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Pippo Russo: mister Pallotta, le sue parole sono stracci
Le parole sono pietre ma possono essere anche stracci. E talvolta succede siano entrambe le cose nella medesima circostanza: stracci che s'oppongono a pietre, finendo per farne risaltare ancor più la potenza arrogante. E sono stracci le parole di mister James Pallotta, presidente di una Roma molto americana quando c'è da chiacchierare di business, stadi di proprietà e rifinanziamento del debito da parte di Goldman Sachs, ma italianissima quando si tratta di prendere decisioni drastiche e andare a uno scontro rischioso. In quest'ultimo caso l'esercizio d'elusione è sempre in agguato. E nel giorno di Pasqua mister Pallotta ne ha compiuto uno che gli rimarrà a vita nel curriculum, facendo pubblicare sul sito web del club una prudentissima dichiarazione a proposito degli infami striscioni contro Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, comparsi il giorno prima in Curva all'Olimpico durante Roma-Napoli.
A proposito degli striscioni e di chi li ha esposti è stato detto già abbastanza, e si può solo ribadire che la condanna deve essere inflessibile e inappellabile. Nè è il caso di scendere sul terreno della regressione all'infinito, il ring polemico in cui chi ha commesso l'ultima colpa rimanda alla colpa precedente della controparte per attenuare la propria. Si tratta di un terreno da non frequentare per due motivi, uno di carattere generale e uno legato all'episodio specifico. Sul piano generale, il discorso va rigettato perché altrimenti, a forza di tornare indietro coi precedenti, si rischia di arrivare a Caino e Abele col solo effetto di alleggerire le responsabilità di ciascuno e la gravità di ogni episodio. Sul piano specifico, il discorso è inaccettabile perché in questo caso è stata colpita una madre a cui è stato ammazzato un figlio senza un perché, e che a quasi un anno di distanza si è vista fatta oggetto di una contestazione tanto odiosa quanto campata in aria: quella di speculare economicamente sulla morte del figlio.
Di fronte a tutto ciò, e soltanto dopo essere stato sollecitato a prendere pubblicamente posizione contro quella frangia di tifosi che sporca l'immagine di un club e d'una tifoseria intera, il presidente della Roma ha espresso parole la cui lettura è imbarazzante. Stracci bagnati esposti al vento, e solo perché qualcosa in faccia a quel vento bisognava esporre. Non un cenno di condanna, e nemmeno una timida presa di distanza. Nulla. Un'esibizione di mollezza, corredata dall'appello a principi generali e dal riferimento a altri episodi tragici il cui solo effetto retorico è quello di alleviare la portata dell'episodio specifico. Il tutto fatto attraverso l'uso di formule che rimandano all'opinione comune, a prese di posizione assunte da altri in circostanze altre, a "tutto ciò che è già stato detto in situazioni come questa". A cominciare da quel "Come ripetutamente sostenuto" in apertura di un comunicato che riesce nel miracolo d'essere al tempo stesso stringato e prolisso: sette righe scarse di pagina web, ma composte di due soli periodi esageratamente lunghi e involuti, talmente da costringere a un paio di riletture per cogliere il senso del ragionamento. Quel "Come ripetutamente sostenuto", contenuto nell'incipit, fa il paio con l'"È evidente che" usato per aprire il secondo periodo. Formule che richiamano al già detto e al già noto, con l'effetto retorico di non soffermarsi sulla specificità dell'adesso e sull'episodio che richiede una condanna di per sé.
C'è poi quell'esercizio di ovvietà sul "massimo rispetto del dolore da parte di tutti". Pensa te! Una petizione di principio talmente scontata da suscitare lo sbadiglio. Un po' come dichiarare d'essere contro la fame nel mondo. Avete mai sentito di qualcuno che si sia dichiarato A FAVORE della fame nel mondo? Tutti contro, ci mancherebbe altro. Solo che poi sono le azioni di contrasto alla fame nel mondo a fare la differenza, e soltanti allora si capisce QUANTO ciascun soggetto sia DAVVERO impegnato contro la fame nel mondo. E lo stesso vale per il "massimo rispetto del dolore da parte di tutti", che non dice nulla sul grado di rispetto del dolore da parte di ciascuno, e soprattutto sulle cause che hanno cagionato qeul dolore. Infine, c'è il riferimento alla "sconfitta dell'intera società civile". Che paroloni, mister Pallotta.
E quale ingegnoso esercizio d'abdicazione dalla responsabilità. Perché riferirsi a un'entità vasta e vaga come la società civile significa prendersi il mare magnum come bacino in cui diluire le responsabilità proprie. Ma di cosa dovrebbe sentirsi sconfitta, la società civile, riguardo a un episodio che avviene nel mondo del calcio e riguarda la responsabilità di poche persone? Cosa c'entra la società civile con tutto ciò? Sarebbe bello che mister Pallotta fornisse un supplemento di precisazione. Lo faccia pure in amméricano, ché a tradurre si fa presto. E poi spieghi anche perché non debba sentirsi almeno un po' responsabile la sua società (non civile; per azioni), che oggettivamente responsabile lo è perché così stabiliscono i regolamenti calcistici. E proprio perché la sua società calcistica, come qualsiasi altra, è oggettivamente responsabile per ciò che fanno i propri tifosi nel proprio stadio, Pallotta dorebbe spiegare perché non condanna quella apertamente quella frangia, e tutto un meccanismo che ha permesso a quegli striscioni di giungere in curva e essere esposti a dispetto d'ogni divieto e controllo. Sempre che abbia la voglia e la forza di farlo. Perché se non ha la prima né (soprattutto) la seconda, allora lo dichiari esplicitamente. Ne prenderemo atto, e guarderemo alla sua Roma amméricana come già molti romanisti de Roma hanno imparato a fare in questi anni, fuori da ogni propaganda.
Pippo Russo
@pippoevai
A proposito degli striscioni e di chi li ha esposti è stato detto già abbastanza, e si può solo ribadire che la condanna deve essere inflessibile e inappellabile. Nè è il caso di scendere sul terreno della regressione all'infinito, il ring polemico in cui chi ha commesso l'ultima colpa rimanda alla colpa precedente della controparte per attenuare la propria. Si tratta di un terreno da non frequentare per due motivi, uno di carattere generale e uno legato all'episodio specifico. Sul piano generale, il discorso va rigettato perché altrimenti, a forza di tornare indietro coi precedenti, si rischia di arrivare a Caino e Abele col solo effetto di alleggerire le responsabilità di ciascuno e la gravità di ogni episodio. Sul piano specifico, il discorso è inaccettabile perché in questo caso è stata colpita una madre a cui è stato ammazzato un figlio senza un perché, e che a quasi un anno di distanza si è vista fatta oggetto di una contestazione tanto odiosa quanto campata in aria: quella di speculare economicamente sulla morte del figlio.
Di fronte a tutto ciò, e soltanto dopo essere stato sollecitato a prendere pubblicamente posizione contro quella frangia di tifosi che sporca l'immagine di un club e d'una tifoseria intera, il presidente della Roma ha espresso parole la cui lettura è imbarazzante. Stracci bagnati esposti al vento, e solo perché qualcosa in faccia a quel vento bisognava esporre. Non un cenno di condanna, e nemmeno una timida presa di distanza. Nulla. Un'esibizione di mollezza, corredata dall'appello a principi generali e dal riferimento a altri episodi tragici il cui solo effetto retorico è quello di alleviare la portata dell'episodio specifico. Il tutto fatto attraverso l'uso di formule che rimandano all'opinione comune, a prese di posizione assunte da altri in circostanze altre, a "tutto ciò che è già stato detto in situazioni come questa". A cominciare da quel "Come ripetutamente sostenuto" in apertura di un comunicato che riesce nel miracolo d'essere al tempo stesso stringato e prolisso: sette righe scarse di pagina web, ma composte di due soli periodi esageratamente lunghi e involuti, talmente da costringere a un paio di riletture per cogliere il senso del ragionamento. Quel "Come ripetutamente sostenuto", contenuto nell'incipit, fa il paio con l'"È evidente che" usato per aprire il secondo periodo. Formule che richiamano al già detto e al già noto, con l'effetto retorico di non soffermarsi sulla specificità dell'adesso e sull'episodio che richiede una condanna di per sé.
C'è poi quell'esercizio di ovvietà sul "massimo rispetto del dolore da parte di tutti". Pensa te! Una petizione di principio talmente scontata da suscitare lo sbadiglio. Un po' come dichiarare d'essere contro la fame nel mondo. Avete mai sentito di qualcuno che si sia dichiarato A FAVORE della fame nel mondo? Tutti contro, ci mancherebbe altro. Solo che poi sono le azioni di contrasto alla fame nel mondo a fare la differenza, e soltanti allora si capisce QUANTO ciascun soggetto sia DAVVERO impegnato contro la fame nel mondo. E lo stesso vale per il "massimo rispetto del dolore da parte di tutti", che non dice nulla sul grado di rispetto del dolore da parte di ciascuno, e soprattutto sulle cause che hanno cagionato qeul dolore. Infine, c'è il riferimento alla "sconfitta dell'intera società civile". Che paroloni, mister Pallotta.
E quale ingegnoso esercizio d'abdicazione dalla responsabilità. Perché riferirsi a un'entità vasta e vaga come la società civile significa prendersi il mare magnum come bacino in cui diluire le responsabilità proprie. Ma di cosa dovrebbe sentirsi sconfitta, la società civile, riguardo a un episodio che avviene nel mondo del calcio e riguarda la responsabilità di poche persone? Cosa c'entra la società civile con tutto ciò? Sarebbe bello che mister Pallotta fornisse un supplemento di precisazione. Lo faccia pure in amméricano, ché a tradurre si fa presto. E poi spieghi anche perché non debba sentirsi almeno un po' responsabile la sua società (non civile; per azioni), che oggettivamente responsabile lo è perché così stabiliscono i regolamenti calcistici. E proprio perché la sua società calcistica, come qualsiasi altra, è oggettivamente responsabile per ciò che fanno i propri tifosi nel proprio stadio, Pallotta dorebbe spiegare perché non condanna quella apertamente quella frangia, e tutto un meccanismo che ha permesso a quegli striscioni di giungere in curva e essere esposti a dispetto d'ogni divieto e controllo. Sempre che abbia la voglia e la forza di farlo. Perché se non ha la prima né (soprattutto) la seconda, allora lo dichiari esplicitamente. Ne prenderemo atto, e guarderemo alla sua Roma amméricana come già molti romanisti de Roma hanno imparato a fare in questi anni, fuori da ogni propaganda.
Pippo Russo
@pippoevai