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Pippo Russo: Conte, dimettiti!
Antonio Conte compia un gesto da hombre vertical: si dimetta da CT della Nazionale. Lo faccia presto, senza tentennare un giorno in più. Non stia nemmeno a aspettare la formalizzazione del rinvio a giudizio chiesto dalla Procura di Cremona. Giochi d’anticipo, liberandosi di un ruolo che in circostanze del genere rischia d’essergli un peso più che un vantaggio. E vada a testa alta verso una probabile vicenda processuale che lo vedrebbe beneficiare della presunzione d’innocenza come qualsiasi altro cittadino interessato da un procedimento giudiziario, e rispetto alla quale, umanamente, gli auguro di dimostrare la propria estraneità. Ma per prima cosa si dimetta, e per diverse ragioni.
Innanzitutto perché c’è in ballo non soltanto la sua immagine, ma anche quella dell’intero calcio italiano attraverso la squadra che ne è la massima espressione. E in questo momento di profonda crisi di sistema il calcio italiano ha bisogno di messaggi positivi, non certo di un commissario tecnico della nazionale posto sotto lo schiaffo di un procedimento penale. Conte provi a dare un esempio di natura etica e di ritorno ne avrà un giovamento non indifferente. Del resto, in certi momenti di questo breve e tormentato passaggio in azzurro il CT era stato dato in procinto di dimettersi per molto meno. Perché non gli sono stati accordati gli stage promessi, per esempio. O perché non ha avuto assicurazioni sul fatto che la prossima stagione agonistica si concluda presto, in modo da lasciargli un periodo congruo per la preparazione dell’Europeo 2016 (clicca QUI). Pinzillacchere, rispetto alla ragione per cui dovrebbe farsi da parte adesso. Non ritiene lui per primo che sia così?
Ma per Conte l’atto di tirarsi indietro sarebbe non soltanto un grande messaggio sul piano etico. Ci sono ragioni di ordine pratico a rendere il gesto per lui auspicabile. E la principale fra esse è quella di liberarsi dall’abbraccio colpevole dei suoi difensori in Federazione. A cominciare dal presidente Tavecchio, che già il solo dire d’essere sotto la sua tutela equivale a partire con dieci punti di handicap. Ecco, Conte farebbe bene a dimettersi perché ogni esternazione di Tavecchio in suo soccorso è come un peso che fa pendere la bilancia dalla parte sbagliata. Tanto più che la dimestichezza del presidente FIGC con le parole è ben nota, come dimostrato fin dall’esordio in scena col caso di Opti Poba e le banane. E tanta competenza verbale e retorica è stata già mobilitata in altre occasioni a favore di Antonio Conte. Con effetti grotteschi.
Come non ricordare la polemica fra il CT e la Juventus, lo scorso marzo, a margine dell’infortunio di Marchisio che sulle prime era parso più grave di quanto fosse? In quell’occasione Tavecchio ebbe a dire che “Conte si è sentito vilipeso” (leggi QUI ). Manco si stesse parlando del Presidente della Repubblica. Ieri il presidente federale ne ha sparata un’altra, subito dopo aver detto di voler “cacciare i mercanti dal tempio”. E, per inciso, bisognerebbe chiedergli se non possano considerarsi mercanti anche coloro che temono la promozione dalla B di club dal basso bacino d’utenza televisivo. È o no, questo, un ragionamento da suq che nulla ha a che fare con lo sport? Ma questo è un altro discorso. Ciò che conta sono le parole dette da Tavecchio in difesa di Conte. E la difesa è stata espressa attraverso le seguenti parole: “Un rinvio a giudizio non è una condanna” (clicca QUI ).
Una frase che detta da chiunque altro avrebbe un significato garantista. Ma che detta da Tavecchio, col suo curriculum di condanne (clicca QUI , è un bel boomerang). Perché suona quasi in questo modo: “Conte non è ancora stato condannato, e anche se lo fosse si troverebbe in buona compagnia”. E non soltanto quella del presidente federale. Perché ogni volta che mette piede in nazionale Conte si ritrova una compagnia di gente la cui fedina lascia a desiderare: gente come Claudio Lotito (leggi QUI), e Gabriele Oriali (clicca QUI). Conte si faccia un regalo e si chiami fuori da questo Club dei Colpevoli. Fatto di gente che lo aspetta a braccia aperte per regalargli la tessera numero 4.
@pippoevai
Innanzitutto perché c’è in ballo non soltanto la sua immagine, ma anche quella dell’intero calcio italiano attraverso la squadra che ne è la massima espressione. E in questo momento di profonda crisi di sistema il calcio italiano ha bisogno di messaggi positivi, non certo di un commissario tecnico della nazionale posto sotto lo schiaffo di un procedimento penale. Conte provi a dare un esempio di natura etica e di ritorno ne avrà un giovamento non indifferente. Del resto, in certi momenti di questo breve e tormentato passaggio in azzurro il CT era stato dato in procinto di dimettersi per molto meno. Perché non gli sono stati accordati gli stage promessi, per esempio. O perché non ha avuto assicurazioni sul fatto che la prossima stagione agonistica si concluda presto, in modo da lasciargli un periodo congruo per la preparazione dell’Europeo 2016 (clicca QUI). Pinzillacchere, rispetto alla ragione per cui dovrebbe farsi da parte adesso. Non ritiene lui per primo che sia così?
Ma per Conte l’atto di tirarsi indietro sarebbe non soltanto un grande messaggio sul piano etico. Ci sono ragioni di ordine pratico a rendere il gesto per lui auspicabile. E la principale fra esse è quella di liberarsi dall’abbraccio colpevole dei suoi difensori in Federazione. A cominciare dal presidente Tavecchio, che già il solo dire d’essere sotto la sua tutela equivale a partire con dieci punti di handicap. Ecco, Conte farebbe bene a dimettersi perché ogni esternazione di Tavecchio in suo soccorso è come un peso che fa pendere la bilancia dalla parte sbagliata. Tanto più che la dimestichezza del presidente FIGC con le parole è ben nota, come dimostrato fin dall’esordio in scena col caso di Opti Poba e le banane. E tanta competenza verbale e retorica è stata già mobilitata in altre occasioni a favore di Antonio Conte. Con effetti grotteschi.
Come non ricordare la polemica fra il CT e la Juventus, lo scorso marzo, a margine dell’infortunio di Marchisio che sulle prime era parso più grave di quanto fosse? In quell’occasione Tavecchio ebbe a dire che “Conte si è sentito vilipeso” (leggi QUI ). Manco si stesse parlando del Presidente della Repubblica. Ieri il presidente federale ne ha sparata un’altra, subito dopo aver detto di voler “cacciare i mercanti dal tempio”. E, per inciso, bisognerebbe chiedergli se non possano considerarsi mercanti anche coloro che temono la promozione dalla B di club dal basso bacino d’utenza televisivo. È o no, questo, un ragionamento da suq che nulla ha a che fare con lo sport? Ma questo è un altro discorso. Ciò che conta sono le parole dette da Tavecchio in difesa di Conte. E la difesa è stata espressa attraverso le seguenti parole: “Un rinvio a giudizio non è una condanna” (clicca QUI ).
Una frase che detta da chiunque altro avrebbe un significato garantista. Ma che detta da Tavecchio, col suo curriculum di condanne (clicca QUI , è un bel boomerang). Perché suona quasi in questo modo: “Conte non è ancora stato condannato, e anche se lo fosse si troverebbe in buona compagnia”. E non soltanto quella del presidente federale. Perché ogni volta che mette piede in nazionale Conte si ritrova una compagnia di gente la cui fedina lascia a desiderare: gente come Claudio Lotito (leggi QUI), e Gabriele Oriali (clicca QUI). Conte si faccia un regalo e si chiami fuori da questo Club dei Colpevoli. Fatto di gente che lo aspetta a braccia aperte per regalargli la tessera numero 4.
@pippoevai