Pippo Russo: evviva l'ItalMilan!
Il Milan di Sinisa prova a risalire e lo fa con sofferenza. La vittoria contro il Chievo bissa dopo tre giorni quella conquistata contro il Sassuolo e stavolta le indicazioni di gioco sono più confortanti. Che sia un campionato di patimenti lo si era capito fin dall’inizio, ma forse l’entrare nella mentalità della squadra che deve sudarsi ogni conquista aiuterà il gruppo a darsi un’identità e a rendere al meglio. Lo stesso Sinisa Mihajlovic, che preferisce le squadre da combattimento a quelle da serata di gala, potrebbe trovare la giusta cifra. Di sicuro i risultati sono la migliore medicina, e adesso anche la classifica comincia a essere un po’ più presentabile. Le prossime gare ci diranno se i rossoneri si stanno mettendo faticosamente sulla strada giusta o se queste due vittorie sono state episodiche.
C’è invece un dato che può già essere registrato con grande favore, e proposto all’intero campionato come un esempio: ieri sera il Milan ha impugnato la bandiera dell’italianità. Un elemento in controtendenza rispetto all’andazzo attuale del calcio italiano e addirittura rivoluzionario, se si fa un confronto con le cifre d’utilizzo di calciatori italiani esibite dalle grandi o presunte tali. Il messaggio è forte da un punto di vista politico, non soltanto tecnico. Perché un conto è se a mandare in campo molti italiani è il Sassuolo, altra cosa è se lo fa il Milan. L’impatto è ben diverso.
Ieri sera, contro il Chievo, Sinisa Mihajlovic ha schierato 8 italiani nella formazione iniziale: Donnarumma, Abate, Romagnoli, Antonelli, Montolivo, Bertolacci, Cerci e Bonaventura. Sei sono rimasti in campo per l’intera gara e, per quanto riguarda i due sostituiti, va detto che la loro uscita non è stata dettata da scelte tecniche. Abate ha lasciato il campo dopo 14 minuti per infortunio, mentre Cerci è stato chiamato fuori a 6 minuti dalla fine. Agli 8 scesi in campo dall’inizio va aggiunto De Sciglio, subentrato a Abate. Fanno 9 italiani su 14 giocatori impiegati. Un dato molto rilevante che diventa abnorme in termini comparativi. Vediamo nel dettaglio.
In testa al campionato troviamo una squadra, la Roma, che ieri sera contro l’Udinese ha schierato un solo italiano su 14: Florenzi, in campo nemmeno per l’intera gara essendo stato sostituito a 11 minuti dalla fine. Stesso dato per quello che riguarda la più accreditata delle inseguitrici, il Napoli: contro il Palermo la squadra di Sarri ha schierato il solo Insigne, per sostituirlo dopo 65 minuti. Rispetto a due casi di esterofilia così estrema, riesce a fare meglio persino l’Inter, che storicamente fa registrare assieme all’Udinese il più basso tasso d’impiego di calciatori italiani. Martedì sera a Bologna gli italiani schierati sono stati 2 su 14: Santon e Ranocchia, entrambi in campo per 90 minuti. Fa leggermente meglio la Fiorentina, anch’essa molto esterofila di recente. Ieri sera al Bentegodi contro il Verona gli italiani schierati sono stati 4 su 14. Tre erano nella formazione iniziale: Astori, Pasqual e Rossi. Il solo Pasqual ha giocato la gara per intero, e nella ripresa si è aggiunto Bernardeschi che ha preso il posto di Blaszczykowski.
Per quanto riguarda la Lazio, a Bergamo ha schierato soltanto 2 italiani su 13 giocatori (Pioli ha operato soltanto due sostituzioni), tutti dall’inizio: Marchetti e Matri. Quest’ultimo è stato sostituito dopo 64 minuti. Per trovare un buon tasso d’impiego di calciatori italiani dobbiamo guardare alla Juventus, che ieri a Reggio Emilia contro il Sassuolo ha schierato 6 italiani su 14. Cinque erano in campo dall’inizio, e quattro di questi facevano parte del pacchetto di difesa: Buffon, Bonucci, Barzagli e Chiellini. A loro si è aggiunto Sturaro, schierato a metà campo. Negli ultimi 6 minuti di gara c’è stato spazio pure per Zaza. I calciatori schierati dall’inizio hanno giocato tutti per intero la gara tranne Chiellini, espulso.
Dunque il confronto con le altre aspiranti allo scudetto o a una piazza europea fa risaltare ancora di più la scelta d’italianità dei rossoneri. Che va elogiata a prescindere dai risultati, in un passaggio d’epoca del calcio italiano nel quale pare che schierare calciatori della nostra scuola sia diventato un delitto. E se il nuovo corso rossonero passasse dall’italianità?
@pippoevai
C’è invece un dato che può già essere registrato con grande favore, e proposto all’intero campionato come un esempio: ieri sera il Milan ha impugnato la bandiera dell’italianità. Un elemento in controtendenza rispetto all’andazzo attuale del calcio italiano e addirittura rivoluzionario, se si fa un confronto con le cifre d’utilizzo di calciatori italiani esibite dalle grandi o presunte tali. Il messaggio è forte da un punto di vista politico, non soltanto tecnico. Perché un conto è se a mandare in campo molti italiani è il Sassuolo, altra cosa è se lo fa il Milan. L’impatto è ben diverso.
Ieri sera, contro il Chievo, Sinisa Mihajlovic ha schierato 8 italiani nella formazione iniziale: Donnarumma, Abate, Romagnoli, Antonelli, Montolivo, Bertolacci, Cerci e Bonaventura. Sei sono rimasti in campo per l’intera gara e, per quanto riguarda i due sostituiti, va detto che la loro uscita non è stata dettata da scelte tecniche. Abate ha lasciato il campo dopo 14 minuti per infortunio, mentre Cerci è stato chiamato fuori a 6 minuti dalla fine. Agli 8 scesi in campo dall’inizio va aggiunto De Sciglio, subentrato a Abate. Fanno 9 italiani su 14 giocatori impiegati. Un dato molto rilevante che diventa abnorme in termini comparativi. Vediamo nel dettaglio.
In testa al campionato troviamo una squadra, la Roma, che ieri sera contro l’Udinese ha schierato un solo italiano su 14: Florenzi, in campo nemmeno per l’intera gara essendo stato sostituito a 11 minuti dalla fine. Stesso dato per quello che riguarda la più accreditata delle inseguitrici, il Napoli: contro il Palermo la squadra di Sarri ha schierato il solo Insigne, per sostituirlo dopo 65 minuti. Rispetto a due casi di esterofilia così estrema, riesce a fare meglio persino l’Inter, che storicamente fa registrare assieme all’Udinese il più basso tasso d’impiego di calciatori italiani. Martedì sera a Bologna gli italiani schierati sono stati 2 su 14: Santon e Ranocchia, entrambi in campo per 90 minuti. Fa leggermente meglio la Fiorentina, anch’essa molto esterofila di recente. Ieri sera al Bentegodi contro il Verona gli italiani schierati sono stati 4 su 14. Tre erano nella formazione iniziale: Astori, Pasqual e Rossi. Il solo Pasqual ha giocato la gara per intero, e nella ripresa si è aggiunto Bernardeschi che ha preso il posto di Blaszczykowski.
Per quanto riguarda la Lazio, a Bergamo ha schierato soltanto 2 italiani su 13 giocatori (Pioli ha operato soltanto due sostituzioni), tutti dall’inizio: Marchetti e Matri. Quest’ultimo è stato sostituito dopo 64 minuti. Per trovare un buon tasso d’impiego di calciatori italiani dobbiamo guardare alla Juventus, che ieri a Reggio Emilia contro il Sassuolo ha schierato 6 italiani su 14. Cinque erano in campo dall’inizio, e quattro di questi facevano parte del pacchetto di difesa: Buffon, Bonucci, Barzagli e Chiellini. A loro si è aggiunto Sturaro, schierato a metà campo. Negli ultimi 6 minuti di gara c’è stato spazio pure per Zaza. I calciatori schierati dall’inizio hanno giocato tutti per intero la gara tranne Chiellini, espulso.
Dunque il confronto con le altre aspiranti allo scudetto o a una piazza europea fa risaltare ancora di più la scelta d’italianità dei rossoneri. Che va elogiata a prescindere dai risultati, in un passaggio d’epoca del calcio italiano nel quale pare che schierare calciatori della nostra scuola sia diventato un delitto. E se il nuovo corso rossonero passasse dall’italianità?
@pippoevai