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    Romamania: un capolavoro di autosabotaggio, la cessione dei Friedkin è la prospettiva più logica

    Romamania: un capolavoro di autosabotaggio, la cessione dei Friedkin è la prospettiva più logica

    • Alessandro Austini
    Esonerare all’improvviso l’allenatore a cui era stata affidata la rifondazione la squadra: fatto. Spingere alle dimissioni quattro giorni dopo la persona che aveva tutte le deleghe e ha causato più di ogni altra quello stesso esonero: fatto. Inimicarsi l’intera tifoseria, curva compresa: fatto. Smantellare senza logica svariati settori della società: fatto. Se volessimo vederla al contrario, quanto sta succedendo alla Roma da mesi è un capolavoro assoluto. Di autosabotaggio.

    È ormai palese e chiaro a tutti che i Friedkin abbiano perso il filo. Distanti fisicamente e dalla realtà delle cose, male informati, confusi, dalla finale di Budapest in poi ne hanno azzeccate davvero poche. Hanno prima preso per buona la versione targata Souloukou, secondo la quale il responsabile della partenza da incubo in campionato era De Rossi, salvo poi far saltare - al netto delle formali dimissioni - la poltrona della plenipotenziaria dirigente greca, lasciando la società sprovvista di management apicale. Un caso unico.

    In questo scenario insensato e inquietante, diventa davvero difficile prevedere le prossime puntate della sitcom romanista. Verrà dato qualche potere in più a Ghisolfi? Verrà scelto l’ennesimo dirigente all’estero tramite una società di head hunting? Oppure i texani avranno finalmente compreso quanto diverso sia il calcio italiano e che c’è bisogno di affidare il progetto aziendale e tecnico a una figura esperta ed integrata nel sistema? A naso, con la trattativa per l’acquisto dell’Everton ripartita sotto traccia, la prospettiva più logica sembra quella di una vendita del club nel medio periodo. I Friedkin che ripartono subito, lasciandosi alle spalle tali macerie, è un altro chiaro segnale di distacco.

    Passa così in secondo piano l’esordio di Juric e la vittoria contro l’Udinese, un corollario nella domenica della contestazione e della Curva Sud vuota per mezz’ora. Merita comunque i complimenti l’allenatore croato per aver trovato in pochi giorni le chiavi giuste che hanno ridato qualche sicurezza in più ai giocatori, a partire da Dovbyk. In una sola gara la Roma ha segnato un gol in più di quelli fatti nelle precedenti quattro. Le distanze in campo sono sembrate più corrette, l’impianto con la difesa a tre, un esterno più difensivo (Celik) e un altro più dedito alla fase offensiva (El Shaarawy), sembra una base logica da cui provare a ripartire.

    Il primo successo stagionale è una boccata d’ossigeno per una squadra e un ambiente in apnea. Ma è ancora troppo poco per convincersi che ci sia qualcosa in cui credere davvero. Perché nella Roma di oggi non c’è più nessuno che abbia competenze e responsabilità necessarie per occuparsi di calcio in maniera seria. 

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