Il fronte anti-Raggi e il rinnovo di Totti: la Vecchia Roma non vuole cambiare
La classifica prima dello scontro finale dice: Raggi 35,25%; Giachetti 24,87%. Il divario è forte, ma a Roma già circola una sensazione. Non è qualcosa che esiste davvero, sembra piuttosto la volontà di creare un ostacolo sulla strada della sindaca. Lei sorride, pensa che governerà la città, sorride e spiega e sorride sempre: “Ragazzi, il vento sta cambiando”. E' preparata, giovane, bella e appare decisa quanto felice. Se non è simpatica pazienza, i romani per ora hanno scelto lei e con lei il Movimento 5 Stelle. Una novità, assoluta. Solo che Roma non è facile da conquistare, non ama le rivoluzioni. Preferisce i compromessi. Almeno fin qui è quando racconta la sua storia.
Fateci caso, da qualche tempo sono anche usciti allo scoperto, quasi sfacciati. Meglio un Papa riformatore o un Papa conservatore? Meglio averli entrambi. Uno in campo, l'altro in panchina. E Roma si ritrova così con due papi, Francesco e il decaduto Benedetto. Fateci caso, ancora: Roma conserva sempre la sua Grande Bellezza, le sue pietre. Me lo spiegava ieri sera un'amica architetta. In fondo è dai tempi della Garbatella, quartiere inaugurato negli anni Venti del Novecento, che l'architettura romana non presenta qualcosa di complessivamente nuovo, un quartiere nato da un'idea. Roma preferisce le scorciatoie, anche nell'edilizia. La via più semplice: allargarsi verso il mare, aspettando che il mercato immobiliare risalga. Fa sempre così, da Ostia in poi, dalla secondo Dopoguerra ai giorni nostri. Nelle altre città non funziona così. Ogni tanto qualcosa di “vecchio” viene tirato giù per fare spazio a qualcosa di veramente innovativo. Accade nelle zone post-industriali di Milano-Genova-Torino, accade a New York e Parigi. Non a Roma, dove le aree della Vecchia Fiera e quelle dei vecchi mercati sono da anni abbandonati, terra di nessuno.
Roma resiste, conserva, nella salute e nella malattia. Per questo alla faccia dei risultati, dei sondaggi verso il ballottaggio, di alleanze che sembrano impossibili, delle buone idee e della capacità della cittadina Raggi c'è chi è pronto a scommetere: Virginia non ce la farà, non lasceranno ai Cinque Stelle la stanza de bottoni, perché non hanno fatto in tempo a togliere i bottoni, perché in vista c'è già un grande affare, la candidatura che vuole Roma città delle Olimpiadi 2024. Eccoci, capitolo secondo.
A Roma lo sport è qualcosa di diverso. Non è solo attività fisica, passione, gioco. Neppure business. E' politica. Questo sono i suoi circoli sul Tevere, centri di potere. Rappresentati da uomini simbolo. Il primo che mi torna in mente? Franco Carraro, nato il 6 dicembre 1939, a Padova. Il che non gli ha impedito di diventare sindaco di Roma (dal 1989 al 1993) e prima presidente del Milan e dopo il “poltronissimo” benedetto dal tandem Craxi e Forlani, ministro, ma soprattutto presidente del Coni e della Federcalcio. Ecco perché lo sport a Roma è qualcosa di diverso. Ieri e oggi. Virginia Raggi lo ha capito, ha già visto le truppe nemiche scendere in piazza, ma confida che il voto popolare respinga l'offensiva. L'ultimo campo di battaglia? La candidatura olimpica, ça va sans dire. La Raggi è (molto) dubbiosa, chiede almeno un referemdum popolare. Giachetti è filo-governativo e filo-Malagò (presidente del Coni, esemplare certificato dell'immutabilità romana). Insomma, Giachetti è favorevole. E nelle ultime ore il candidato Pd ha tiraro in ballo anche Francesco Totti e il giudizio positivo che il capitano della Roma ha sempre espresso parlando di un'altra Olimpiade nella Capitale. Totti, in verità, ha fatto sapere che non vuole essere tirato in ballo. Però anche lui sa: il contratto che gli è appena stato rinnovato non è solo una sorpresa, una vittoria della “bandiera” e una sconfitta dell'allenatore Spalletti. Il rinnovo di Totti, un anno in campo e altri sei da dirigente, è l'ennisima vittoria della Grande Conservazione romana. Far giocare ancora Totti (qualora non meritasse più di giocare) significherebbe programmare un'altra stagione senza scudetto. Perché il compromesso è sempre la scorciatoia per la sconfitta. Nel calcio funziona così. Credo che Virginia Raggi si stia augurando che funzioni anche in politica.