Pettinari, il ritorno: il 'toro' non molla
La prima immagine è un cross mancino in corsa, potente e liftato, il migliore mai visto nei vari campionati giovanili. La palla veloce e carica di effetto impedisce ogni possibilità d’intervento, rientra improvvisa tagliando l’aerea di rigore: un invito a nozze per l’attaccante.
Leo Petti è un ragazzino che sembra scomparire nella maglietta abbondante, un fisico ancora minuto ma quel sinistro disegna traiettorie impossibili e stimola l'immaginazione. Il ragazzo poi si fa uomo: il tronco robusto, le gambe possenti, la forza di un toro, la stessa immutata coordinazione nel tiro. Un dono naturale. Ma il talento non basta quando devi misurarti col pregiudizio. Leo Petti ne ha dovuti superare molti per arrivare a farsi conoscere. Il calcio italiano malato di esterofilia finisce per sottovalutare le qualità di un ragazzo nato e cresciuto sotto casa. Non basta il talento quando la fiducia scarseggia e poche sono le occasioni per mettersi in mostra. Occorre continuità per crescere e migliorarsi, altrimenti servono perseveranza e tenacia aspettando un’occasione, quella giusta.
Leo Petti ha saputo pazientare. Mosso da passione autentica non ha mai perso di vista l' obbiettivo: giocare. E non si è abbattuto, mai, neppure dinanzi alle esclusioni. Nella Fiorentina giovanile inizia a farsi conoscere ed apprezzare ma, quando la via sembra tracciata, l’arrivo del nuovo ds Corvino rimette tutto in discussione. Siamo nel periodo delle pianticelle viola, quelle coltivate in proprio dal talent scout di Vernole. Rigorosamente brasiliani, africani, slavi, saltuariamente cecoslovacchi.
Leo Petti e con lui molti altri giovani hanno il torto di fondo di essere già in viola da tempo quando Pantaleo Corvino irrompe sulla scena. Di chiunque fosse il merito di averlo portato a Firenze non è certo una medaglia che il nuovo ds può appuntarsi sul petto. Ciò nonostante Leo Petti riesce a farsi apprezzare; l’allenatore della squadra primavera ne intuisce il potenziale e contro tutto e tutti lo schiera sempre nell’undici di titolare. La Fiorentina si piazza al secondo posto, perde il titolo italiano primavera nella finale contro la Juventus dei vari Marchisio, Giovinco, De Ceglie, Criscito. Inizia quindi la sua esperienza nel calcio professionistico alla Sangiovannese, grazie alla perspicacia del ds Fabrizio Alunni. Con Petti è sempre così,vederlo correre e calciare in bello stile riempie l’occhio e accende la fantasia. Ma evidentemente non tutti ne apprezzano le qualità e dopo una buona stagione la Fiorentina e il suo direttore decidono di scaricarlo, lasciandolo a San Giovanni a titolo definitivo. A questo punto accade qualcosa di imprevisto, e sì perché Leo Petti accende decisamente la fantasia. Anche Lillo Foti se ne accorge e lo vuole a Reggio Calabria, in serie A. Perfezionato l’accordo, tuttavia, si verifica un intoppo. Ancora Corvino, non è dato sapere a che titolo, blocca il trasferimento dopo aver sollevato un polverone. Il nuovo ds della Sangiovannese Morandini e il vice”Ciccio” Baiano sembrano intimoriti e titubanti, nonostante la prospettiva di una ghiotta plusvalenza non si decidono a depositare i moduli. La palla passa all’entourage del giocatore, nel corso di una rovente riunione in sede di calciomercato rimbombano dal box viola grida in dialetto pugliese. È presente anche Leo Petti che non si capacità del perché la Fiorentina, dopo averlo scaricato, ne ostacoli adesso il trasferimento. Proprio quando sembra che tutto stia saltando l’intesa viene raggiunta. Ufficialmente la Fiorentina lo ricompra dalla Sangiovannese per poi girarlo al prezzo pattuito alla Reggina. Strane dinamiche di mercato. Anche a Reggio però la strada è in salita. Non gioca e riparte la stagione seguente dal prestito a Ravenna, in C1. Il ds della Reggina, Riccardo Bigon, esprime una solenne sentenza: lo boccia, ma sbaglia. A Ravenna Leo inizia a giocare come non aveva fatto ancora. Al termine di un’ottima stagione si fa avanti Marchetti, dg del Cittadella,che lo porta in serie B. Cittadella rappresenta la svolta decisiva nella carriera di Pettinari: gioca da esterno alto, realizza 8 goal ed è tra i maggiori artefici di una storica qualificazione ai play-off. L'anno seguente tra molte pretendenti di A e B, è l’Atalanta del nuovo presidente Percassi a spuntarla per 1,3 milioni di euro. Raggiunge quindi la promozione in A ma nella massima serie non ottiene molto spazio. Così a gennaio con umiltà e tenacia si rimette in discussione. Riparte da Varese in serie B, sa che solo giocando può far salire le sue quotazioni. Conosce bene la strada, da sempre. Poi in un pomeriggio di allenamento, a Varese, improvvisamente il cuore accelera e Petti si accascia sulle ginocchia,per un attimo interminabile sente di non avere il controllo della situazione. Si riprende ma, spaventato, interrompe la seduta; l’episodio non può essere sottovalutato. Si sottopone ad una serie di visite supplementari. L’ecografia finale rivela una cicatrice sul ventricolo sinistro, un’anomalia seria. Soltanto pochi mesi prima per un identico difetto cardiaco il suo coetaneo ed amico Piermario Morosini perdeva tragicamente la vita sul campo di Pescara. Non si può certo rischiare. Da questo momento è una corsa senza speranza contro un destino segnato. Leo passa da un esame all’altro e infine si arrende al freddo responso. Mi chiedo a cosa serva tanta forza quando non può essere sprigionata! Va in frantumi così il sogno di Leo Petti, proprio quando si stava realizzando. Rimane solo l’immagine di quel mancino potente e liftato. Di ritorno da una di quelle visite lo osservo giocare nervosamente col suo cellulare. Si tratta di un videogioco, calcio; cos’altro se no! col dito mancino disegna traiettorie sul display, la palla parte carica di effetto e si insacca nell’angolo lontano dove il portiere non riesce ad arrivare. Impossibile frenare l’emozione, l’arte di Leo Petti è viva e forte nei miei ricordi e in quelli di molti tifosi. San Giovanni, Ravenna, Cittadella, Bergamo, ovunque hanno compreso il suo valore. Mi addolora pensare che non rivedrò più quel tiro ma sei qui, penso, amico mio.
Sono passati alcuni anni, Leo Petti ha brillantemente superato il corso a Coverciano e allena la squadra del suo quartiere a Prato. Vive ancora di calcio, non mi sbagliavo, il toro non si è arreso. È mosso da una fortissima passione e ne capisce. Il calcio ha bisogno di esempi, non so immaginarne di migliori.