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Roma-Napoli: un'altra vittoria di Totti
Segna Nainggolan, con un destro chirurgico, ma ad avviare l’azione era stato ancora una volta il capitano. La Roma batte il Napoli e consegna il quinto scudetto consecutivo alla Juve, vincitrice ieri sera a Firenze.
Proprio il confronto a distanza tra Juve e Napoli aiuta a capire quale sia ancora la differenza tra le due squadre. All’Olimpico il Napoli non ha dominato, ma ha fatto un secondo tempo quasi tutto d’attacco, di certo ha condotto la partita e avuto le occasioni più nitide per passare, una nel primo e una nel secondo tempo con Higuain. Su entrambe è stato fondamentale Szczesny, un portiere che non mi fa impazzire, ma che Spalletti vorrebbe confermare.
Contro la Fiorentina, invece, la Juve era parsa più umana rispetto alla sua siderale striscia di vittorie, ma la sua ferocia si era scatenata nei quaranta secondi successivi al pareggio dei viola. La squadra di Allegri si era ributtata in avanti come se avesse avuto bisogno della vittoria come di un nutrimento vitale. E, dopo avere colto il nuovo vantaggio non senza una sponda fortunata, si è messa a difenderlo con tutta l’aggressività di cui è capace.
Alla Fiorentina, come al Napoli a Roma, non è bastato giocar meglio, serviva qualcosa di più che o non c’è o non è sceso in campo.
Il Napoli è strato meglio della Roma soprattutto nel secondo tempo, anche se già in avvio, dopo uno squillo di Salah, aveva trovato anche il gol con Callejon. C’è poco da discutere sulla posizione (fuorigioco millimetrico), molto sulla libertà concessagli in fascia e per l’occasione. La Roma non mi è sembrata esattamente inferiore al Napoli, però è meno brillante di due mesi fa e anche un po’ più prevedibile. Il tridente offensivo (El Shaarawy, Perotti e Salah) è parso leggero perché ha inciso poco o nulla. Non offrire punti di riferimento agli avversari non è sempfre una mossa vincente. La difesa di Sarri, per esempio, non si è lasciata confondere: se il tuo riferimento non è l’uomo che hai contro, basta e avanza lo spazio.
Il Napoli è cresciuto dentro la partita progressivamente, mentre la Roma si andava spegnendo e rischiava ad ogni ripartenza la severa punizione della sconfitta. Non so quanto sarebbe stata meritata, ma so che se non è arrivata è ancora per merito di Totti. Al suo ingresso in campo al posto di El Shaarawy, la squadra si è scossa da un torpore che l’aveva convinta ormai ad assoggettarsi al ritmo e agli strappi del Napoli. Il centrocampo era quasi completamente in disarmo e offensivamente la spinta si era del tutto esaurita.
E’ stato a quel punto, forse, che Sarri e i suoi uomini credevano di avere vinto. O meglio che il gol fosse una questione di tempo e di precisione rinviabile ancora per qualche secondo. A sferzare di energia e vivacità la squadra aveva provveduto anche l’ingresso di Insigne, agile, veloce e incline alla conclusione da fuori. Il Napoli, però, non ha ancora capito quello che la Juve sa da sempre: l’appuntamento con il gol - bello, brutto, sporco, fortunato - non va mai rinviato, ma cercato con la voracità tipica dei vincenti e dei disperati.
In questo, dall’alto dei suoi anni di calcio, Totti sa che i ritagli di calcio concessigli da Spalletti sono per lui e per il popolo che lo adora, gli ultimi attimi di vita calcistica. Non ha più tempo da perdere, deve capitalizzare anche il respiro. Perciò, come contro il Torino ha segnato due volte in meno di quattro minuti, questa volta prima ha messo Salah davanti alla porta (tanto mirabilmente sorpreso da non sfruttare l’occasione) e poi ha intessuto la trama per il gol di Nainggolan.
La Roma adesso è seconda, a due punti dal Napoli, mancano tre giornate alla fine e l’aggancio è ancora possibile. Tra l’altro i giallorossi hanno il vantaggio dello scontro diretto. Un indizio che non è un’inezia.