Roma, Vucinic fa già parte del passato
'Wonderful, Vucinic'. Un colpo di fulmine, anzi di testa. Si gonfia la rete sotto la Curva Sud. Esplode l'entusiasmo della gente: i giallorossi sconfiggono l'Inter campione d'Italia 1-0. In tribuna Monte Mario, il futuro presidente Thomas Di Benedetto si innamora. Dello stadio, dei colori, della Roma e di quel giocatore con la maglia numero 9.
Trascorrono, da allora, otto mesi. Vucinic vuole andarsene per motivi famliari (moglie e figlio insultati più volte per le strade della capitale) e fa squillare il cellulare del futuro direttore generale Franco Baldini per dichiarare le proprie intenzioni. Lui a Roma non vuole rimanere. Non gli interessano i nuovi orizzonti e nonostante non sia più inquieto per i super ingaggi concessi un estate fa a Borriello ed Adriano, è triste. Insomma, non si trova più a suo agio. Baldini gli dice di aspettare prima di prendere una decisione definitiva. La dirigenza vorrebbe trattenerlo, ma alla fine, se si protraesse questa sua intenzione, lo accontenterebbe.
Parte, infatti, subito un'altra telefonata. Questa volta Baldini chiama Sabatini: 'Sonda l'ambiente'. Lo fa. Risultato: la cessione dal punto di vista economico non sarebbe affatto traumatica. Il montenegrino ha ancora due anni di contratto e molto mercato. Si possono ricavare quindici milioni. La meta più suggestiva è il Tottenham. L'inizio e la possibile fine di questa storia. Gli Spurs avevano trovato lo scorso gennaio sia l'accordo economico con l'attaccante che con la società. S'intromise Ranieri: 'Tu rimani'. Di seguito il litigio di Genova a Marassi ed una stagione fallimentare. Desidera un ambiente nuovo ed è disposto anche a trasferirsi in Italia. Se la Juventus dovesse affidare la panchina a Conte, sarebbe il primo degli obiettivi. Vucinic gradirebbe, ma se chiamasse l'Inter...
E la Roma? Si chiede un mercato coraggioso. Pradè racconta confidenzialmente di aver avuto in pugno tre anni fa Pinilla e Milito, quest'ultimo appena retrocesso con il Real Saragozza: ma la tifoseria, a suo avviso, non avrebbe tollerato l'arrivo di due giocatori di serie B. Il resto si chiama Julio Baptista. Da rifondare, dunque, non c'è soltanto una squadra, ma tutto l'ambiente. Il coraggio quest'estate porta a Lamela, ma soprattutto ad Abel Hernandez: costa già molto, ma le vie del mercato sono infinite.