Plusvalenze Juve: chissà cosa ne pensa Marotta, cacciato quando tutto doveva ancora accadere
C’era una volta, nella Juventus di Andrea Agnelli, anche Beppe Marotta, liquidato dal club a fine settembre del 2018, 3 mesi dopo l’arrivo di Ronaldo e 9 mesi prima della scadenza del contratto. Il primo bilancio della Juventus finito oggetto di indagine della procura di Torino, è quello della stagione sportiva 2019-20. Anche per questo, ma forse non solo per questo, Marotta – che pure è stato alto dirigente sportivo e consigliere d’amministrazione del club per oltre 8 anni, a partire dal 1° giugno 2010 – non è stato mai coinvolto nelle indagini.
Fino all’anno della finale di Cardiff (2017) il bilancio della Juventus era ancora ampiamente in positivo (+43 milioni). Nella stagione successiva (chiusa al 30 giugno 2018), ci fu un piccolo passivo (-19), ma che già indicava un’inversione di tendenza, dopo anni di attivi o perdite contenute. A luglio arriva CR7, i costi esplodono all’inseguimento del sogno Champions e a settembre va via Marotta (o meglio, viene mandato via). Nel 2019, la Juve chiude a -40, poi c’è il covid e la catastrofe economica che conosciamo e che ha finito per incuriosire la procura.
Non si è mai ufficialmente saputo perché Andrea Agnelli decise di mandare via il suo primo collaboratore, uno degli artefici della ricostruzione juventina post Calciopoli. Si è detto genericamente che non fosse allineato sull’operazione Ronaldo o che non potesse avere posto nella Juve dei quarantenni, che aveva in mente il nipote dell’Avvocato (e che si è via via dissolta in poco tempo). E se invece non fosse stato ritenuto organico a un sistema già allora ipotizzato e che più di tutti ha alimentato proprio chi ha preso il suo posto (Paratici), cioè il dirigente che è uscito con la pena più alta dal giudizio della Caf?
Un’ipotesi, nulla di più. Anche se sarebbe bello conoscere ciò che Marotta pensa veramente, ciò che sa. Nell'attesa di motivazioni che chiariranno i perché della condanna, e poi del successivo ricorso bianconero, restano la sentenza, i punti di penalizzazione, la stagione azzoppata della Juventus, l’ansia per i giudizi che ancora devono arrivare e la sensazione strana e inattesa che la Juventus non abbia grandi armi per difendersi. Il tono e il contenuto del comunicato del club, come l’intervento pubblico degli avvocati o quello privato del presidente Ferrero con i giocatori, non sono stati quelli che era lecito attendersi da una Juventus “costruita” per la battaglia legale. Al punto che il silenzio di John Elkann non fa nemmeno rumore.
@GianniVisnadi