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  • Romamania: l'ennesimo campionato da mediocri. Il primo che deve riflettere è Friedkin

    Romamania: l'ennesimo campionato da mediocri. Il primo che deve riflettere è Friedkin

    • Alessandro Austini
    Addio quinto posto e, salvo un incastro complesso (Atalanta quinta a fine campionato e vincente nella finale di Dublino col Bayer), addio Champions League. Per il sesto anno consecutivo la Roma si accinge a guardare il calcio europeo dei grandi in televisione. E stavolta fa ancora più male, perché c’era un posto in più per qualificarsi alla prima edizione allargata della coppa dei ricchi. Più partite, più soldi, ma continuano a guadagnarli gli altri e a investire sulle rispettive squadre, allargando la forbice rispetto a chi resta fuori dal giro.

    Adesso c’è anche il concreto rischio di un sorpasso in extremis della Lazio, che aggiungerebbe ulteriore amarezza a un finale di stagione malinconico. La Roma ha terminato le ultime gocce di benzina nella gara di ritorno con il Milan in Europa League. Da allora ha perso col Bologna in casa, ha acciuffato una vittoria miracolosa nel recupero di Udine, ha pareggiato col peggior Napoli degli ultimi anni, peraltro non meritandolo, idem contro una Juve svuotata che non riesce a battere neppure la Salernitana in casa, poi è uscita dall’Europa inchinandosi agli imbattibili tedeschi e ieri si è fatta dominare in lungo e largo a Bergamo. Le prestazione complessive sono state ancora peggiori dei risultati, quella contro l’Atalanta è stata un’umiliazione vera e propria. Una squadra che si è letteralmente sgonfiata sul più bello e si è dimostrata incapace di reggere a livello fisico e mentale il doppio impegno. 

    Il campionato, in cui la Roma ha raccolto due punti nelle dieci partite giocate contro le prime cinque della classifica, certifica l’inferiorità palese rispetto ai competitor. Bologna compreso. L’effetto De Rossi è svanito non appena il livello della competizione si è elevato, sono riemersi i limiti strutturali della rosa, si sono fermati per infortunio i “soliti noti” (Dybala, Spinazzola, Smalling), sono scomparsi presunti rincalzi di lusso (Sanches, Aouar) e tanti altri (Abraham, Baldanzi, Karsdorp, Zalewski etc.) non si sono dimostrati all’altezza quando chiamati in causa, costringendo l’allenatore a scegliere sempre gli stessi. Finendo per spremerli oltre ogni limite. Lukaku merita un capitolo a parte, essendo evaporato sul più bello quando invece c’era bisogno che fosse lui a trascinare i compagni.

    Ma il primo a dover riflettere è il responsabile supremo del club, Dan Friedkin. Al quarto anno di gestione ormai quasi concluso, a fronte di un bilancio europeo eccezionale (un trofeo vinto, una finale e due semifinali perse), la sua Roma si è stabilizzata tra il sesto e il settimo posto. Ha senso spendere oltre un miliardo di euro come hanno fatto gli americani per non vedere mai la Champions? È giusto cercare ogni volta colpi ad effetto - Mourinho, Abraham, Dybala e Lukaku - dimenticandosi di costruire nel frattempo una base solida? Il vero obiettivo è il consenso o un progetto vincente? A Houston hanno più di un problema da risolvere.

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