Pernambuco: vergogna all'Olimpico, ma la colpa è tutta della madre di Ciro
Le frasi infami a caratteri cubitali in curva sud contro la madre di Ciro Esposito, naturalmente non hanno nulla a che vedere col calcio. Oppure sono un aspetto ormai connaturato a questo "sport" molto piu' complesso, articolato e oscuro di un semplice gioco?
Ci stiamo abituando ad una strisciante e quotidiana convivenza con l'orrore, se regole profonde, non scritte, della pietà e del rispetto per chi è stato barbaramente ucciso vengono bellamente trasgredite e tollerate? La risposta è sì. Soprattutto se per rispondere a una strisciata di 20 metri che insultava la madre di un figlio assassinato, il sindaco di Roma, che pensa al suo bacino elettorale, parla prima di tutto per Roma-Napoli di "bella festa dello sport" e fa i complimenti al nuovo prefetto. Poi, in coda, aggiunge: "peccato per quello striscione".
Peccato? Quello striscione ha oscurato tutto (foto corriere.it): il gioco, il risultato, la bella festa. L'ignavia della Roma (dove sono gli stewart?) il suo silenzio assordante, e' stato il coronamento lugubre di una cronaca che sa solo di tenebra e vergogna. Abbiamo assistito a scene in cui i giocatori vanno a parlare con gli ultras e per un mal di pancia della curva fanno sospendere un derby, scene in cui accettano di farsi processare pubblicamente da una banda di facinorosi autoproclamatasi tribunale del popolo. Ma in questo caso c'è stato qualcuno che dal campo ha indicato lo striscione della vergogna? Qualcuno che ha detto: "Così, sotto queste bandiere non si gioca?"
Fernando Pernambuco