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    Processo Calciopoli, scoppia il caos

    Processo Calciopoli, scoppia il caos

    Se lo sguardo di chi osserva il processo penale su Calciopoli prova ad entrare nella pancia del procedimento, ne esce con le vertigini. In aula difesa e accusa non si risparmiano e al collegio giudicante, tutto al femminile, spetta il compito di mettere ordine ad uno scandalo mai visto e che ha cominciato il suo cammino in tribunale una mattina di quasi ventisette mesi fa. Ma al di fuori della normale e fisiologica dialettica dibattimentale, regna il caos.

    L'ultimo episodio si è consumato ieri davanti alla sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura. Da una parte - e sul banco degli imputati - la stessa presidentessa del collegio giudicante Teresa Casoria, dall'altra una sfilata di teste che ha visto protagonisti, fra gli altri, i due pm di Calciopoli, Giuseppe Narducci e Stefano Capuano, e le due giudici a latere Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi. Il verdetto? La sanzione della censura per sei dei nove capi di imputazione che gravavano sulla Casoria per «violazione dei doveri generali di correttezza, riserbo ed equilibrio e di rispetto della dignità delle persone», nella sua funzione di presidente di sezione verso i colleghi.


    Calciopoli entra in rotta di collisione con questa sentenza di censura perché la decisione della Disciplinare del Csm non fa altro che alzare il velo su contrasti interni al procedimento che ne minano fortemente la serenità. La Casoria ha già visto respingere dalla Corte d'Appello di Napoli ben due istanze di ricusazione, ma una terza è ancora in attesa di giudizio per il prossimo 20 maggio. I due pubblici ministeri hanno scelto di giocare in contropiede perché, a loro modo di vedere, la presidentessa del collegio giudicante ha anticipato il proprio convincimento pubblicamente in aula («Abbiamo altri processi più importanti da fare...», disse) e perché, come hanno scritto nell'istanza di ricusazione non ancora esaminata, l'essere al centro di un'inchiesta disciplinare da parte del Csm potrebbe influenzarne le decisioni. Se l'accusa ha rotto gli indugi, i due magistrati che insieme alla Casoria dovranno scrivere il verdetto su Luciano Moggi e gli altri imputati, ieri hanno ricostruito con estrema precisione le accuse verso la collega davanti al Csm per fatti inerenti a Calciopoli e non solo.

    Tutti contro tutti, dunque. Lei, la presidentessa del collegio, ha ascoltato più o meno in silenzio. Poi, il contropiede. «Il processo di Calciopoli va avanti grazie a me. Il pm è renitente a fare la requisitoria, ha fatto altre indagini e sentito un teste che...», così la Casoria. Apriti cielo! E' l'accusa a buttare la palla in calcio d'angolo per prendere tempo, sostiene il giudice a capo del collegio giudicante. La Casoria non si ferma. «Dicono l'indipendenza della magistratura. Non possiamo più parlare. C'è solo l'indipendenza dei pubblici ministeri, il procuratore della Repubblica tiene sotto schiaffo il presidente del tribunale...», precisa alludendo a lettere riservate tra Giandomenico Lepore e Carlo Alemi nelle quali si diceva: «Vedi che devi fare per farla astenere» (sulla questione il presidente del Tribunale di Napoli Alemi ha sostenuto che non esiste alcuna lettera riservata dalla procura). Già, l'astensione, ovvero l'uscita di scena da Calciopoli. La Casoria non ne vuole sentire parlare e quando fu la collega Pandolfi ad interrogarla in merito, le fu risposto che non si doveva permettere di pensare una cosa del genere. «La mia impressione è che a sentenza vogliano arrivare solo le difese...», così Paolo Gallinelli, legale di Massimo De Santis. E, come lui, la pensano gli altri colleghi. Il rischio, però, che il tutti contro tutti riporti il processo al punto di partenza esiste.


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