AFP/Getty Images
Pippo Russo: Brahimi-Porto, la saga
Ormai questa storia mi sta venendo a noia. Cominciai a parlarne quasi un anno fa, e pochi mesi dopo ci tornai su. Adesso siamo arrivati alla terza puntata, e non sono sicuro sia l’ultima. Mi riferisco all’infinita transazione tra Porto e Doyen Sports Investments relativamente a Yacine Brahimi calciatore franco-algerino le cui quotazioni si impennarono dopo il mondiale brasiliano disputato con la maglia dell’Algeria. Lo scorso 22 luglio Brahimi passa dal Granada, club controllato dalla famiglia Pozzo, al Porto (clicca QUI per saperne di più). La cifra della transazione, 6,5 milioni di euro, viene immediatamente giudicata bassa rispetto al valore del calciatore, ma a questa obiezione il presidente del club spagnolo, Quique Pina, risponde che il minor valore incassato verrà compensato dagli aiuti sul mercato dati dal fondo d’investimento cui si deve la regia dell’affare.
Dal canto suo il Porto, società quotata in Borsa, comunica il 22 luglio alla Commissão do Mercado de Valores Mobiliarios (CMVM, la Consob portoghese ) l’acquisizione del calciatore. E soltanto due giorni dopo invia alla stessa CMVM una nuova comunicazione in cui annuncia di aver venduto a Doyen Sports Investments una quota dell’80% dei diritti economici del calciatore per 5 milioni (leggi QUI). Da notare che l’ottanta per cento di 6,5 milioni sarebbe 5,2 milioni, e dunque in due giorni il Porto butta via 200 mila euro del proprio investimento. Così, come nulla fosse. La seconda puntata della vicenda si ha in novembre, quando Brahimi rilascia un’intervista al periodico algerino Le Buteur. In quell’occasione si apprende che fra Porto e Doyen esiste una clausola di recompra. Il club può ricomprare l’80% in possesso di Doyen per 8 milioni (ecco i DETTAGLI). Ne consegue che, nel caso la recompra avvenisse, il Porto si troverebbe a pagare 9,7 milioni per un calciatore che gli era costato 6,5 milioni. La cifra è il frutto della seguente somma: gli 1,5 milioni residui della cifra versata al Granada (6,5 meno i 5 pagati da Doyen), più gli 8 milioni da versare a Doyen per la ricompra, più i 200 mila euro volatilizzati in due giorni fra il 22 e il 24 luglio.
E infine, la terza puntata andata in onda venerdì scorso. Il Porto comunica alla CMVM che ha ricomprato da Doyen il 30% di Brahimi per 3,8 milioni di euro (leggi QUI). Adesso il club del presidente Pinto Da Costa è in possesso del 50% dei diritti economici sul calciatore, e annuncia di non essere disposto a cederlo per meno di 50 milioni, valore della clausola di rescissione. Dei quali, ovviamente, ne incasserebbe 25 .
Facciamo due conti. In meno di un anno il Porto si è trovato con un calciatore pagato 6,5 milioni per la quota intera e ora assestato su un valore di 5,3 milioni per la metà. È un affare? Sì, secondo quanto sostiene stamattina O Jogo (SCOPRI PERCHE'), che dei tre quotidiani sportivi portoghesi è il più allineato ai Dragoes. La tesi è che la metà del calciatore in possesso del club vale quasi quanto la cifra versata per acquistarlo nella sua interezza: quegli 1,3 milioni di saldo negativo (rispetto ai 6,5 spesi un anno fa) vengono abbondantemente sopravanzati dai 4,1 guadagnati sul valore totale del calciatore che si eleva a 10,6 milioni. In particolare, per il Porto il valore della metà passa da 3,25 milioni a 5,3. Un guadagno da poco più di 2 milioni. Sai che affarone. Facile ribaltare la tesi, con due argomenti. Il primo: il Porto aveva venduto l’80% di Brahimi partendo da una valutazione totale data al calciatore di 10 milioni di euro, e ne ricompra il 30 per cento per 3,8 milioni, cioè calcolandolo su una valutazione complessiva di circa 12 milioni. Partono altri 800 mila euro, spesi dal Porto senza un valido motivo e senza che il giocatore si sia mai mosso dal club dei Daagoes.
Seguendo le giustificazioni date da O Jogo, questi costi supplementari sarebbero l’inevitabile conseguenza del fatto che durante la stagione intercorsa il giocatore si sia valorizzato. E questo argomento è davvero paradossale, perché non si è mai visto un club che valorizzi un calciatore e per questo motivo paghi il conto anziché trarne benefici. Praticamente, il Porto lavora contro se stesso. Ben più credibili, in questo senso, i conti fatti dal quotidiano Record (leggi QUI). Il secondo argomento contrario alla tesi sulla convenienza, per il Porto, di ritrovarsi con un 50% del giocatore dal valore maggiore, rispetto al 100% di un anno fa, sta nella perdita secca che il club si troverà a subire se e quando cederà il calciatore. Incasserà la metà di quanto gli spetterebbe, e nel caso in cui la cessione venisse operata per l’intero ammontare della clausola di rescissione significherebbe una perdita secca di 25 milioni. Tutto ciò per il “vantaggio” di possedere adesso una metà del calciatore che vale quasi quanto valesse il prezzo intero versato un anno fa per comprarlo? Sarebbero questi “”vantaggi” che vengono dall’operare con Doyen e soggetti simili?
Le ultime novità sull’affare, pubblicate oggi da O Jogo, dicono che sulla base degli accordi più recenti il Porto non potrà portarsi oltre il 50% nella recompra di Brahimi, e che un tentativo da parte di Pini Zahavi di inserirsi nell’affare sarebbe stato respinto.
@pippoevai
Dal canto suo il Porto, società quotata in Borsa, comunica il 22 luglio alla Commissão do Mercado de Valores Mobiliarios (CMVM, la Consob portoghese ) l’acquisizione del calciatore. E soltanto due giorni dopo invia alla stessa CMVM una nuova comunicazione in cui annuncia di aver venduto a Doyen Sports Investments una quota dell’80% dei diritti economici del calciatore per 5 milioni (leggi QUI). Da notare che l’ottanta per cento di 6,5 milioni sarebbe 5,2 milioni, e dunque in due giorni il Porto butta via 200 mila euro del proprio investimento. Così, come nulla fosse. La seconda puntata della vicenda si ha in novembre, quando Brahimi rilascia un’intervista al periodico algerino Le Buteur. In quell’occasione si apprende che fra Porto e Doyen esiste una clausola di recompra. Il club può ricomprare l’80% in possesso di Doyen per 8 milioni (ecco i DETTAGLI). Ne consegue che, nel caso la recompra avvenisse, il Porto si troverebbe a pagare 9,7 milioni per un calciatore che gli era costato 6,5 milioni. La cifra è il frutto della seguente somma: gli 1,5 milioni residui della cifra versata al Granada (6,5 meno i 5 pagati da Doyen), più gli 8 milioni da versare a Doyen per la ricompra, più i 200 mila euro volatilizzati in due giorni fra il 22 e il 24 luglio.
E infine, la terza puntata andata in onda venerdì scorso. Il Porto comunica alla CMVM che ha ricomprato da Doyen il 30% di Brahimi per 3,8 milioni di euro (leggi QUI). Adesso il club del presidente Pinto Da Costa è in possesso del 50% dei diritti economici sul calciatore, e annuncia di non essere disposto a cederlo per meno di 50 milioni, valore della clausola di rescissione. Dei quali, ovviamente, ne incasserebbe 25 .
Facciamo due conti. In meno di un anno il Porto si è trovato con un calciatore pagato 6,5 milioni per la quota intera e ora assestato su un valore di 5,3 milioni per la metà. È un affare? Sì, secondo quanto sostiene stamattina O Jogo (SCOPRI PERCHE'), che dei tre quotidiani sportivi portoghesi è il più allineato ai Dragoes. La tesi è che la metà del calciatore in possesso del club vale quasi quanto la cifra versata per acquistarlo nella sua interezza: quegli 1,3 milioni di saldo negativo (rispetto ai 6,5 spesi un anno fa) vengono abbondantemente sopravanzati dai 4,1 guadagnati sul valore totale del calciatore che si eleva a 10,6 milioni. In particolare, per il Porto il valore della metà passa da 3,25 milioni a 5,3. Un guadagno da poco più di 2 milioni. Sai che affarone. Facile ribaltare la tesi, con due argomenti. Il primo: il Porto aveva venduto l’80% di Brahimi partendo da una valutazione totale data al calciatore di 10 milioni di euro, e ne ricompra il 30 per cento per 3,8 milioni, cioè calcolandolo su una valutazione complessiva di circa 12 milioni. Partono altri 800 mila euro, spesi dal Porto senza un valido motivo e senza che il giocatore si sia mai mosso dal club dei Daagoes.
Seguendo le giustificazioni date da O Jogo, questi costi supplementari sarebbero l’inevitabile conseguenza del fatto che durante la stagione intercorsa il giocatore si sia valorizzato. E questo argomento è davvero paradossale, perché non si è mai visto un club che valorizzi un calciatore e per questo motivo paghi il conto anziché trarne benefici. Praticamente, il Porto lavora contro se stesso. Ben più credibili, in questo senso, i conti fatti dal quotidiano Record (leggi QUI). Il secondo argomento contrario alla tesi sulla convenienza, per il Porto, di ritrovarsi con un 50% del giocatore dal valore maggiore, rispetto al 100% di un anno fa, sta nella perdita secca che il club si troverà a subire se e quando cederà il calciatore. Incasserà la metà di quanto gli spetterebbe, e nel caso in cui la cessione venisse operata per l’intero ammontare della clausola di rescissione significherebbe una perdita secca di 25 milioni. Tutto ciò per il “vantaggio” di possedere adesso una metà del calciatore che vale quasi quanto valesse il prezzo intero versato un anno fa per comprarlo? Sarebbero questi “”vantaggi” che vengono dall’operare con Doyen e soggetti simili?
Le ultime novità sull’affare, pubblicate oggi da O Jogo, dicono che sulla base degli accordi più recenti il Porto non potrà portarsi oltre il 50% nella recompra di Brahimi, e che un tentativo da parte di Pini Zahavi di inserirsi nell’affare sarebbe stato respinto.
@pippoevai