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Pozzecco a CM: 'Io, quasi calciatore. Gli amici Vieri e Paratici, l'idolo Hakan Sukur. Perché ho detto no all'NBA'
POZ CALCIATORE - Ma c'è un dubbio nella testa di Poz, che lo accompagnerà per tutta la vita: "Dove sarei potuto arrivare se avessi continuato a giocare a calcio?". Sguardo nostalgico, ricorda quando giocava con la maglia del Chiàrbola, la squadra del suo rione: "Non avevo il fisico ma il dribbling era buono". Non se la cavava per niente male il ragazzo: "In un torneo studentesco ho preso palla, ho scartato tutti compreso il portiere, ma anziché appoggiarla in porta ho aspettato l'arrivo di un altro difensore per saltare anche lui". E sapete com'è finita? "Me l'ha portata via. Ancora oggi penso di essere considerato il più cretino della storia del mio liceo". Estro, fantasia e risate: "Una cavolata mondiale". Centrocampista mancato con la 8 sulle spalle: "Gli allenatori non volevano darmi numero 10 altrimenti mi sarei esaltato ancora di più". Non gli parlate di lanci lunghi, però: "Non ero in grado di farli, in compenso avevo una grande visione di gioco".
L'EUROGOL SFIORATO A SAN SIRO - Pozzecco calciatore ma non tifoso: "Ero totalmente disinteressato". Ma in un attimo diventa rossonero: "Nel 1999 mi arriva una chiamata di un amico che lavorava nel Milan, chiedendomi se tifassi per loro perché stavano organizzando una partita a San Siro per il centenario". Poz non se l'è fatto dire due volte: "Certo che sono milanista!". Il sogno di giocare in quello stadio: "Ho anche sfiorato un gran gol. Cross di Altafini, la stoppo al limite dell'area e faccio un tunnel a Tassotti. Salto anche Angelo Carbone, e quando stavo per tirare arriva Gerry Scotti che tira una puntata in curva. Ci rimasi malissimo". Idoli nel calcio? "Hakan Sukur", l'ex attaccante dell'Inter. Sì, proprio lui: "Quando ero a Varese l'avevo preso al fantacalcio. Durante il riscaldamento prima di una partita, mi dissero che aveva segnato e io iniziai a festeggiare con la gente che pensava fossi matto".
AMICI - Idoli ma anche amici: "Bobo Vieri ha un grande carisma, mi fa ridere da morire". Scatta l'aneddoto: "Una sera a cena inizia a fare il profilo psicologico di tutte le persone sedute a tavola". Finché non è arrivato il turno di Poz: "Ha un contratto di due milioni con l'Heineken ma ne spende tre per berle". E giù risate. Con Bobo come con Fabio Paratici: "Oggi ha un ruolo di rilievo nella Juve, ma non è stato agevolato da una carriera importante da calciatore. Se è arrivato fino a lì è perché ha grandi capacità". Niente aneddoti, stavolta: "Meglio non raccontare nulla, altrimenti gli avvocati della Juventus potrebbero schiacciarmi. Il loro potere economico supera il mio".
MODELLI - Poco tempo fa Daniele De Rossi ha individuato nel Pozzecco allenatore un modello da seguire: "Mi ha fatto piacere abbia sottolineato il mio rapporto con i giocatori, che per me è la cosa più importante". E l'affetto che ha per le sue squadre è sempre ricambiato: "Mi amano perché tiro fuori la carta di credito e pago. Il giorno che non avrò più soldi inizierò a stare antipatico a tutti". Modelli, dicevamo: "Sono rimasto affascinato da Mourinho e Conte". Con il portoghese si sono incontrati al Melià, a Milano: "L'Inter aveva preso gol su errore di Julio Cesar, Mou lo rimproverò come fosse un padre. Mi è piaciuto il modo in cui gli diceva le cose". Con Conte uno scambio di battute nel tunnel dello Stadium: "Abbiamo parlato per un quarto d'ora, ma contemporaneamente era concentrato su quello che stava succedendo nello spogliatoio lì vicino. Ha la capacità di avere tutto sotto controllo".
NO ALL'NBA - Un grande rimpianto nella carriera di Pozzecco arriva nel 2001, quando i Toronto Raptors gli danno la possibilità di andare in NBA. Gianmarco scuote la testa e rifiuta: "Nella vita si commettono delle stronzate, ho fatto come quando dribblai il portiere e aspettai il difensore". Vecchie storie che ritornano: "L'unica cosa che non mi perdono è la motivazione, non mi sono voluto in gioco. A Varese avevo un contratto migliore e ho pensato anche all'aspetto economico, ma non sono ragionamenti che fanno parte di me".
IL GUFO - Tra i commenti arriva una richiesta: "Poz, che fine ha fatto il Gufo?". Prego? "Marco Maravasi. Giocava con me a Varese nel 1992. Ai tempi si andava in panchina in dieci, lui era l'undicesimo quindi era fuori. L'allenatore disse che tutti avevano pari opportunità e che appena fosse successo qualcosa a qualcuno di noi Marco avrebbe preso il posto. Io iniziai a chiamarlo Gufo, lui si era talmente tanto abituato a questo soprannome che un giorno rispose al telefono e disse 'Pronto sono il Gufo'. Oggi la maggior parte delle persone che lo conoscono non sanno nemmeno il suo vero nome". Un Gufo... tra i gufi: "A casa ne ha almeno cinquemila, perché in ogni occasione tutti gliene regalano uno".
JORDAN - Basket uguale Michael Jordan, impossibile non parlare di 'The Last Dance', il documentario sulla vita dell'ex cestista: "Lui e Muhammad Ali sono le due icone dello sport. Da sempre e per sempre. Io mi sono allenato in una sua palestra, non sapevamo nemmeno da dove arrivava. Era molto attento alla sua privacy. Questo documentario è la prima volta in cui si espone un po' di più. E' un documentario fatto bene per chiunque, che appassiona anche chi non segue il basket". E chi l'ha seguito attentamente avrà notato che: "Jordan ha le dita storte. Alla fine degli allenamenti si sedeva e metteva le mani nel ghiaccio, intorno a lui tutti gli altri ad ascoltare le sue storie. Come Gesù con i discepoli". A quando un documentario su Pozzecco? "Mi piacerebbe. Ma non su quello che ho vinto, altrimenti durerebbe due minuti". Intanto, però: "Sto scrivendo un libro, ma sono ancora in alto mare".
@francGuerrieri