatti e 40 subiti; nel 2010/11 1° posto, 68 fatti, 36 subiti; 2011/12 3° posto con 72 e 39; 6° nel 2012/2013 con 59 fatti, 40 subiti. Media Champions come posizione in classifica, 3,8 posto con totale di gol realizzati 322 (media 64,4 a campionato), 194 subiti (media 38,8). 'Un giorno mi piacerebbe allenare in Spagna', disse qualche tempo fa. Non è il momento.
(Il Messaggero)