Roma-Friedkin, ci siamo: Pallotta via 'con debito', ora il nuovo piano industriale
Pallotta pagò Totti e compagni poco meno di 300 milioni, all'epoca in cui il maggior creditore del gruppo era Unicredit, e qualcuno fino a settimane fa sosteneva che il prezzo della cessione potesse avvicinarsi a un miliardo, debito compreso (265 milioni). Più probabile che il prezzo sia inferiore di circa 1/3. Soprattutto considerando che il club, oggi, vale in borsa circa 375 milioni di euro in termini di capitalizzazione e nei primi sei mesi del bilancio ancora in corso ha registrato un fatturato in calo significativo a causa dei mancati proventi Champions. L'Europa League e il passaggio del turno ha giustamente entusiasmato i tifosi (attesissimo il faccia a faccia con il Siviglia del mai troppo amato Monchi) ma il gap economico con la competizione maggiore resta evidente e uguale per chiunque si trovi in una situazione simile. Una quarantina di milioni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è il saldo comunicato al mercato in termini di ricavi, ma il dato significativo è la perdita di gruppo che al 31 dicembre 2019 si fissa a 87 milioni di euro, rispetto all'utile di 1,7 milioni di euro del primo semestre del precedente esercizio. Numeri che, in vista di giugno, andranno corretti dalla nuova proprietà per evitare il pressing dell’Uefa sul fair play finanziario che, con le cifre odierne, non sarebbe rispettato. Senza dimenticare, in fase di trattativa, il neo emesso bond senior da 275 milioni con scadenza 2024 che riconosce ai sottoscrittori un interesse annuale oltre il 5%.
La Roma in un comunicato che accompagna i risultati approvati dal cda ha confermato la trattativa per la cessione, sottolineando anche che in caso di finalizzazione sarebbe il nuovo investitore a far fronte al fabbisogno finanziario del club fino alla fine dell'esercizio, al 30 giugno 2020.
Considerato che il patrimonio netto è negativo per 135,7 milioni, resta da finalizzare l’aumento di capitale per 150 milioni deliberato dagli amministratori a fine 2019.
Resta il fatto che il tifoso è sempre più interessato a fare i conti in tasca a chi arriva, piuttosto che ai partenti. Dan Friedkin, secondo Forbes Usa, vanterebbe un patrimonio personale intorno ai 4 miliardi di euro, dato che lo renderebbe eleggibile per qualsiasi avventura sportiva. La sua fortuna deriva dall'azienda di famiglia, The Friedkin Group, che opera da decenni in Texas e stati limitrofi come rivenditore in esclusiva di automobili Toyota e sue componenti.
Tuttavia la società è attualmente una holding di partecipazioni che annovera quote importanti anche nel settore dei viaggi e dell'intrattenimento, come nel caso di Auberge Resorts, una catena di alberghi e villaggi di lusso con proprietà in tutto il mondo e anche in Europa. Secondo gli ultimi dati riportati da Forbes il giro d’affari 2018 di Gulf State Toyota, business della 4 ruote del gruppo Friedkin, è stato di oltre 9 miliardi di dollari in termini di vendite:
Numeri che posizionano il gruppo al 41esimo posto tra le aziende private più importanti negli Stati Uniti secondo la classifica stilata annualmente da Forbes.
Dal punto di vista della solidità, quindi, Dan Friedkin sembra avere tutte le carte in regola per entrare in un business difficile come il calcio italiano. Basti pensare che un paio d’anni fa ha provato anche a rilevare in Nba gli Houston Rockets, non certo un campionato minoritario. La due diligence romana si è conclusa e, secondo quanto riportato da Milanofinanza.it, le firme potrebbero arrivare già all’inizio di questa settimana, mentre il closing definitivo verso aprile.
Quello che sarà più interessante (e di cui al momento non si ha traccia) è capire quale piano industriale abbia in mente il nuovo acquirente per i giallorossi. L’epoca Pallotta si chiude senza trofei e si è caratterizzata, soprattutto nella prima fase, per una forte impronta legata alla realizzazione di plusvalenze. Nei quasi dieci anni di regno bostoniano si è superato il mezzo miliardo di euro complessivi nel cosiddetto “trading” di giocatori, per una rosa in continuo movimento che, oltre a Totti e De Rossi, ha faticato giocoforza a trovare altri punti di riferimento.
E poi c’è la questione legata al nuovo stadio nell’area di Tor di Valle. Un processo lungo, andato incontro a molteplici stop, veti politici e inchieste giudiziarie che hanno allungato una realizzazione che anni fa la proprietà aveva calendarizzato per il 2016 e che, secondo il DG Baldissoni, avrebbe proiettato la Roma al livello di Juventus e Bayern in termini di ricavi diretti e accessori da impianto. Per ora nulla di fatto anche se i contatti tra emissari di Dan Friedkin e attuale management del club sono stati intensi soprattutto su questo fronte.
Il consiglio di amministrazione del club giallorosso prevede una perdita di esercizio anche in prospettiva al 30 giugno. Per questo sarà importante analizzare le prossime mosse, sotto la nuova gestione. Arrivare in fondo all’Europa League garantisce proventi, ma resta comunque centrale per la Roma concludere il campionato con un posizionamento Champions. Dopodichè si potranno iniziare a fare i primi ragionamenti di rilancio, probabilmente non prima di aver capitalizzato qualche giocatore per tamponare il bilancio condiviso tra le due proprietà americane.