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    Romamania: la scossa di Juric non basta, ma non è lui il colpevole

    Romamania: la scossa di Juric non basta, ma non è lui il colpevole

    • Alessandro Austini
    Le undici “bestie” che Juric voleva non si sono viste neppure contro la modesta Dinamo Kiev, imbottita peraltro di riserve. Vincere è sempre fondamentale, ma stavolta non può bastare per guardare ai prossimi impegni con un pizzico di fiducia in più. 

    La scossa dialettica, improvvisa e forte, arrivata dall’allenatore alla vigilia dell’impegno europeo non ha prodotto molti effetti. La Roma continua a camminare con equilibrio precario sul filo di una stagione nata male e che sta proseguendo tra mille incertezze e fragilità. Dopo settimane di iperboli ottimiste, Juric ha cambiato disco perché ha fiutato l’aria che tira attorno a lui. Occupando un ruolo perennemente a rischio nel calcio, il tecnico avverta la sfiducia dell’ambiente e riconosce i segnali di una squadra impaurita, incerta e capace di rovinare in un attimo quel poco che riesce a costruire. 

    I problemi sono chiari e per certi versi sembrano irrisolvibili. Segna sempre e solo Dovbyk, si creano poche occasioni nitide, l’abbondanza a centrocampo e i continui cambi nel reparto impediscono di trovare un assetto chiaro, sugli esterni, all’opposto, c’è pochissima scelta e manca qualità. Le “fisse” di Juric, poi, assomigliano tanto a dei limiti: possibile che non si possa far coesistere Ndicka e Hummels nel terzetto difensivo, senza dover ogni volta spostare un terzino verso il centro? Sarebbe forse arrivato il momento di ragionare su un cambio di modulo, con la difesa a 4, per provare a sfruttare meglio le risorse di una rosa che era stata costruita per un altro allenatore e un sistema di gioco diverso. 

    Ma il principale responsabile di questa situazione non può mai essere un allenatore chiamato all’improvviso, senza esperienza nelle piazze importanti e con un’idea di calcio che necessita di interpreti specifici. La Roma è stata costruita male e il simbolo del mercato illogico è Le Fee: inevitabile continuare a chiedersi come sia stato possibile spendere per lui 23 milioni di euro e non utilizzarli per comprare un paio di buoni esterni.

    Intanto le settimane passano senza l’annuncio del nuovo Ceo, l’unica figura di riferimento in ambito sportivo è il giovane Ghisolfi, non ci sono dirigenti rappresentativi da mandare alle riunioni di Lega. I Friedkin restano distanti, parlano solo attraverso i profili social del loro gruppo, tra l’annuncio del supporto dato alla costruzione dello stadio di altri (a Dallas) e il rilancio di un post sulla vittoria della Roma in Europa League. Meglio non aspettarsi altro, perché ormai è chiaro che non arriverà.

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    Commenti

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    sononso
    sononso

    Il problema sono quelli che già cerano, non quelli che sono arrivati. La mancata partenza di Dyba...

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