Romamania: Sabatini lascia, è la fine di un'era
C'è chi lo esalta per l'indiscutibile capacità di riconoscere il talento e chi per anni lo ha massacrato per un lavoro di mercato che troppo a lungo ha ignorato un problema cronico della Roma, quello dei terzini (parzialmente rivalutato dopo l'arrivo di Bruno Peres dal Torino). Ma c'è soprattutto una piazza che gli imputa l'incapacità di costruire una Roma vincente: nei cinque anni già conclusi, i giallorossi sono andati solamente a un passo da una Coppa Italia, troppo poco per una società con l'ambizione di diventare grande. Come richiesto dall'ormai ex direttore sportivo romanista, bisogna però sospendere il giudizio: il consuntivo non può arrivare a inizio ottobre, la stagione in corso è indiscutibilmente figlia del lavoro di Walter Sabatini. E' la fine di un'era, non di un progetto calcistico: per tirare le somme bisognerà aspettare giugno. Rimane l'amaro in bocca di quello che poteva essere e non è stato, un senso di incompiuto da parte di uno dei più grandi oratori passati dalle parti di Trigoria. Un conoscitore di calcio che lascerà ancora parlare a lungo sia i suoi sostenitori, sia i suoi detrattori. Un uomo che ha dedicato la sua vita al calcio e, in parte, alla Roma. Si può non essere d'accordo con alcune sue scelte tecniche, ma il valore del professionista è difficile da mettere in dubbio. Uomo di un calcio che fu che non vuole scendere a compromessi con le tecnologie del futuro, che si fida del suo istinto e dei suoi collaboratori. Un professionista che si è sempre preso le sue responsabilità e che ha vissuto amori viscerali nei confronti dei suoi pupilli. Sabatini ha costruito la Roma seguendo istinto, passione e cuore. Di questo gli va reso atto.